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Pegida non esiste più. La parabola del movimento anti immigrati che doveva infiammare l’Europa

Vi ricordate di Pegida? Una decina d’anni fa, questo movimento semi-spontaneo sembrava destinato a raccogliere e rappresentare quasi tutte le istanze più care all’estrema destra populista degli ultimi anni: islamofobia, xenofobia, odio verso gli immigrati, soprattutto quelli di provenienza mediorientale e africana, appello costante alle radici “giudaico-cristiane” dei Paesi europei. In altre parole, la rivendicazione orgogliosa di tutte quelle istanze che, nella maggior parte degli ambienti civilizzati, fanno sì che chi le esprime sia tacciato di razzismo. Dopo qualche anno sulla cresta dell’onda, di Pegida non si è più sentito parlare fino alla scorsa settimana, quando il co-fondatore Lutz Bachmann ne ha annunciato l’ultimo raduno e l’inevitabile scioglimento. Che cosa è successo nel frattempo?

La fine di Pegida, a dieci anni dalla nascita

Partiamo dalla fine. Sul canale Telegram dell’organizzazione, che è diventato uno strumento cruciale per la mobilitazione e l’organizzazione delle proteste, Bachmann ha invitato i sostenitori a partecipare alla 250esima e ultima manifestazione, prevista per domenica 20 ottobre nella storica piazza Neumarkt di Dresda – dove si tenne il primo evento, nel 2014, e proprio nell’anniversario di quella data. Alla prima manifestazione avevano partecipato circa 350 persone. A quelle degli “anni d’oro” di Pegida, negli anni successivi, si arrivarono a contare fino a 20.000 partecipanti.

Foto: Someone Not Awful, CC0, via Wikimedia Commons

La decisione di porre fine alle manifestazioni settimanali è stata motivata da una serie di fattori complessi e interconnessi. Tra questi, Bachmann ha citato problemi logistici, che potrebbero includere difficoltà nell’organizzazione e nella gestione delle proteste. Inoltre, Bachmann ha menzionato problemi di salute, ma anche i costi finanziari, che sono diventati insostenibili per il movimento. Questi costi derivano, tra le altre cose, da un procedimento penale a carico dello stesso Bachmann per incitamento all’odio. Ma non è tutto qui: se la difficoltà logistica di organizzare manifestazioni e le spese legali dovute alle accuse di incitamento all’odio fossero motivi sufficienti per sciogliere un movimento, AfD non esisterebbe e Björn Höcke tornerebbe a fare il professore di storia. Il problema di Pegida è che, nel frattempo, è diventato irrilevante presso la base che aveva inizialmente conquistato e che, quindi, non c’è più un supporto ideologico, umano e anche finanziario tale da controbilanciare le difficoltà. Perché? Perché le diverse anime di Pegida hanno trovato nuove “case” politiche, lasciando indietro Bachmann.

Lutz Bachmann: il co-fondatore di Pegida fra guai giudiziari e fughe all’estero

Su Lutz Bachmann bisognerebbe aprire diversi capitoli a parte, prima di arrivare a Pegida. Negli anni ’90, ha collezionato una serie di condanne per aggressione, furto, furto con scasso e spaccio di droga. Nel 1998 è stato condannato a tre anni e otto mesi di carcere dal tribunale distrettuale di Dresda per 16 capi d’accusa di furto con scasso. Poco dopo la condanna, è evaso dal carcere fuggendo in Sudafrica, dove ha vissuto per due anni sotto falso nome. Identificato a causa di un visto non valido, è stato espulso e rimpatriato in Germania, il che gli ha fornito senza dubbio un’esperienza diretta sulle pratiche del rimpatrio che, più avanti, ha invocato ripetutamente. Dopo 14 mesi nel carcere di Dresda, è stato rilasciato prima del termine originale della condanna. Nel 2009, è stato trovato in possesso di quasi un etto di cocaina (40 grammi sulla sua persona, più altri 54 ascrivibili a lui), per cui, nel febbraio 2010, il Tribunale regionale di Dresda lo ha condannato a una pena detentiva sospesa di due anni per due capi d’accusa di traffico illecito di stupefacenti. Infine, nel maggio 2014, Bachmann è stato condannato a una multa dal tribunale distrettuale di Dresda per non aver pagato il mantenimento del figlio per nove mesi.

Foto: Someone Not Awful, CC0, via Wikimedia Commons

Nel 2014, Bachmann ha fondato Pegida, acronimo di “Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes”, ovvero, “Europei Patriottici contro l’Islamizzazione dell’Occidente”. Il movimento organizzava proteste contro le politiche migratorie e di asilo della Germania e dell’Unione Europea. Il movimento è nato in un periodo di crescente tensione politica e sociale in Europa, caratterizzato da un aumento dei flussi migratori e da un dibattito acceso sulle politiche di integrazione e sicurezza. Pegida ha capitalizzato su queste preoccupazioni, attirando un seguito significativo tra coloro che si opponevano (e ancora si oppongono) a quella che percepiscono come un’immigrazione incontrollata e una minaccia alla cultura e ai valori europei. Alla base c’è l’idea che l’arrivo di centinaia di migliaia o milioni di persone con un background culturale, religioso e linguistico diverso da quello del Paese di destinazione sia destinato a “snaturare” la società in senso negativo e che questa considerazione sia preminente rispetto alle condizioni e motivazioni di questi flussi migratori (per esempio, la fuga da territori piagati da conflitti militari, da regimi oppressivi, da catastrofi naturali che minano la sopravvivenza o da situazioni di estrema povertà).

