Elezioni americane: in Germania i partiti non si sbilanciano
Le elezioni americane del 5 novembre, evidentemente, non sono solo una questione statunitense: in tutto il mondo si guarda con apprensione al confronto tra Donald Trump e Kamala Harris e la Germania non fa eccezione. Il sostegno alla candidata democratica appare nettamente superiore rispetto a quello per l’ex presidente repubblicano, ma le prese di posizione sono assai meno nette di quanto si possa immaginare – soprattutto considerando le opinioni diffuse su Trump e le impressioni derivate dall’unico confronto diretto fra i due candidati. La campagna elettorale americana è seguita con grande interesse, poiché le decisioni del prossimo presidente avranno un impatto significativo sulle relazioni transatlantiche e sulla politica globale.
È proprio per questo che, in Germania, a esprimere opinioni nette sono prevalentemente le forze che hanno la certezza di non dover andare al governo con le prossime elezioni, ovvero quelle i cui leader sanno di non dover rischiare di trovarsi a collaborare con un/a leader al/la quale hanno augurato la sconfitta.
Verdi sulle elezioni americane: l’Europa deve pensare ai propri interessi
Secondo Omid Nouripour, co-leader dei Verdi, da una prospettiva europea non si può non guardare all’opzione più vantaggiosa per la Germania e per l’Unione in generale. Trump, in questo senso, viene visto con preoccupazione per le sue posizioni critiche verso gli alleati europei, in particolare riguardo agli impegni NATO. Le sue dichiarazioni sulla rapida risoluzione dei conflitti in Ucraina e Gaza generano perplessità sulle reali intenzioni. Durante il suo mandato, Trump ha spesso criticato gli alleati europei per non contribuire abbastanza alla difesa comune, mettendo in discussione l’efficacia della NATO e creando tensioni all’interno dell’alleanza. Inoltre, la sua vicinanza di lungo corso a Vladimir Putin lasciano prevedere una sospensione del sostegno all’Ucraina. Assai meno chiaro è quale sia (e se esista) la sua posizione sul Medio Oriente e su come intenda operare per un cessate il fuoco a Gaza, considerando che il partito repubblicano, in blocco, è favorevole al sostegno americano di Israele, che Trump ha sostenuto che Netanyahu debba essere libero di “fare ciò che ha bisogno di fare” e che, a un giorno dalle elezioni, a Tel Aviv sono comparsi grandi banner con lo slogan “Trump, Make Israel Great Again”.
SPD e CDU: chiunque vinca, occorre investire nella difesa
Harris, per contro, è considerata dalla maggior parte dei politici tedeschi più affidabile e meno “instabile”, quindi anche meno passibile di essere controllata da persone più competenti che agiscano nell’ombra, ma anche con lei i rapporti transatlantici potrebbero mutare. L’esperto CDU Norbert Röttgen, per esempio, ritiene che la sicurezza europea non sarà prioritaria per Washington sotto un governo democratico. Il ministro della Difesa Boris Pistorius concorda sulla necessità per l’Europa di assumersi maggiori responsabilità, indipendentemente da chi vincerà. In questo resta coerente con le posizioni che ha sempre espresso: secondo Pistorius, la Germania e gli altri paesi europei devono prepararsi a un futuro in cui gli Stati Uniti potrebbero ridurre il loro impegno militare nel continente, costringendo l’Europa a rafforzare le proprie capacità di difesa e, per farlo, devono investire nei rispettivi eserciti al più presto, considerando anche ipotesi di reintroduzione della leva.
Chi insinuasse che Pistorius porta acqua al mulino del proprio ministero non sarebbe, in questo senso, molto lontano dalla verità: indipendentemente dai suoi convincimenti personali, il politico dell’SPD si può infatti permettere di essere, almeno ufficialmente equidistante dai due candidati e di concludere che, indipendentemente da chi vinca, la Germania e l’Europa hanno tutto l’interesse a diventare più forti.
Da anni si discute di aumentare gli investimenti europei nella difesa, ma i progressi sono stati limitati secondo Nico Lange della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Mancano risorse e competenze a livello UE, mentre in Germania il bilancio per la difesa resta insufficiente. L’obiettivo NATO del 2% del PIL appare a rischio. La Germania ha spesso faticato a raggiungere questo obiettivo, suscitando critiche da parte degli Stati Uniti e di altri alleati. Tuttavia, la crescente instabilità globale e le minacce alla sicurezza europea potrebbero spingere Berlino a rivedere le proprie priorità di spesa.
Economia: tutti contro la Cina, ma è un bene per la Germania?
C’è poi il discorso legato all’economia e, in particolare, ai dazi, dei quali Trump si è sempre detto un grandissimo sostenitore, e alla Cina, contro la quale Trump propone una linea durissima e dalla quale la Germania dipende economicamente. Il programma economico di Harris, per contro, viene discusso assai meno sui media europei, principalmente perché, almeno in campagna elettorale, si è trattato finora di un programma rivolto soprattutto verso l’interno, che mira a convincere l’elettorato americano puntando sulla ristrutturazione del welfare e del programma di tassazione, con lo scopo di bilanciare gli oneri fiscali, alleggerendo la pressione sui ceti medi e sulle fasce di popolazione più povere.
AfD supporta Trump, Sahra Wagenknecht è “felice di non dover scegliere”
Se i partiti dell’arco democratico tentennano nell’appoggiare apertamente Harris, per il timore di doversi trovare poi a negoziare con Trump, dalle fila di AfD arriva netto e senza esitazioni l’appoggio al candidato repubblicano. La leader del partito di ultradestra Alice Weidel sostiene apertamente Donald Trump e si augura la sua vittoria.
Più cauta Sahra Wagenknecht: ci sono pochi dubbi sul fatto che la leader della BSW condivida con l’ex presidente una certa simpatia per Vladimir Putin e il desiderio di tagliare del tutto il supporto militare all’Ucraina, ma, d’altra parte, prendere posizione in modo chiaro a suo favore rischierebbe di collocare il partito irrimediabilmente a destra – il che non sarebbe politicamente saggio, per una formazione che ha riportato risultati eccellenti nelle sue prime sfide elettorali, dirottando voti tanto dai titubanti di AfD quanto dai disillusi di Die Linke e dell’SPD. Per coerenza, non può certo sostenere Harris, la quale ha ribadito il sostegno a Kiev, pur non definendone i termini. Per non scontentare nessuno, quindi, Wagenknecht condanna la posizione di Harris sull’Ucraina, ma si distanzia anche da Trump, definendolo inaffidabile e imprevedibile. A una domanda diretta in materia, ha risposto diplomaticamente che “è felice di non dover votare negli USA” e di non essere costretta a scegliere fra i due candidati.