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Improvvisazione Teatrale in italiano a Berlino: impariamo a giocare “sul serio”

Quando ci si trasferisce in un Paese straniero, una delle prime cose delle quali si sente la mancanza è il dominio della lingua. Sappiamo parlare, specialmente all’inizio, con fatica e solo per esprimere necessità, per portare a termine attività quotidiane. Le interazioni rischiano di ridursi alla loro funzione, mentre la gioia della comunicazione, il divertimento che proviamo nel giocare con le parole si perde. E poi arrivano idee come quella di Luca Rizzuti a ricordarci che la comunicazione è gioia, è sorpresa, è avventura. Forse per questo, quando parlate con chi ha frequentato il suo laboratorio di improvvisazione teatrale, vi capiterà di sentire ribadire più volte un concetto molto importante: “è un’esperienza fatta per noi, ne abbiamo bisogno, ci arricchisce nella vita”. E quel “noi” siamo proprio “noi”, noi che viviamo a Berlino e che veniamo dall’Italia… ma non solo.

Con Luca abbiamo parlato di Berlino Italia, il suo corso di improvvisazione teatrale in italiano, che esiste ormai da sette anni e che porta sui palchi berlinesi spettacoli sorprendenti, spesso in più lingue. Al momento, sono aperte le iscrizioni per il corso per principianti, che si tiene ogni lunedì dalle 19:30 alle 22:00 nel teatro di Hotel Continental – Art Space in Exile. in Elsenstraße 87 – 12435. Per iscriversi o per richiedere informazioni, vi consigliamo di scrivere a berlinoitaliaimprov@gmail.com.

Il prezzo? Massimo 20 Euro a lezione. “Massimo”, perché è possibile parlarne insieme: quello del laboratorio di Berlino Italia è un percorso che inizia quando se ne sente il bisogno e può non finire mai. L’obiettivo è comunicare, condividere emozioni. Tutto il resto si costruisce a partire da qui. 

Raccontaci la tua storia: come nasce il laboratorio di improvvisazione in italiano?

Prima di lasciare Roma, nel 2016, facevo già da molti anni improvvisazione quasi ogni giorno. Appena arrivato a Berlino mi sono iscritto subito a un corso e li ho conosciuto il mio amico Gonzalo che aveva fondato un paio di anni prima la scuola di Impro in spagnolo e lì mi è venuta l’idea. “Se funziona in spagnolo lo possiamo fare anche in italiano”, mi sono detto. Ho cercato, tramite la mia rete di contatti, se ci fosse qualche italiano a Berlino con un po’ di esperienza e ho trovato Michela, Federica e Filippo. Abbiamo cominciato andando a fare volantinaggio al concerto di Elio e le storie tese per promuovere la prima lezione di prova. Era l’inizio di marzo del 2017. Qualche mese dopo abbiamo fatto il nostro primo spettacolo in un posto molto bello che purtroppo non esiste più, il Wale Cafe. Da allora non ci siamo più fermati, i laboratori, nel frattempo, sono diventati tre e facciamo spettacoli almeno una volta al mese in teatro.

Che cosa ti ha attratto per la prima volta verso questo tipo di teatro?

Quello che mi ha colpito di più è il divertimento in scena. La prima volta che ho visto uno spettacolo di improvvisazione sono rimasto folgorato. Quello che facevano gli attori mi sembrava avere qualcosa di magico, sembravano avere i superpoteri e mi sono divertito tantissimo. Io venivo dalla musica, improvvisavo con la chitarra, vedere come fosse possibile fare teatro senza un testo scritto è stato sorprendente e me ne sono innamorato all’istante.

Parlando con chi ha fatto il tuo corso ricorre un concetto: l’improvvisazione teatrale ti cambia il modo di vedere le cose e ti fa crescere, soprattutto se sei un expat, se vivi lontano da casa. Perché? In che modo l’esperienza del teatro improvvisato si lega a quella dell’emigrazione?

Un aspetto fondamentale dell’improvvisazione è la fiducia nelle compagne e compagni di scena. Questa fiducia si costruisce a lezione, dove molto di quello che facciamo viene utilizzato in altri ambiti per consolidare e rafforzare il lavoro di squadra.

Molte delle competenze che sviluppiamo a lezione si rivelano poi utili anche in altri contesti, come quello lavorativo, la gestione dell’ansia, la capacità di lavorare in squadra e di saper parlare in pubblico.  

In particolare, gli espatriati sono spesso “orfani” delle loro rispettive comitive e l’esigenza di tornare a sentirsi parte di un gruppo affiatato di amici trova soddisfazione nel lavoro di fiducia e supporto che trovano a lezione. Lontani dalla famiglia e dai loro gruppi di amici abituali, trovano un’opportunità per sentirsi di nuovo “a casa” e parte di un gruppo unito, in una grande metropoli come Berlino.