Nel 2021, l’associazione è stata classificata come organizzazione di estrema destra dall’Ufficio per la Protezione della Costituzione della Sassonia.

Ascesa e crollo del movimento

Nel corso degli anni, Pegida ha attirato l’attenzione non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, diventando un simbolo delle tensioni politiche e sociali che attraversano l’Europa. Le manifestazioni a Dresda hanno spesso visto la partecipazione di migliaia di persone, e in alcune occasioni, hanno attirato l’attenzione dei media internazionali. Queste proteste sono state caratterizzate da discorsi infuocati, slogan contro l’immigrazione e l’Islam, e una forte presenza di simboli nazionalisti. Allo stesso tempo, numerosi gruppi e individui, tra cui attivisti per i diritti umani, organizzazioni antirazziste e cittadini comuni, hanno organizzato contromanifestazioni per esprimere il loro dissenso e per promuovere un messaggio di tolleranza e inclusione.

Su quali siano state le cause della dissoluzione di questo movimento si può speculare da prospettive differenti. Fra il 2015 e il 2016, Hans Vorländer, direttore del Centro di ricerca costituzionale e democratica dell’Università tecnica di Dresda, ha collaborato con altri accademici alla stesura di uno studio analitico su questo movimento, che ne sottolineava la natura fondamentalmente revanscista e legata al contesto storico geografico in cui Pegida è nato (Titolo: “Wer geht zu PEGIDA und warum? Eine empirische Untersuchung unter PEGIDA-Demonstranten in Dresden” ovvero “Chi aderisce a PEGIDA e perché? Uno studio empirico tra i manifestanti di PEGIDA a Dresda”). Per esempio, Vorländer nota il ruolo importante giocato dal sentimento di rancore di una parte della popolazione della Germania dell’Est, che si sente marginalizzata rispetto a quella dell’ovest. La sensazione di essere “cittadini di serie B”, le cui esigenze vengono “addirittura” dopo quelle degli immigrati è stato un punto di unione importante per i membri di Pegida come, d’altra parte, lo è oggi nelle campagne elettorali di partiti come AfD.

Sempre secondo lo studio di Vorländer, il profilo del partecipante medio alle “passeggiate serali” di Pegida era quello di un maschio, ateo o non specificamente religioso, con un buon livello di istruzione e un reddito leggermente superiore alla media, proveniente da Dresda o dalla Sassonia, incline a non votare o, meno frequentemente (17%) a votare AfD. D’altra parte, il partito di ultradestra era ben felice di associarsi al movimento, ai suoi esordi. L’allora presidente della sezione di AfD per il Land del Nord Reno-Westfalia Marcus Pretzell definì AfD un “partito Pegida”. anche Alexander Gauland, colonna portante e oggi presidente onorario di AfD, ha definito i sostenitori di Pegida “alleati naturali”. Perfino Björn Höcke ha partecipato agli eventi di Pegida fino al 2023.

Länder Orientali condannato Björn Höcke
Il leader di AfD in Turingia, Björn Höcke, durante l’ultima udienza del suo processo per l’uso di terminologia dell’epoca nazista, presso il tribunale di Halle, il 14 maggio 2024. Foto: EPA-EFE/FILIP SINGER / POOL

La differenza fra i due è che Pegida ha commesso tutti gli errori che AfD ha potuto evitare, forse proprio “prendendo appunti” sulle scelte di Pegida, che è servito da “esempio negativo”, dimostrando come non si porta un movimento estremista a una vera rilevanza numerica nazionale.

Secondo Vorländer, nonostante Pegida sia arrivato ad avere ramificazioni in diversi Paesi europei e perfino in Canada, il “suicidio politico” del movimento è consistito nel radicalizzarsi tanto e nel fare tanto spazio alle proprie istanze più estreme da spaventare la classe media e i potenziali aderenti più moderati. Questo ha determinato un crollo massiccio nelle presenze alle manifestazioni, poiché sempre più persone esitavano ad associarsi e a marciare nelle stesse piazze con personaggi, gruppi e portatori di rivendicazioni che si agitavano pericolosamente vicino all’area neofascista e anticostituzionale. Nel frattempo, le istanze di questa parte della popolazione, che di fatto cercava un’ultradestra “presentabile” e una formula accettabile dal punto di vista parlamentare per esprimere il rifiuto culturale, religioso e sociale degli immigrati e l’aspirazione a un ordinamento iper-tradizionalista della società, ha trovato “casa” presso AfD.

Bachmann, l’immigrato indesiderato

Bachmann ha sempre mantenuto la propria influenza, impedendo a Pegida di essere “fagocitato” da altri gruppi, ma non ha potuto evitare che la sua base di sostenitori fosse “inglobata” dall’elettorato di AfD.

Nel 2016, Lutz Bachmann è stato condannato per incitamento all’odio, e ha deciso di tornare a essere un immigrato: ha abbandonato la sua residenza a Kesselsdorf, vicino a Dresda, per trasferirsi con la moglie sull’isola spagnola di Tenerife, dove il parlamento locale lo ha dichiarato “persona non grata” appena due mesi dopo. Non ci sono notizie ufficiali sulla sua residenza attuale.

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