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13 agosto 1961, Berlino si sveglia divisa dal Muro

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Due milioni, forse due milioni e mezzo.

Lavoratori specializzati, militari, giovani. Tanti e tali furono i tedeschi che, tra il 1949 ed il 1960, lasciarono Berlino e la Germania Est per insediarsi a Berlino ovest e nella Repubblica Federale tedesca, in cerca di una vita migliore.

Fu per fermare quest’esodo che, all’inizio degli anni ’60, il governo della DDR decise di costruire un Muro che circondasse tutta la parte ovest della città. “Barriera di protezione antifascista” era il suo nome ufficiale, ma il suo scopo reale era chiaro a tutti: impedire ai cittadini di Berlino est di sottrarsi al regime.

La costruzione cominciò nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, nonostante le parole che Walter Ulbricht, il capo di stato della DDR, aveva pronunciato solo due mesi prima: “Nessuno ha intenzione di costruire un muro”.

Venne prima steso del filo spinato, lungo il percorso stabilito per la Striscia della Morte, poi i muratori cominciarono ad edificare la barriera con grossi mattoni. Fu nel 1962, e poi nel 1965, che il Muro assunse la struttura che conosciamo oggi, composta da pannelli prefabbricati di cemento armato collegate da montanti di acciaio.

Rimase in piedi per quasi quarant’anni, dividendo due generazioni di berlinesi. Tanti quelli che riuscirono a scappare, 5000. Grazie anche a due italiani – Domenico Sesta e Luigi Spina – che nel 1961 riuscirono a costruire un tunnel sotto al Muro, garantendo la libertà a 29 tedeschi dell’Est.

Tanti, però, anche quelli che morirono provandoci, uccisi dalle guardie della DDR: si stima tra i 192 e i 239. Tra di essi c’era Peter Fechter, alla cui memoria da anni Berlino vorrebbe dedicare una strada.

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