di Annika Kreusch e Lucia Conti
I Datteltäter (delinquenti dei datteri) sono un gruppo di giovani musulmani che fanno della satira uno strumento di integrazione e di neutralizzazione delle discriminazioni. Sul loro canale youtube ci sono diversi video che, attraverso un umorismo intelligente, raccontano una società in cui non è facile abbandonare la paura, i conflitti, il razzismo e le incomprensioni. Abbiamo parlato con Younes Al-Amayra, Aladino, che recentemente è andato in giro per Berlino su un tappeto volante motorizzato e in mano un cartello con la scritta “Happy Ramadan!”.
Ciao Younes, dimmi qualcosa di te
Il mio nome è Younes Al, ho 31 anni, ho studiato islamologia e lavoro in un consultorio per giovani musulmani.
Come ti è venuta l’idea del tappeto volante? L’hai avuta insieme ai Datteltäter?
Beh, a volte capita che in un gruppo qualcuno abbia un’idea e poi ci si confronti facendone derivare qualcosa di concreto. L’immagine del tappeto volante ovviamente esisteva già da prima, ma in questa combinazione, che lo lega al concetto del Ramadan e a un video quasi “cinematografico”, possiamo dire che sia il frutto di una nostra idea originale e questa novità è a mio avviso importante.
Cosa vi spinge a realizzare i vostri video?
Quando decidi di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica come musulmano devi essere creativo, affinché le persone non pensino “non lo ascolterò perché non c’è da fidarsi, qualunque cosa faccia, non è niente di buono”. E in questo senso credo che sia molto importante usare diversi metodi, anche anticonvenzionali, per raggiungere la gente. Al momento stanno bruciando di nuovo sia le abitazioni dei rifugiati che le moschee e in qualche modo a nessuno sembra importare, nessuno si indigna, come se fosse tutto normale. Questo tappeto volante è stato un mezzo efficacissimo per ridurre le distanze, perché attira l’attenzione, perché le persone sono felici quando lo vedono, perché lo collegano ad Aladino e ai sogni dei bambini e questo rompe definitivamente il ghiaccio. E una volta che il ghiaccio è rotto e le persone si mostrano disponibili ad ascoltarti, a quel punto è più facile eantrare davvero in contatto con le persone.
E avete realizzato tutto questo proprio durante il Ramadan…
Esatto, volevamo far sapere alle persone che per noi adesso è Ramadan. Anche il governo tedesco ci ha ufficialmente augurato buon Ramadan e anche Rewe ha introdotto un calendario del Ramadan che noi troviamo davvero bello, ma questo ha già infastidito le destre e creato un clima di diffidenza. In questo modo si annulla tutto il buono che è stato fatto, cosa che noi non vogliamo.
Come mai hai deciso di studiare Islamologia?
Per il più “classico” dei motivi. Era l’11 settembre e avevo circa sedici anni. Ero uno di quei musulmani che volevano essere una parte della società e mi sono detto: “hey, questo non è ciò che so della mia religione, questo non è giusto”. A quel punto, insieme a persone con la mia stessa motivazione, ho cominciato a cercare iniziative che mi permettessero di lavorare per fare chiarezza. Mi sono detto che volevo studiare Islamologia per confrontarmi con la mia storia e con la mia religione. Anche dal punto di vista professionale, in questo momento, cerco di lavorare in questa direzione, sensibilizzando, fornendo consulenze e interagendo con i media.
Qual è la cosa più importante che hai avuto modo di imparare dai tuoi studi?
Non ho imparato molte cose nuove rispetto a quanto già sapessi, ma ho imparato ad avere su tutto uno sguardo più critico. Ci sono diverse opinioni in relazione alla storia e all’identità dei musulmani e noi dobbiamo fare i conti con questo dato di fatto.
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Come hai deciso di fondare i Datteltäter?
Volevo aggiungere a Youtube una prospettiva musulmana diversa da quella che siamo abituati a conoscere, perché in rete c’è una sovraesposizione degli esponenti più radicali della nostra religione e queste persone stanno anche diventando molto “professionali” nella promozione delle loro idee, parlano il tedesco e affrontano temi che interessano ai giovani. Spesso non è neanche il particolare contenuto ad essere negativo, ma il modo in cui è veicolato. Quello che voglio dire è che queste persone non danno ai giovani la possibilità di pensare da soli, ma forniscono interpretazioni assolute, una scatola di verità precostituite al di fuori della quale non c’è nient’altro. Per questo motivo questi ragazzi diventano in seguito facilmente aggressivi nelle discussioni, quando si trovano di fronte a un’opinione diversa, o quando interagiscono con la maggioranza non musulmana della società. Questo é un problema. Noi vogliamo creare una sorta di “contrappeso”. Al di là di questo, vogliamo interagire con il resto della società, inclusi gli islamofobi, i razzisti e chi ci discrimina e ci esclude. Attraverso l’umorismo vogliamo costruire un ponte e annullare le barriere che ci dividono.