Berlino capitale delle startup? Quattro pareri italiani a confronto

Berlino dall'alto [Beppi / Public domani]
Berlino dall'alto [Beppi / Public domani]
Berlino dall’alto [Beppi / Public domani]

di Valerio Bassan

Negli ultimi due anni, la fama di Berlino come capitale europea delle start-up è cresciuta sempre di più. L’interesse per la città tedesca si è esteso fino agli Stati Uniti, grazie anche all’effetto traino di alcune realtà di successo e di un ecosistema in forte crescita: nel 2011, furono 103 le startup tedesche a ricevere finanziamenti. Più di ogni altro stato, ad eccezione della Cina e degli Usa.

Un’ascesa che, nel 2012, ha attratto un numero sempre maggiore di figure professionali del settore, portando alla nascita di decine di nuove realtà imprenditoriali (la “Mappa delle startup berlinesi” ne identifica oltre 533). Allo stesso tempo, i festival dedicati al digitale, al web, all’IT ed alla programmazione (ricordiamo il Campus Party e la Berlin Web Week, ma anche Tech Open Air) hanno riscontrato un immenso successo, richiamando nella Haupstadt decine di migliaia di persone.

Un fermento che è valso a Berlino l’appellativo di “Europe’s hottest startup capitals” (Wired UK) e di “The Next Silicon Valley” (Npr) e viene raccontato giorno dopo giorno da due testate ad hoc: Venture Village da un lato, Silicon Allee dall’altro. Un fenomeno, insomma, che ha coinvolto la città tedesca a tutto tondo, proiettandola nella top 20 dei luoghi migliori per chiunque desideri avviare un’impresa legata al digitale.

Quanto di tutto questo è vero?

Il Mitte ha chiesto un parere a quattro esponenti della scena startup berlinese, quattro italiani: Danila Pellicani, UI/UX designer a Favor.itGianluca Varisco, Sr. Systems Engineer, Silvia Foglia, Country Manager a Twago e Alessandro Petrucciani, co-founder di Klash.

Questi ultimi, Silvia e Alessandro, sono anche i fondatori del gruppo DigItaly Berlin, che nel 2012 ha connesso – off e online – tutti i rappresentanti italiani al lavoro a Berlino nel mondo startup, contribuendo alla creazione di un “ecosistema nell’ecosistema”.

A loro abbiamo posto sei domande, uguali per tutti. Ecco le loro risposte, (fortunatamente) tutte diverse.

“Berlino è la nuova mecca delle startup”: quante volte abbiamo sentito questa definizione? Eppure, nel 2012, Startup Genome ha classificato Berlino soltanto 15esima nel mondo, preferendole Londra, Parigi e Tel Aviv. Uno dei punti deboli, secondo SG, è la mancanza di investimenti. Cosa ne pensi?

Silvia: Berlino è senza dubbio una delle mete più gettonate quando si parla di startup, e lo è diventata di recente. Molte startup si sono trasferite a Berlino, sono arrivati tanti imprenditori alla ricerca del team vincente ed ogni mese nascono nuovi gruppi e nuovi eventi. Sono diversi i motivi che hanno portato a questa esplosione di startup, e si è venuto a creare un circolo vizioso all’interno del quale mancano proprio gli investimenti, soprattutto se si guarda alle opportunità che si possono incontrare invece in America. Per quanto riguarda la classifica presentata c’è da prenderne tuttavia i risultati con le pinze in quanto, come sottolineato da diversi, l’analisi si è basata su dati relativi alle startup che fanno parte del database di Startup Genome, si tratta quindi di un punto di vista parziale. Classifiche o no, resta comunque un dato di fatto che Berlino rappresenti una realtà fortemente dinamica, ricca di iniziative, luoghi e network adatti a far nascere e crescere una startup. Una città ricca di opportunità e potenzialità, in continua crescita e sviluppo. Una città sulla quale molti stanno scommettendo, dove grandi realtà sono già presenti e sono diventati modelli per la nuove nate. Ora vediamo se il 2013 porterà anche finanziamenti interessanti.

Gianluca: Credo che l’utilizzo del termine “startup”, specie negli ultimi mesi, sia del tutto inflazionato. Berlino è sicuramente uno degli hub europei più importanti ma, successivamente ad un periodo di incubazione in loco, ottimo per il networking e per poter lavorare al proprio progetto senza i riflettori e la competizione della Valley, rimango dell’idea che l’apporto dei fondi di investimento americani sia – dati alla mano – essenziale quanto ancora necessario per poter sopravvivere e portare avanti il proprio progetto. Startup Genome ha riportato i fatti per come stanno realmente le cose, senza se e senza ma: negli ultimi anni non sono stati registrati investimenti di una certa entità, così come la totale assenza di investitori tedeschi rende poco fertile la realtà berlinese.

