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Lemonade Queers: il “sober party” LGBTQ+ senza alcol né droghe

Che cosa ci si aspetta dalla vita notturna berlinese? E che cosa ci si aspetta, in particolare, dalla scena del clubbing LGBTQIA+? Musica, certo, di tutti i generi. Incontri con persone interessanti, corpi diversi, moltissima arte, interazioni rapide, veloci e disinibite. E poi? E poi alcol e sostanze, sempre. O quasi sempre. Che cosa succede se non si ha voglia di bere o di alterarsi in altri modi? Molte persone, semplicemente, rinunciano a uscire, a frequentare i locali notturni. C’è chi prova a uscire ugualmente, ma spesso si sente escluso, se si limita a consumare una bevanda analcolica, mentre tutti gli altri bevono alcolici o prendono droghe: la socializzazione funziona diversamente ed è raro che una persona perfettamente lucida si trovi a proprio agio con una alterata, e viceversa. Proprio per rispondere a questa necessità è nato il collettivo Lemonade Queers. Questo nome, da più di un anno, è sinonimo di “sober party” queer a Berlino.

Un sober party, come è facile intuire, è una serata di clubbing nella quale non si vende alcol e il pubblico viene caldamente invitato a restare lucido, non consumando neppure altre sostanze psicoattive. A organizzarlo, a mesi alterni, sono Vlady e Momo, che ho incontrato allo Schwuz, storico locale queer berlinese, che ospita le serate.

Vlady (S) e Momo (D) Foto: Claudia Hammer

Momo (Momo/l*i) viene dalla scena dei festival e Vlady (tutti i pronomi!) da quella dell’arte e del teatro.

Da quanto tempo esiste questa idea e come è nato il progetto di un sober party

Vlady: ho scelto di diventare astemio due anni fa, anche se attualmente non lo sono più al 100%, ma all’epoca lo ero. Ho scelto di essere “sobrio” nell’agosto del 2021 e nei successivi sei mesi, quando cercavo di uscire con i miei amici e andare a divertirmi, mi sentivo sempre molto solo, perché ero l’unico, non c’era quasi nessuno che non bevesse. Così, dopo sei mesi, ho pubblicato un post su gruppi Facebook come “Queer and Sober in Berlin” o “Queer Wild and Sober”, spiegando la situazione ed esprimendo il desiderio di incontrare altre persone che volessero uscire e divertirsi senza bere. E la risposta è stata incredibile. Ci sono stati, credo, dai 30 ai 40 commenti al mio post, in ogni gruppo.

sober party

E a me sarebbero bastati anche solo cinque amici. Ho pensato: “Oh mio Dio, c’è così tanta gente”. Così ho deciso di creare un meetup su Facebook.

Al primo incontro erano più di 100 le persone interessate. E io avevo prenotato solo un tavolo in un bar – che forse non è stata una grande idea, ma per me non aveva importanza. Io ho smesso tutto da solo, non ho frequentato gruppi come gli AA o gli NA.

In quella prima occasione credo che si siano presentate tra le 17 e le 20 persone: lì ho conosciuto anche Momo. C’era anche una delle persone che avevano fondato il gruppo Queer and Sober e ha suggerito di fare un carro per il pride. Io ho pensato “ma certo!” e ho scritto un messaggio agli organizzatori. Loro mi hanno risposto che era troppo tardi, perché era già aprile, ma che avevano intenzione di organizzare un sober party allo Schwutz e mi hanno chiesto se avessi qualche idea. Allora io, che vengo dal teatro, ho mandato una lista di idee e loro mi hanno chiesto se avessi voglia di organizzarlo. Io ho detto subito di sì e poi anche Momo mi ha proposto delle idee per contribuire all’evento.

Così abbiamo iniziato e abbiamo anche chiesto e ottenuto dei finanziamenti: proprio grazie a questi siamo riusciti a organizzare sette eventi, quest’anno.

Foto: Claudia Hammer

Ogni due mesi, tre mesi, più o meno? 

Vlady: Sì, più o meno a mesi alterni.

Come reagisce il pubblico?

