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I “Concerti Brandeburghesi” di Bach: da un incontro berlinese alle orchestre del mondo

Testo e disegni di Paolo Brasioli

Genesi di un capolavoro musicale

Con l’elegante, generico titolo francese “Concerts avec plusieurs instruments” (Concerti con vari strumenti), annotato da Johann Sebastian Bach (1685-1750) sulla dedica risalente a marzo 1721, si identificano sei incantevoli ed emozionanti concerti a tre tempi, tra i più celebri creati del Maestro di Eisenach. Infatti il titolo “Concerti Brandeburghesi” è stato, attribuito successivamente, nel 1879, dal musicologo e biografo bachiano tedesco Philip Spitta (1841-1894). 

Il destinatario dei “Concerti Brandeburghesi”

Il termine brandeburghesi è invero legato al destinatario a cui il corpus concertistico è stato dedicato, il margravio Christian Ludwig di Brandeburg-Schwedt (1677-1734), che il compositore ebbe modo di incontrare durante un suo soggiorno del 1718 nella capitale prussiana Berlino. 

Catalogazione e cronologia

Tutti i concerti, seguendo il sistema di catalogazione BWV (Bach-Werke-Verzeichnis, che letteralmente vuol dire “catalogazione delle opere di Bach”), che permette di riferirsi con certezza, usando il relativo numero di opus, a una precisa composizione fra le oltre mille censite da Wolfgang Schmieder (1901-1990), sono identificate dalle sigle: BWV1046, BWV1047, BWV1048 , BWV1049, BWV1050 e BWV 1051. Ma l’ordine cronologico con il quale furono composti non corrisponde alla numerazione progressiva di catalogazione con cui sono oggi contrassegnati: il compositore scrisse in ordine i Concerti n. 6, 3, 2, 1, 4 e infine il n. 5. Il musicologo tedesco Heinrich Besseler (1900-1969) ha evidenziato che i Concerti n. 1, 3 e 6 risalirebbero al 1718, i Concerti n. 2, 4, l’Allegro del n. 3 al 1719, e il Concerto n. 5 al 1720.

Il clima culturale di corte

Tutti furono composti da Johann Sebastian Bach negli anni in cui egli si era stabilito nella cittadina di Köthen, allora capitale del Principato di Anhalt-Köthen, tra il 1717 ed il 1723, per lavorare in qualità di Kapellmeister e direttore della musica da camera, presso la corte del principe Leopold di Anhalt-Köthen (16-1728). Questo periodo fu tra i più stimolanti per la creatività di Bach, caratterizzato da una dedizione quasi totale al genere strumentale, di carattere principalmente profano, vista anche la cultura calvinista locale, non bendisposta alla musica in ambito liturgico. Tra i numerosi capolavori composti in questi anni si ricordano il primo volume del “Clavicembalo ben temperato” (BWV 846-869), le eleganti “Sonate e le Partite per violino solo” (BWV 1001-1006) e le sei “Suite per violoncello solo” (BWV 1007-1012). E il clima culturale impresso dal principe fu sicuramente di particolare e preziosa ispirazione. Egli infatti in ambito artistico già nel 1696 fondò l’Accademia delle Arti a Berlino e poi nel 1716, il si dotò di una cappella musicale di altissimo livello qualitativo. Ed in ambito scientifico si deve sempre a lui, nel 1700, l’istituzione della Königlich-Preußische Akademie der Wissenschaften (Accademia Reale Prussiana delle Scienze) diretta dal filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) che sapientemente seppe coinvolgere e riunire le scienze naturali e umanistiche.

Apprezzamento ed esecuzioni storiche

È molto probabile che il destinatario delle opere, il Principe Christian Ludwig, non abbia apprezzato particolarmente la partitura bachiana, probabilmente ritenendola eccessivamente complessa, e sembra che non l’abbia mai fatta eseguire pubblicamente dai suoi musicisti di corte. Successivamente, i sei concerti rimasero quasi del tutto sconosciuti per molti decenni dopo la morte di Bach. Ad esempio, non ne viene fatta menzione nel necrologio del 1754 scritto da suo figlio Carl Philipp Emanuel (1714-1788) e dal suo allievo Johann Friedrich Agricola (1720-1774) e non vengono citati nemmeno nella biografia su Bach del 1802 scritta da Johann Nikolaus Forkel (1749-1818). La partitura divenne pubblica, su intuito all’editore musicale di Lipsia Peters, soltanto cento anni dopo la morte del Maestro, nel 1850. Fra tutti, soltanto il quinto (BWV 1050) circolò ampiamente nel periodo immediatamente successivo alla morte di Bach. Nel 1808, Carl Friedrich Zelter (1758-1832) lo diresse in una una prova semi-privata a Berlino. Una delle prime esecuzioni pubbliche di un Concerto brandeburghese di cui si abbiano testimonianze avvenne a Francoforte sul Meno il 19 maggio 1835, quando Johann Nepomuk Schelble (1789-1837) diresse almeno un movimento del Concerto n. 3. 