Danila: Il mercato startup Berlinese è ancora molto giovane quindi non mi sorprende che classifiche basate su dati reali collochino Berlino al 15esimo posto. Quello che però le classifiche non tengono in considerazione, sono i miglioramenti che le community apportano gradualmente all’economia della città, soprattutto in termini di risorse umane. A Berlino si sta creando una community tech (e soprattutto una community di women in tech) molto importante, la scena è giovane e l’entusiasmo alle stelle. Ci sono meetup, workshop e momenti di condivisione ogni settimana. Questa community sta attraendo sempre più talenti, la qualità sta crescendo, ma per farcela veramente, Berlino e le sue startup devono trasformare tutta questa energia e queste idee in soldi reali, in business model concreti.

Alessandro: D’accordissimo. I soldi stanno arrivando, ogni giorno sempre più talenti ed investitori si stanno trasferendo a Berlino per lavorare nel mondo tech. Le condizioni sono ottimali, specialmente per lo sviluppo del prodotto. Quello che deve cambiare, e lo sta facendo lentamente, è la mentalità degli investimenti fatti. Spesso si tende ad investire solo su business model certi e/o “copiati” da altre startup, solitamente americane. Per una startup innovativa è molto piu difficile raccogliere investimenti. Ma le cose stanno cambiando, i soldi ci sono, soprattutto se si paragona Berlino ad altre realtà europee.

Chi è arrivato recentemente considera il 2012 come l’anno dell’esplosione della “Silicon Valley d’Europa”. Ma c’è chi già si lamenta: troppa quantità, poca qualità. Qual è il tuo punto di vista a riguardo? C’è davvero un hype pericoloso a Berlino?

Silvia: Nel 2012 molti hanno scoperto il termine startup e troppi ne hanno abusato. Fatto sta che l’esplosione c’è stata, a Berlino ma anche in Italia. Confermo che si tratta di hype quando si parla di startup solo per attirare l’attenzione, per seguire un trend e far parlare di sé. E soprattutto quando si presenta il mondo delle startup come un mondo divertente, semplice e cool. Tutte le discussioni che spingono in questa direzione non fanno certamente bene, creano un’immagine falsa e fuorviante di ciò che significa creare e lavorare in una startup. Non devono essere quindi queste le motivazioni che spingono a trasferirsi a Berlino, e nella maggior parte dei casi non lo sono. Arriva sempre più gente, e questo succede perché la vita e gli affitti costano meno che in ogni altra capitale europea, gli eventi ed i momenti di networking non mancano mai… non posso far altro che confermare quanto Berlino sia perfetta. Questo non significa che tutto qui sia perfetto, e che la startup sarà un successo: l’incertezza tipica dell’essere startup non la toglie nessuna città, Berlino offre solo le condizioni favorevoli per cercare di ottenere il massimo.

Gianluca: Riallacciandomi a quanto detto sopra, sì – credo che lo hype venutosi a creare attorno alla realtà di Berlino debba fare riflettere e, allo stesso tempo, aprire gli occhi a chi vuole inseguire il “sogno berlinese”. È una città ove la molteplicità di progetti, spesso aventi gli stessi modelli di business e operanti nello stesso settore, sta facendo sì che quei pochi progetti interessanti siano difficili da scoprire e/o non abbiano lo spazio che meritano. Tutti troppo interessati a fare il botto subito, sia esso una vendita o l’ingresso di capitali, senza prima focalizzarsi sul prodotto cercando di capire se vi sia reale interesse ma soprattutto un modello di business sostenibile nel lungo termine. Indubbiamente, le possibilità di presentare il proprio progetto ed essere ascoltati qui a Berlino sono superiori ad una qualsiasi città italiana: non serve partecipare ad eventi istituzionali in giacca e cravatta per poter spendere qualche minuto illustrando il proprio progetto ad altri imprenditori, né tantomeno è necessario dover conoscere quella “cricca elitaria” che ahimè è purtroppo presente in Italia e che al momento muove le fila del venture capital nostrano.

Danila: Se per hype si intende la possibilità di scoprire cosa vuole dire fare impresa e la possibilità di imparare a fare impresa allora ben venga. Progetti di scarsa qualità ci sono anche nella Silicon Valley, sarà il mercato stesso a decidere chi sopravviverà e non noi.