Momo: La maggior parte delle persone con cui parlo sono davvero felici. Abbiamo anche uno spazio dedicato alle “lettere d’amore”, in cui le persone possono scrivere come è stata per loro quest’esperienza. Per molti è stato il primo sober party e non avevano idea che potesse esistere una cosa del genere, che si potesse uscire, ballare e divertirsi restando sobri. È emozionante perché è un concetto nuovo a berlino, non capita spesso di entrare in un locale in cui nessuno beve e la prima reazione spesso è “wow, ma allora non sono solo io!”. Penso che questo sia splendido

Vlady: Comunque non è un concetto nuovo di per sé, è semplicemente una novità per Berlino. È l’unico sober party fisso e, in particolare, l’unico sober party queer fisso in Germania. Nessun altro evento di questo genere, in Germania, organizza più di un party all’anno. Credo sia anche per questo che la risposta è stata estremamente positiva. Di solito, alle nostre feste vengono sempre tra le 160 e le 200 persone e, come vedi, il Pepsi Boston Bar non è attrezzato per riceverne di più. Alla prima festa che abbiamo organizzato, quella durante il Pride, prima di ottenere i finanziamenti, sono venute oltre 250 persone: era completamente pieno!

Anche la risposta della stampa è stata molto positiva, siamo usciti su sette/otto riviste, solo oggi abbiamo tre interviste. 

Vlady Foto: Claudia Hammer

Momo: Wow, è incredibile, stiamo diventando famosi!

Giustamente!

Vlady: Siamo stati invitati anche a un festival, abbiamo vinto il premio “Emergenti” del Tag der Clubkultur, siamo stati invitati al talk show di Jurassica Parka

Momo: e anche alla Club Commission a gennaio.

Vlady: Inoltre parteciperemo a un sober party ad Amburgo a gennaio. Insomma, sta andando alla grande!

Stavo pensando a quello che hai detto, cioè che questo è l’unico sober party queer a Berlino, se non l’unico in generale della città. Perché, secondo te, non ce ne sono altri? Dipende più da Berlino o dalla scena del clubbing queer?

Momo: Penso che ci siano diverse ragioni. Qualcuno deve pur iniziare, e questo non è certamente il tipo di party più redditizio che si possa organizzare. Perché di solito gli eventi si organizzano di notte: quale club accetterebbe [di non vendere alcol]? Noi possiamo permettercelo perché riceviamo dei finanziamenti e anche perché ormai il pubblico ci conosce. Vedremo cosa succederà in futuro.

C’è stato un sober party a Berlino, ma per qualche ragione non è mai davvero riuscito a decollare. C’è stato anche un festival interamente sobrio chiamato Natural High, vicino a Berlino. Io ho partecipato, ma c’era meno gente di quanta ne arriva alle nostre serate. Perché è sempre stata una cosa di nicchia. Credo però che si stia diffondendo: si sta normalizzando, sempre più persone dicono “forse posso provarci anche io”.

Vlady: C’è anche da dire che organizzare è davvero difficilissimo! L* pover* Momo ha dovuto ascoltare le mie lamentele per tutto l’anno! Perché io non sono un organizzatore, sono prima di tutto un artista, e organizzare eventi mi riesce bene, ma è molto stressante. E non sai mai quante persone vengono. Inoltre, da organizzatore, anche se sei tu a creare una comunità, ne sei fuori. Può essere un lavoro davvero duro, bisogna avere pelo sullo stomaco. E soprattutto, dopo tutto il lavoro di organizzazione, mi veniva voglia di farmi un cazzo di drink! E invece poi non lo faccio, perché sono ormai due anni che non bevo. Me ne torno a casa, dopo un evento che ho organizzato anche per incontrare altre persone che non bevano e non prendano droghe, ma ormai sono dall’altra parte, sono l’organizzatore, quindi sono sempre in giro, accolgo tutti, ma non riesco a incontrare davvero nessuno. Quindi mi capita di tornare a casa e sentirmi solo. È un lavoro difficile, richiede un grande impegno mentale.

Foto: Claudia Hammer

Quali sono le storie del vostro pubblico? Si tratta di persone che hanno abbandonato l’alcol o le sostanze o di persone che non ne hanno mai fatto uso?

Momo: Un misto. Ho incontrato persone che mi hanno detto di non aver mai bevuto né fatto uso di nulla, ma credo che sia un fenomeno davvero raro.