Note stilistiche

I “Concerti Brandeburghesi” sono nettamente diversi fra loro, sia nell’articolazione interna dei movimenti che nello stile e nelle conseguenti molteplici emozioni che sanno ispirare singolarmente o nel complesso dell’opera. Come scrisse l’interprete e musicologo Nikolaus Harnoncourt (1929-2016) “ogni concerto è scritto per una destinazione strumentale differente e la diversità delle forme è estrema almeno quanto quelle che riguardano la strumentazione e lo stile”.  Inoltre, come suggerisce il musicologo italiano e profondo conoscitore di Bach Alberto Basso (1931), sicuramente il Maestro intendeva offrire agli esecutori una sorta di ampio campionario stilistico ad alto livello anche virtuosistico. Ovviamente, gli organici strumentali per i quali Bach compose i Concerti erano necessariamente quelli di cui disponeva presso la corte. Nei Concerti n. 1, 3 e 6 la parte solistica non viene affidata a nessuno strumento, mentre nei Concerti n. 2, 4 e 5 il compositore lascia ampio spazio rispettivamente a strumenti come la tromba, il violino e il clavicembalo. Per quanto riguarda uno dei brani universalmente riconosciuto tra i più emozionanti e trascinanti, cioè l’Allegro del Concerto n. 5, le cadenze affidate al clavicembalo, risultano dal carattere ampio, brillante, vorticosamente virtuosistico, con rimandi tesi e sapienti, riprese vivaci tra velate armoniche dissonanze e dissonanti armonie, lanciando spunti a generi musicali futuri. Nello svolgersi dell’esecuzione sulla tastiera del clavicembalo si può ben comprendere la frase dell’architetto Mies Van Der Rohe (1886-1969) “i miei pensieri guidano la mano, e la mano dimostra se il pensiero è giusto…”. Si può inoltre affermare che questo sia tra i primi esempi nella storia musicale di un’ampia e piena emancipazione solistica di uno strumento a tastiera in un contesto orchestrale. 

L’eredità dei “Concerti Brandeburghesi” oggi

I “Concerti Brandeburghesi” vengono costantemente proposti in tantissime sale da concerto, da quelle locali alle più titolate ed internazionali. Il recente trecentesimo anniversario della pubblicazione (2021) ne ha esteso l’esecuzione a livello mondiale. La  discografia è estremamente vasta e di elevata qualità con interpreti tra i quali figurano raffinati esperti bachiani, come Gustav Leonhardt (1928-2012), Nikolaus Harnoncourt e Christopher Hogwood (1941-2014). La prima incisione italiana fu quella dei “Musici di Roma” registrata nel 1965 per l’etichetta Philips, con interpreti come Felix Ayo (1933-2023), Maurice André (1913-2003), Frans Bruggen (1934-2014), Heinz Holliger (1939) e il flautista italiano Severino Gazzelloni (1919-1999).

Pensando di passeggiare in un giardino di un castello barocco nelle campagne del Brandeburgo, all’abbraccio ampio dell’imbrunire, ascoltando la dialettica sonora dei “Concerti Brandeburghesi” possiamo sentir vibrare decisa in noi la frase di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) :”La musica è l’architettura liquida e l’architettura è la musica congelata”!

L’autore: Architetto Paolo Brasioli – Quattro | architectura

Provenendo da una famiglia di artisti veneti, Paolo Brasioli è stato influenzato presto dal ricco patrimonio culturale e artistico italiano. Fondamentale è stata l’influenza di suo padre, Alfredo Brasioli, rinomato fumettista, illustratore e grafico italiano.
Il suo lavoro fino ad oggi si è concentrato sulla costruzione di hotel di alta qualità e sull’interior design per abitazioni, hotel e strutture di gastronomia e benessere, così come sulla creazione di mobili, lampade, accessori e arte.
Ha lavorato con rinomate compagnie e gruppi alberghieri come Best Western, Crowne Plaza, Falkensteiner, Hilton, Hyatt, Le Meridien, Leonardo Hotels, Marriott, NH Hotels, Rocco Forte Hotels e Sheraton. Molte delle sue creazioni sono state esposte in rinomate fiere d’arte e di design.
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