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Germania, fuga degli investitori e reputazione in calo: è crisi economica?

La Germania sta attraversando una crisi economica che ne starebbe minando fortemente la reputazione internazionale. Non sarebbe più, insomma, quella “locomotiva” con cui eravamo soliti confrontarci in passato.

Per il secondo anno, di fila, infatti, il Paese si ritrova ad attraversare una recessione e quest’anno la produzione economica sembrerebbe scesa dello 0,2%.

Un recente studio fotografa la crisi economica tedesca

A giugno avevano attirato molte polemiche le parole del CEO della borsa tedesca, Theodor Weimer, che aveva parlato della Germania addirittura come “sulla buona strada per diventare un Paese in via di sviluppo” e che aveva aggiunto che “la nostra reputazione nel mondo non è mai stata così negativa come ora”. A quattro mesi di distanza, un recente studio della Camera di Commercio e dell’Industria tedesca (DIHK) sembra confermare ulteriormente la crisi, registrando il fatto che negli ultimi cinque anni la reputazione della Germania come sede d’affari internazionale sia peggiorata notevolmente.

Il quotidiano Berliner Zeitung ha presentato i risultati al Ministero dell’Economia e sembrerebbero confermare il fatto Berlino non sia più considerata una meta di elezione per gli affari.

Il sondaggio, a cui hanno partecipato oltre 1.250 aziende nel mondo, ha rivelato infatti che quasi la metà delle imprese (48%) ritiene che l’immagine della Germania sia peggiorata (35%) o addirittura notevolmente peggiorata (13%).

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Il ministro dell’economia, Robert Habeck, gennaio 2022. Photo credits: EPA-EFE/CLEMENS BILAN

Germania ostile alle imprese e in calo anche nell’innovazione?

Secondo Volker Treier, responsabile del commercio estero del DIHK, questi dati dovrebbero spingere l’esecutivo a concentrarsi nuovamente sull’obiettivo di rendere la Germania attraente come sede commerciale. Più di un terzo delle aziende giudica infatti la Germania mediocre, da questo punto di vista, e oltre un quarto la considera addirittura ostile alle imprese, fatto che Treier considera decisamente allarmante.

Anche l’innovazione, cruciale per mantenere la competitività in un mercato globale sempre più dinamico e tecnologicamente avanzato e tradizionalmente considerata un punto di forza della Germania, non sarebbe più sostenuta a dovere. Sebbene il 46% delle aziende interpellate abbia espresso un giudizio positivo su questo aspetto, infatti, un quinto dubita che il Paese sia sufficientemente favorevole all’innovazione. Inoltre, solo il 43% delle imprese consiglia di investire in Germania, mentre il 32% rimane neutrale e un quarto addirittura lo sconsiglia.

Fuga degli investitori e della manodopera anche sul suolo tedesco

L’economista Gunther Schnabl dell’Università di Lipsia concorda sul fatto che la Germania sia meno attraente che in passato, come luogo di produzione e meta per gli investitori, citando come cause l’aumento delle normative e della burocrazia e l’incremento dei prezzi dell’energia. Secondo Schnabl, è ancora più grave il fatto che le stesse aziende tedesche preferiscano investire all’estero, ad esempio in Polonia o negli Stati Uniti, determinando una fuga di capitali e di manodopera qualificata.

“Ho l’impressione che negli ultimi anni la Germania si sia distinta soprattutto per l’alto livello di sicurezza sociale, per l’enfasi sempre maggiore sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, per l’elevata pressione fiscale e per i notevoli sussidi” è il commento di Schnabl.

Patrik-Ludwig Hantzsch, responsabile della ricerca economica per l’agenzia di credito Creditreform, afferma inoltre che la Germania avrebbe perso fiducia tra gli investitori e le aziende a causa di una politica economica “imprevedibile” e quindi incapace di garantire sicurezza agli operatori del mercato. Specie dopo le crisi congiunturali e internazionali degli ultimi anni.

Hantzsch sottolinea inoltre che la Germania, che non dispone di materie prime degne di nota, è particolarmente dipendente dall’innovazione interna e dagli investimenti esteri e non può di conseguenza permettersi di recedere su questo terreno.

La soluzione? Il punto di vista di Hantzsch è tipicamente “imprenditoriale” e cioè legato alla richiesta di una riforma del mercato del lavoro incentrata su incentivi a lavorare di più e più a lungo, a un rafforzamento della concorrenza tra le aziende, attuata riducendo le sovvenzioni, alla richiesta di “prezzi e salari liberi” e a un rafforzamento della libertà contrattuale. Sempre per Hantzsch, si dovrebbero inoltre ridurre le pressione fiscale e la burocrazia, mentre le grandi imprese e le banche non dovrebbero poter contare sugli aiuti di Stato in tempo di crisi. Il governo dovrebbe infine rivedere la sua politica energetica. Solo queste riforme, secondo l’esponente di Creditreform, potrebbero contribuire a creare un ambiente più favorevole per le imprese e a stimolare una nuova crescita economica tedesca.

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