Il colosso svedese dell’arredamento Ikea ha deciso di versare 6 milioni di euro in un fondo per le vittime della dittatura della Germania Est. Questa iniziativa è intesa come una forma di riparazione per il coinvolgimento dell’azienda nello sfruttamento del lavoro forzato dei prigionieri politici nelle carceri della DDR, fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80.
Secondo l’ufficio della Commissaria per le vittime della SED del Bundestag, Evelyn Zupke, Ikea ha presentato una lettera d’intenti la scorsa settimana. Questo gesto è il risultato di un dialogo pluriennale tra l’azienda, le associazioni delle vittime del regime comunista e le istituzioni.
Zupke ha accolto con favore l’impegno di Ikea, definendolo “un approccio responsabile a capitoli oscuri della propria storia”. Sebbene non possa cancellare le sofferenze patite da chi è stato rinchiuso nelle carceri destinate ai prigionieri politici, il fondo rappresenta un modo di fare ammenda ed esprimere rispetto per le vittime del regime, sostenendole soprattutto nei momenti di maggiore bisogno economico.
Ikea sfruttò i prigionieri politici ai lavoratori forzati dal ’78 all’81
Walter Kadnar, CEO di Ikea Germania, ha espresso profondo rammarico per l’impiego di prigionieri politici nella produzione dei mobili. “Siamo lieti di poter mantenere la nostra parola con l’istituzione di questo fondo” ha dichiarato.
Il Bundestag discuterà nelle prossime settimane l’istituzione di questo fondo nazionale, con lo scopo di ridurre al minimo gli impedimenti burocratici per l’erogazione dei contributi alle vittime del regime che oggi si trovano in situazioni di ristrettezza economica. Ikea aveva ammesso nel 2012, dopo un’indagine indipendente, di essere stata a conoscenza dell’impiego di prigionieri politici nei siti produttivi della DDR già dal 1978 e al massimo fino al il 1981. L’azienda sostiene di aver sempre disapprovato la pratica e di aver cercato, già prima dell’81, di escludere l’impiego dei lavoratori forzati nei propri impianti produttivi.