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Le donne del Reich: Unity Mitford, la groupie di Hitler

Unity Mitford, aristocratica inglese divenuta intima confidente di Adolf Hitler negli anni ’30, rappresenta una delle figure più enigmatiche e controverse nella storia del nazismo e della seconda guerra mondiale. Eppure è improbabile che ne abbiate sentito parlare. La sua vicenda, caratterizzata da un’ossessiva infatuazione per il Führer e da un estremo fanatismo politico, non sarà mai indagata come le complesse psicologie delle donne del Reich e finisce spesso per essere relegata fra le storie imbarazzanti di due Paesi: la Germania e il Regno Unito. Questo perché Unity Mitford era quello che oggi avremmo chiamato una “groupie” di Hitler e la sua presenza, così come la sua ossessione per il dittatore, risultavano inspiegabili tanto ai suoi connazionali britannici quanto ai tedeschi e, soprattutto, alla cerchia del partito nazionalsocialista.

L’incontro fatidico con Hitler

L’evento del 9 febbraio 1935 a Monaco di Baviera segnò una svolta decisiva nella vita della ventenne Unity Mitford. Dopo mesi di appostamenti ossessivi nei luoghi frequentati da Adolf Hitler, riuscì finalmente a incontrare il Führer di persona. In una lettera alla sorella Diana, Unity descrisse il momento in cui Hitler, sedutosi al suo tavolo abituale, mandò a chiamarla tramite il gestore del locale “Sono così felice che vorrei morire” scriveva l’allora ventenne “Penso di essere la ragazza più felice del mondo”. Proprio come una fan ossessionata da una popstar, Unity aveva studiato a fondo le abitudini di Hitler con l’obiettivo di attirare la sua attenzione, si era trasferita a vivere a Monaco, dove studiava la lingua e si dice prendesse il sole nuda, ma, soprattutto, frequentava tutte le feste e gli eventi del bel mondo ai quali era probabile che il leader nazista venisse invitato. La sua determinazione e ossessione erano tali da spingerla a qualunque cosa pur di realizzare il suo sogno. Ci riucì. Da quel momento in poi, Unity sarebbe diventata una presenza reale nella vita del Führer. Certo, non tanto importante per lui quanto Hitler lo era per lei, ma abbastanza significativa da suscitare le ire di Eva Braun e la preoccupazione dei gerarchi e da far circolare qualche pettegolezzo su una possibile tresca amorosa fra i due.

Le origini dell’ossessione per il nazismo

Ma come si spiega una tale infatuazione per Hitler e il nazismo da parte di una giovane aristocratica inglese? Tutto ebbe inizio quattro anni prima, quando Unity assistette al Congresso del Partito Nazista a Norimberga. Nonostante non comprendesse il tedesco, rimase folgorata dall’ideologia nazionalsocialista dopo aver ascoltato un discorso di Hitler. Da quel momento, la sua vita fu completamente assorbita dalla passione per il nazismo e dalla volontà di avvicinarsi al Führer. D’altra parte, Unity, che di secondo nome faceva Valkyrie, non era neppure l’unica, nella sua famiglia, ad avere il pallino delle dittature.

Figlia del barone Redesdale, David Bertram Ogilvy Freeman-Mitford, proveniva da una famiglia nota per le sue eccentricità e le forti passioni politiche. O meglio, le figlie del barone erano, a detta del padre “tutte completamente pazze”, mentre i genitori rientravano nello stereotipo britannico di un generico “understatement”. Diana, per esempio, la sorella alla quale Unity confidava via lettera la sua passione per il dittatore tedesco, sposò Sir Oswald Mosley, leader dell’Unione Fascista Britannica, ed era una fervente sostenitrice del fascismo italiano – che Unity non condivideva, dal momento che disprezzava Benito Mussolini.