Lasciarsi andare, esporsi al rischio di sbagliare, fallire insieme e riprovare, giocare in modo serio con le nostre emozioni e la nostra creatività dà vita in poco tempo a un legame di amicizia molto forte che altrimenti richiederebbe anni per formarsi.

Il tuo laboratorio è in italiano, ma sul palco si incontrano persone che parlano lingue diverse. Come si lavora insieme sull’improvvisazione, se non si parla la stessa lingua?

Berlino è l’unica città al mondo in cui si trovano scuole di improvvisazione in così tante lingue. Gli improvvisatori hanno la tendenza ad attrarsi tra loro, a sperimentare cose che a chi ne è fuori potrebbero sembrare folli. Abbiamo iniziato il percorso di sperimentazione di spettacoli multi lingua insieme alla scuola spagnola ES Impro. Abbiamo fatto sei o sette volte lo spettacolo “Giochiamo Juntos“. In quel caso noi si parla italiano, loro spagnolo, e si fa in modo di capirci, non è difficile anche perché le due lingue si somigliano molto.  

Negli spettacoli a più lingue, molto diverse tra loro, si fa affidamento sulla capacità degli attori di farsi capire tenendo conto che noi si studia, tra le altre cose, il Grammelot (una lingua inventata). Abbiamo inventato uno spettacolo in cui i personaggi parlano lingue diverse ma ogni tanto “escono dal personaggio” e recitano il loro ruolo di attore. I personaggi interagiscono con il pubblico o riflettono tra loro sulla propria natura di personaggi e possono mettere in discussione la trama parlando in inglese, che è un po’ la lingua comune in ambito internazionale, in un modo molto ispirato al meta-teatro. In questo modo, uno spettacolo in tante lingue può essere godibile anche da chi quelle lingue non le conosce.

Comunicare è spesso la grande sfida per noi italiani all’estero. Si comunica diversamente, se si impara a “improvvisare”?

Imparare a comunicare è una sfida importante anche per chi parla la stessa lingua, molto spesso le persone parlano ma non comunicano. Quando sono abbastanza educate da non interrompere l’interlocutore, aspettano che questi finisca di parlare per dire la propria. Anche chi pensa di non rientrare in questo quadro ha spesso problemi a comunicare efficacemente. Se non si impara a comunicare in modo completo, non è possibile divertirsi e giocare insieme. Giocando, impariamo ad osservare e a valorizzare non solo quello che fa o dice chi è con noi in scena, ma soprattutto come lo fa, come lo dice. 

Il linguaggio del corpo e il tono della voce, le pause, le fasi della comunicazione, soprattutto quella non verbale. Ci concentriamo non più su quello che dobbiamo  dire noi, ma sul valorizzare quello che dice e che fa l’altro, ci prendiamo cura gli uni degli altri mentre comunichiamo. Non abbiamo bisogno di usare le nostre energie per difendere o far valere il nostro lato della comunicazione, perché a quello ci pensa chi è in scena con noi, a noi tocca “solo” prenderci cura del compagno e valorizzare quello che fa e dice. La cosa per noi più importante e che alleniamo di più è l’ascolto e, mentre comunicare o mettersi in relazione con qualcuno che sappia ascoltare è ovviamente meglio, comunicare con qualcuno che non solo sa ascoltare, ma l’ascolto lo studia e ne fa un punto fondamentale dell’interazione tra umani è tutta un’altra storia.

Il tuo laboratorio è permanente, non segue la struttura classica del corso che procede per “livelli” e si traduce in “saggi”. Qual è il tuo obiettivo? Dove porta il tuo viaggio e quello di chi segue il corso?

L’obiettivo di base è il divertimento, a lezione soprattutto si ride. Creare un ambiente in cui ci si senta al sicuro e ci si lasci andare a giocare seriamente. Per molti versi, l’improvvisazione somiglia più a uno sport che a una disciplina artistica. Noi non facciamo le prove: noi ci alleniamo. È una specie di palestra dove si allena un altro tipo di muscoli. Sta al singolo capire cosa fare delle nuove capacità che sviluppa al laboratorio. 

Il mio personale obiettivo è formare bravi improvvisatori, il viaggio porta in teatro, in scena a fare spettacoli senza copione, spesso senza prove specifiche.

Spettacoli di qualità che valgano il prezzo del biglietto: per fare questo bisogna essere improvvisatori preparati ed allenati.

Le persone hanno la possibilità di andare in scena, ma non sono mai spinte a farlo, in generale nessuno mai è messo in condizione di fare qualcosa se non ha voglia di farla.

Non sappiamo dove porti il viaggio di chi segue il laboratorio, perché è improvvisato, sappiamo da dove parte, dalla prima lezione, ma non dove va a finire. In alcuni casi si interrompe presto, in altri è un viaggio che non finisce mai.

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