Alessandro: Sicuramente c’è un hype, ma l’hype è quello di cui ha bisogno ogni “startup” all’inizio per attirare l’attenzione su di sé: nel caso di Berlino serve per attrarre talenti, soldi e l’attenzione dei media. Il problema, o meglio il challenge, è ora quello di portare dei risultati. Molte aziende stanno facendo bene, altre fanno fatica… l’importante è continuare a puntare sulle persone giuste e lavorare bene. La poca qualità sparirà nel tempo per selezione naturale, e questo non è per forza un male, perchè fallire con la propria startup, per molti, significherà poter aiutare altri imprenditori a non commettere gli stessi errori.

Berlino nel 2012 ha ospitato moltissimi eventi legati al web: Startup Bootcamp, Campus Party, Tech Open Air, Berlin Web Week. Quali i migliori e peggiori e perché, secondo te? Che cosa si potrebbe migliorare con l’anno nuovo?

Silvia: Quando sono arrivata a Berlino, più di 3 anni fa, le startup erano veramente poche, pochi erano gli incontri ed i momenti di confronto. Nell’ultimo anno c’è stata un’esplosione di eventi, la maggior parte dei quali dedicati al networking: spazi importanti per conoscere chi altro come noi sta lavorando per crearsi un proprio spazio. Ora è arrivato però il momento di imparare da chi magari si trova già al secondo progetto (o più), di ascoltare chi ce l’ha fatta, ma soprattutto chi ha dovuto ricominciare da zero. Tra i tanti eventi a cui ho partecipato, quello che mi ha colpito in particolar modo è stata la Failcon – una conferenza dedicata agli errori e ai fallimenti. Il valore aggiuntivo che mi ha offerto è stato ascoltare le storie e gli aneddoti di chi si è trovato nel bel mezzo di un fallimento, piccolo o grande, di chi ha imparato commettendo tanti errori ma commettendoli sempre meglio (Learning from failure? Yes. Fail again. Fail better – uno dei tweet dalla conferenza). Credo che sia proprio questo aspetto che spesso viene dimenticato: il fatto di imparare non solo dalle startup di successo, ma imparare soprattutto da chi ha sbagliato, in modo da evitare di commettere gli stessi errori. Ciò che vorrei vedere di più nel 2013? Come ha detto in diverse occasioni Danila Pellicani “Less talk and more rock”.

Gianluca: Startup Bootcamp è indubbiamente ciò di cui ha bisogno l’ecosistema startup in questo momento. Tre mesi di mentorship, seed funding ed un ambiente ove portare avanti il proprio progetto spendendo del tempo in compagnia di altri imprenditori e professionisti del settore. Per il resto, non sono un fan degli eventi e delle conferenze sul tema startup – al fine di aumentare la qualità, invece che la quantità, con l’anno nuovo vorrei sperare in un minor numero di eventi e più progetti educativi/formativi come General Assembly.

Danila: Tutti gli eventi che citi sono molto diversi tra loro e indirizzati ad un pubblico variegato, quindi non me la sento di dire qual’è stato il migliore o il peggiore. Credo semplicemente che l’anno prossimo gli eventi debbano essere meno frammentati e cercare di prestare maggiore attenzione ai contenuti e alla comunicazione che poi si riflette sulla scena locale: pochi eventi, più qualità.

Alessandro: Il mio preferito è stato senz’altro Tech Open Air Berlin per il clima che c’era prima e durante l’evento. Un evento creato dalla community per la community, dove tutti hanno contribuito con qualcosa ed il risultato finale è stato eccellente. Questo a dimostrazione che c’è una comunità volenterosa di trovare sinergie e pronta ad aiutarsi per un interesse comune, un po’ come tanti anni fa era accaduto nella Valley (almeno a detta dei più “anziani”).

Tanti anche gli italiani arrivati a Berlino nell’ultimo periodo. Come valuti questa immigrazione verso la capitale tedesca? E come giudichi la qualità media delle startup fondate negli ultimi 12 mesi da italiani?

Silvia: Come ho sottolineato precedentemente chi cerca una città economica, dinamica, internazionale dove poter incontrare con facilità altre startup può trovare in Berlino una buona candidata. Non voglio con questo però spingere chi si trova in Italia a venire a Berlino, anzi vorrei incoraggiare chi si trova in Italia a guardare ciò che succede a livello internazionale e cercare di replicarlo anche in Italia. E mi sembra che un po’ alla volta, anche se lentamente, le cose in Italia si stiano muovendo. I progetti che arrivano qui sono tanti, ci sono idee buone e un po’ meno buone. Io non le giudico, non sono un’esperta di modelli di business, ma offro il mio feedback. In fin dei conti sono poi i clienti ed il mercato a giudicare il prodotto. Quello che voglio invece continuare a fare, è offrire spazi e momenti di confronto costruttivo durante gli incontri di digItaly. In fondo “What is failure? Failure is not when you do a mistake, but when you don’t learn from it”. Io vorrei quindi incoraggiare chi sta lanciando la propria idea a parlarne, a presentala in ogni occasione possibile ed ascoltare ogni feedback ma soprattutto ogni critica. E naturalmente prenderne atto.