La famiglia Mitford nel 1928; in prima fila, da sinistra a destra, la madre Sydney Bowles, le figlie Unity, Jessica e Deborah, il padre David Freeman-Mitford, secondo barone Redesdale; in seconda fila, Diana e Pamela; in ultima fila, Nancy e Tom. Foto: See page for author, Public domain, via Wikimedia Commons

Unity Mitford in Germania

Dal 1934, Unity condusse un’intensa vita mondana nella città tedesca. Dopo essere riuscita a stringere un legame con Adolf Hitler, lo frequentò per circa quattro anni, durante i quali i due si incontrarono circa 140 volte, con una frequenza media di un incontro ogni dieci giorni (secondo il conteggio effettuato dalla politologa Michaela Karl, autrice della prima biografia in lingua tedesca di Unity Mitford). Hitler la portò con sé in occasioni ufficiali di grande rilievo, come il Festival Wagneriano a Bayreuth, il matrimonio di Hermann Göring e la volle persino come ospite d’onore alle Olimpiadi del 1936. I suoi detrattori, che non erano pochi, presero a soprannominarla “Mitfahrt”, un gioco di parole “germanizzato”, che avvicinava il suo nome al concetto di “accompagnatrice”, poiché, sostenevano i critici, il Führer “se la portava dietro” in ogni momento. A una domanda diretta della regista Leni Riefenstahl su un possibile flirt o addirittura un possibile matrimonio, Hitler avrebbe risposto una volta riconoscendo i pregi della giovane donna britannica, ma escludendo categoricamente qualsiasi possibilità di coinvolgimento, dal momento che il suo fervente patriottismo gli avrebbe impedito di innamorarsi di una ragazza che non fosse tedesca.

Foto: Bassano Ltd, Public domain, via Wikimedia Commons

La relazione tra Unity e Hitler era caratterizzata da un misto di fascino reciproco e utilitarismo politico. Per il dittatore tedesco, Unity rappresentava un potenziale legame con l’aristocrazia britannica, un possibile ponte verso la classe dominante inglese, che, se pure in una prima fase si era tenuta piuttosto neutrale, stava dimostrando di guardare al nazionalsocialismo con ostilità crescente. Esiste anche la possibilità che il dittatore fosse semplicemente lusingato dalle attenzioni della giovane donna e la trovasse attraente. Per Unity, invece, Hitler incarnava il potere e il carisma che tanto ammirava, nonché l’ideologia ferocemente antisemita e totalitaria che la appassionava sopra ogni cosa. La sua attrazione per il nazismo non era solo superficiale, ma affondava le radici in una ricerca di identità e appartenenza che la portò a immergersi completamente nell’ideologia nazista: Unity Mitford, per quanto avesse appreso il tedesco solo come seconda lingua e fosse quindi capace di comprendere solo in parte i discorsi del suo idolo, era nazista davvero, lo era profondamente, con un fervore fanatico che non aveva nulla da invidiare a quello di una Magda Goebbels. Un dipendente dei servizi segreti britannici, che, come era prevedibile, teneva d’occhio la giovane Mitford, scrisse un appunto il 23 marzo 1937, definendola “più nazista dei nazisti stessi”. Addirittura, si commentava la sua sfacciataggine nel dare pareri politici a Hitler, comunicandogli anche quali fra i suoi uomini non le piacessero (Ribbentropp era uno di questi) e proiettando di sé l’idea di fautrice di una possibile alleanza anglo-tedesca.

I diversi biografi che si sono occupati della sua storia hanno poi speculato che l’infatuazione di Unity per Hitler fosse anche un riflesso del suo desiderio di ribellione contro le convenzioni sociali inglesi, ma nessuno può mettere in dubbio che, da parte sua, ci fosse anche un’adesione sincera ai principi del nazionalsocialismo. In una lettera alla madre, inorridita quanto il marito dalle frequentazioni della figlia, Unity descrisse la sua esperienza come “la cosa più affascinante che abbia vissuto finora in tutta la mia vita”.