Credo che la maggior parte scelga di astenersi, tranne che in occasioni speciali. Ma penso anche che il consumo di alcol, per alcune persone, stia diventando più consapevole. Si rendono conto del fatto che posso andare in un bar e non devo per forza bere. Credo stia aumentando la consapevolezza di ciò che mettiamo nel nostro corpo, di come ci si sente il giorno dopo. E poi stiamo anche invecchiando! Penso che questo sia anche il motivo per cui io personalmente ho smesso cinque anni fa e ora, quando esco, non so come facciano gli altri a continuare, perché il giorno io dopo sono a pezzi anche senza aver bevuto o consumato nulla! 

Vlady: Abbiamo anche fatto uno sforzo cosciente per non etichettare la serata come esclusivamente “sobria”, fin dal primo momento in cui ho creato il meetup o abbiamo fatto la prima festa. Per me era importante far capire che il punto non è sapere se chi partecipa si astiene sempre dall’alcol e dalle sostanze o meno, il punto è rendere chiaro che io desidero trascorrere la serata restando lucido e circondarmi di persone che abbiano lo stesso livello di lucidità. Abbiamo anche pubblicizzato la festa sempre come destinata a tutte le persone che sono “sober” (non consumano né alcol né droghe), “sober-curious” e “alleat*” che vogliono sostenere i loro amici che scelgono di non bere e non usare sostanze quella sera. 

È interessante che esista il concetto di “sober-curious”

Vlady: Credo sia piuttosto nuovo!

Momo: Un po’ come quelle persone che non sono proprio vegane, ma d’abitudine non consumano derivati animali. C’è chi non beve e non consuma sostanze ma poi, di tanto in tanto, se non ha una vera e propria dipendenza, può fare un’eccezione. E poi ci sono anche persone che vengono dal percorso degli Alcolisti Anonimi, che a volte sono venuti in gruppo. 

Vlady: Stasera, per esempio, verrà un gruppo piuttosto numeroso degli AA, a festeggiare i 17 anni di sobrietà di uno degli sponsor. Quindi li porteremo sul palco e ne parleremo con loro. Per noi era importante accogliere soprattutto le persone che, come chi frequenta gli AA, si sono allontanate dalla scena per questo motivo, e permettere loro di riunirsi anche con chi ha un’esperienza diversa, perché sento che c’è una divisione, laddove noi vogliamo davvero creare una comunità, nella quale possiamo esistere tutti insieme e farlo mantenendo la lucidità. E non è necessario che chi viene abbia scelto questo come stile di vita: è semplicemente una serata senza alcol.

Tu hai sperimentato il clubbing sia da lucido che da non lucido: come cambia il modo in cui percepisci una notte di festa se consumi qualcosa di alcolico o altro, rispetto a quando non consumi nulla?

Vlady: Ho fatto parte della scena del clubbing per circa 15 anni e sono stato un habitué di tutti i club qui a Berlino. È completamente diverso. Quando sei al secondo o terzo drink, inizi già ad aprirti e ad abbattere le tue barriere: è l’alcol ad abbatterle.

Foto: Claudia Hammer

Tutte le persone sembrano molto più attraenti…

Vlady: O magari ti fanno meno paura. O forse sei tu a essere più loquace con la gente, riesci a parlare con tutti, è facile entrare in contatto con le persone e sei anche molto più disposto a fare cose che forse non faresti da sobrio. Chiunque sia stato ubriaco o sballato sa che si fanno cose che non si farebbero mai da sobri, anche cose insignificanti, di sciocche o divertenti, sono comunque cose che non si sarebbero fatte in altre circostanze.

Cose e persone…

Vlady: Sì, assolutamente! Sessualmente, per esempio, da non lucido ho fatto tante cose che non farei mai da sobrio, ma in quel momento ne avevo bisogno, mi ha aiutato tantissimo ad aprirmi, a conoscere le persone, a capire che gli altri non mi odiavano quanto io odiavo me stesso. Per un certo periodo di tempo, l’alcol e le droghe sono state come ottimi amici per me, ma poi, a un certo punto, devi davvero renderti conto se quella relazione diventa “tossica”. Ora è tutto diverso. Da sobrio, quando esco, vedo tutto chiaramente, magari vedo dei bei ragazzi che mi piacciono che vanno in bagno a drogarsi e penso “ok, allora stasera non se ne parla”, mentre in altri momenti sarei andato con loro e magari avremmo fatto sesso.

È più difficile aprirsi, fare nuove amicizie, rilassarsi o non sentirsi a disagio? 