Gianluca: Io per primo sono emigrato in quel di Berlino circa 8 mesi fa! Credo che questo flusso migratorio sia importante per la capitale tedesca nel momento in cui professionisti del settore (parlo soprattutto dell’IT) mettono le loro conoscenze a disposizione di aziende tedesche, ricevendo in cambio migliori opportunità di crescita e, indubbiamente, ottime condizioni di lavoro. Chi, invece, viene qui per inseguire tutti i falsi miti su Berlino (come ad esempio la facilità nel trovare un impiego senza conoscere la lingua tedesca, specie in realtà aziendali non internazionali, o il basso costo della vita), tornerà purtroppo in Italia con l’amaro in bocca ed un triste ricordo di questa città. Un consiglio che mi sento di dare, specie ai miei coetanei, è il seguente: valutate attentamente la fattibilità del trasferimento, mettendo in conto che qui nessuno vi regalerà nulla così come nessuno avrà alcun interesse a favorire la vostra integrazione. Ma allo stesso tempo, se avete competenze e tanta voglia di fare, una nuova esperienza in quel di Berlino potrebbe darvi tante soddisfazioni e nuova energia per portare avanti le vostre passioni. Giudico, a mio modesto e umile parere, la qualità delle startup italiane viste negli ultimi 12 mesi molto scarsa: modelli di business non esistenti del tutto e/o poco sostenibili, assenza di MVP, idee confuse e poca conoscenza del mercato in cui vogliono operare. Confido in un 2013 migliore!

Danila: Il mercato startup italiano è molto frammentato al momento, c’è molta confusione e non esiste una città di riferimento, e di conseguenza una community, quindi mi sembra normale che si inizi a scalpitare e a volere cercare terreni più fertili dove far crescere le proprie idee. Perché Berlino? Perché è sicuramente più facile, più affascinante e meno costosa di Londra e Parigi. Avere una buona idea non vuol dire avere un buon prodotto, in Italia non c’è cultura digitale e questo va a discapito della qualità dei progetti. La strada è ancora lunga ma possiamo imparare molto dagli altri, soprattutto uscendo dal Belpaese.

Alessandro: Valuto bene l’immigrazione italiana a Berlino, anche perché ne faccio pienamente parte. Ognuno ha una storia e motivo diverso per essersi trasferito qui dall’Italia, chi per lavorare in una startup, chi per fondarne una. Le due cose vanno di pari passo perché il motivo che le accomuna, secondo me, è la voglia di imparare, di confrontarsi con culture e talenti diversi e di cercare e crearsi delle opportunità. Le condizioni per creare una startup a Berlino sono decisamente migliori, soprattutto per gli inizi, quando bisogna crearsi un network importante e cercare di imparare il più in fretta possibile in modo da evitare errori futili. L’hype che si è creato potrebbe anche risultare un trampolino di lancio in campo internazionale per alcune startup. Poi saranno loro a dover dimostrare il proprio valore.

Consigliaci quattro startup da tenere d’occhio per il 2013: due “internazionali”, due italo-berlinesi.

Silvia: Tra le internazionali Waymate e la conosciuta EyeEm, tra le italoberlinesi Klash e Urlist.

GianlucaLookals e Spreaker tra quelle italiane, Waymate e Qipoqo tra quelle internazionali.

Danila: Somewhere e Readmill tra le internazionali, Klash e Urlist tra le italiane.

Alessandro: Da tenere d’occhio Klash, ovviamente non perché ne sono il co-founder ;) ma perché sarà un anno interessante in cui dovrà crescere e dimostrare che si può scommettere sull’innovazione; ed Urlist, startup già ben fondata economicamente che è venuta qui a Berlino proprio per sfruttare le opportunità offerte da questa città. In campo internazionale, terrei d’occhio EyeEm, una photo application che ha sviluppato un ottimo prodotto e per cui il 2013 sarà l’anno della verità; ed Amen, altra consumer web platform che ha creato tanto hype attorno a questa città e che quest’anno, speriamo, riesca a dimostrare tutto il suo valore.