Che l’antisemitismo di Mitford fosse genuino lo confermano anche le lettere inviate a Julius Streicher, direttore del giornale “Der Stürmer” (il cui antisemitismo era una delle caratteristiche principali dell’intera testata). In una di queste, la donna scriveva: “Aspettiamo con ansia il giorno in cui potremo dire: L’Inghilterra agli inglesi! Fuori gli ebrei!”. Inoltre, un testimone, secondo quanto riferiscono i biografi, raccontò che Unity era “sinceramente contenta” quando vedeva gli ebrei maltrattati per strada.

La fine tragica e le teorie del complotto

Unity Mitford fu riportata in Inghilterra con un proiettile in testa. O, per meglio dire, fu rimandata in patria, ancora viva, a patire per sempre le conseguenze fisiche e mentali di un foro di proiettile in testa. Come ci sia arrivato, quel proiettile, nel cranio di Unity Valkyrie Mitford, non lo sa nessuno. La tesi più accreditata e anche l’unica ufficiale dell’epoca è quella di un tentato suicidio, per la vergogna di aver dovuto assistere, il 3 settembre 1939, alla dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla sua amata Germania. Già nei mesi successivi al fatto, però, non mancarono le speculazioni su un possibile tentato omicidio.

Unity Mitford. Foto: Unidentified photographer for Bassano Ltd, Public domain, via Wikimedia Commons

Unity aveva diversi nemici nell’élite nazista che la vedevano come una presenza scomoda e imbarazzante nel migliore dei casi, come una potenziale spia nel peggiore. Ribbentrop e Hess, due tra i più stretti collaboratori di Hitler, la detestavano.

Come già detto, Unity Mitford sopravvisse, ma riportò gravi conseguenze fisiche tra cui una paralisi parziale, amnesia e problemi di incontinenza. Il suo ritorno in Inghilterra nel 1940, in piena guerra, alimentò ulteriormente le teorie del complotto mai del tutto sopite. Alcune teorie suggerirono che lo sparo fosse solo una messinscena per evitarle l’internamento (in quanto spia o semplicemente in quanto fonte di imbarazzo), o addirittura che la donna fosse incinta di Hitler al momento dell’incidente e che il figlio che portava in grembo fosse nato in Inghilterra e tenuto segreto. La verità non è mai stata accertata.

Si parlò inizialmente di una lettera d’addio, che però non fu mai ritrovata. E d’altra parte, dopo il ritorno nel Regno Unito nel 1940, Unity visse con alcuni parenti in campagna, praticamente come una reclusa, al punto che alcuni hanno ipotizzato che si trovasse, ufficiosamente, agli arresti domiciliari. Secondo quanto scrive Michaela Karl, anche i file dell’MI5 che la riguardano sarebbero stati eliminati.

Ad alimentare le teorie del complotto contribuì anche il ritrovamento del diario del ministro della Propaganda Josef Goebbels, che il 3 ottobre del 1939, a ridosso dei fatti, scriveva che il Führer doveva “assicurarsi contro ogni possibilità di spionaggio” e che “è quello che ha fatto in questo caso”.

Lapidi della famiglia Mitford. Foto: Martin Loader / Mitford graves at Swinbrook

Nel 2002, il giornalista dell’Observer britannico Martin Bright ricevette una telefonata da una signora che sosteneva che la Mitford avesse partorito nella clinica gestita da sua zia nel 1940 e avesse dato il bambino in adozione. Anche in questo caso, nessuna ricerca approdò mai a fatti o prove concrete.

Unity Mitford morì otto anni dopo per una meningite.

Per saperne di più:

“Unity Mitford: A Quest” – di David Pryce-Jones ed. Phoenix Giants 1995

“Ich blätterte gerade in der Vogue, da sprach mich der Führer an”: Unity Mitford. Eine Biographie – di Michaela Karl ed. HoCa 2018

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