Momo: Sì è per questo che ci sono io! Io cerco di creare contatti fra le persone. C’è questo spazio di connessione all’inizio. Alcune persone vengono da sole e non conoscono nessuno, perché magari i loro amici non vogliono venire a un sober party, allora le facciamo incontrare, perché possano parlarsi e conoscere questa comunità.

Foto: Claudia Hammer

Pensate che la comunità queer, in questo momento, sia caduta in una sorta di cliché per quanto riguarda il consumo di alcol e droghe, al punto da rendere difficile, per alcune persone, ammettere che in realtà amano le feste ma forse non sono a loro agio con certi fenomeni di consumo pesante?

Vlady: Penso che, quando si è queer, ci siano diverse cose che rischiano di portare a questo consumo esagerato. Prima di tutto il trauma di non dichiararsi e di non avere vissuto una pubertà “regolare“, come quella degli etero, perché la maggior parte delle persone a quell’età si nasconde ancora. Quindi sviluppi un profondo odio verso te stesso, una profonda insicurezza e poi, quando entri nella comunità queer, la maggior parte degli eventi inizia la sera e si svolge in bar e club, quindi il consumo di alcol è molto incoraggiato e quando non partecipi ti senti escluso – che è proprio ciò che vuoi evitare, quando metti piede per la prima volta in uno spazio queer. Perché ti sei già sentito escluso nel mondo etero. Per questo diventa più difficile uscire e trovare una comunità in cui ti senti al sicuro, quando non bevi. Per me è ancora molto difficile. Diventa più complicato anche capire che hai un problema, perché magari non si tratta di una vera dipendenza, ma di problemi di compensazione, con persone che bevono quattro volte durante la settimana, perché escono spesso, ma è difficile che si rendano conto che c’è qualcosa che non va, perché a Berlino lo fanno tutti.

Quando si passa molto tempo nel mondo del clubbing, specialmente se si consumano alcol e droghe, può capitare di creare connessioni che sembrano incredibili durante la notte, ma che non sopravvivono alla luce del giorno e possono deludere. Se ci si incontra dopo l’after, quella connessione non esiste più. È diverso il tipo di connessione che si crea a un sober party? È diverso incontrarsi da sobri sia la prima che la seconda volta? 

Momo: mi piace questa domanda, è interessante! È vero, si creano queste situazioni per cui conosci qualcun*, a mala pena vi dite “ciao” e già pensi “oddio, siamo migliori amic*”, poi ti passa e pensi “e quest* chi è? Che cosa abbiamo da dirci?”. A me succedeva, perché io prendevo droghe durante i festival. Ora è diverso: ho fatto amicizie qui e ci incontriamo anche in altre occasioni e ci ricordiamo di cosa abbiamo parlato la sera prima. Mi chiedo quante persone abbiano fatto nuove amicizie qui.

Vlady: Lo chiederò dal palcoscenico stasera, perché sono molto interessato! Però devo dire che per me non è diverso, io sono stato molto fortunato. Sì, certo, nei locali ho fatto molte conoscenze che non sono mai diventate amicizie, ma ho anche fatto molte conoscenze con persone che sono ancora mie amiche. Che si tratti di fortuna o di una sorta di sensazione a livello sub-consciente, ho sempre avuto istinto per le buone vibrazioni delle persone e le cattive vibrazioni non mi hanno mai appassionato più di tanto. Per me le cose non sono cambiate: incontro tantissima gente e resto in contatto con l’1%. Berlino è molto superficiale e ha un ritmo molto veloce, quindi alcune persone rimangono e altre no, ma per me non è mai stato diverso. Non ho mai incontrato qualcuno in un club per poi pentirmi di averlo frequentato di nuovo anche fuori o, almeno, non è una dinamica molto presente nella mia vita quella di creare connessioni false da “fatto” e connessioni autentiche da sobrio. Ci sono sempre connessioni false e connessioni reali.

Vlady Foto: Claudia Hammer

Mi piace molto che non ci sia una narrazione in bianco e nero, che attribuisce tutti i lati positivi a una scelta e tutti i lati negativi all’altra. Le cose sono più complesse di così…

Vlady: Perché è così ed è importante per me rappresentare tutte le cose che abbiamo fatto nel modo corretto. Oggi chiederò al pubblico di parlare della propria esperienza di astinenza dall’alcol e dalle sostanze, di parlare delle cose buone, ma anche delle difficoltà, perché non è tutto perfetto e non è tutto negativo.

Per saperne di più: https://www.instagram.com/lemonadequeers/

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