L’ecofemminismo di Gotelind Alber: le politiche climatiche devono essere anche sociali
Gotelind Alber è esperta e consulente in materia di energia sostenibile e politiche climatiche, con particolare attenzione alle questioni di genere. È cofondatrice e membro del consiglio di amministrazione della rete globale GenderCC – Women for Climate Justice, che si occupa di integrare la giustizia di genere nella politica climatica.
Il 17 ottobre 2024, dalle 18:00 alle 20:00, presso la WeiberWirtschaft eG (Anklamer Straße 38, 10115 Berlino) interverrà nell’ambito del quinto evento del progetto “CERV EPF – Europa, Plurale, Femminile”. L’incontro si concentrerà sul tema “Donne e cambiamento climatico – Prospettive per genere, ambiente e sviluppo (economico) sostenibile”. Si parlerà di ecofemminismo e del suo impatto sulla società contemporanea e su come il cambiamento climatico influisca sull’accesso delle donne alle risorse e sulla loro partecipazione all’interno della società.
Oltre a Gotelind Alber, interverranno anche la Dr.ssa Clara Mavellia, Gudrun Laufer, e Mariagrazia Riccio. La moderazione sarà a cura di Annika Backe. Di seguito la nostra intervista a Gotelind Alber.
Com’è nato il suo interesse per il clima e la parità di genere?
Ho sempre avuto interesse per il tema della parità di genere e ho lavorato per alcuni anni nel settore energetico. Anche lì ho notato che le donne erano sotto-rappresentate e ho lottato per colmare il gap, per esempio ho anche co-fondato una rete di donne. Questo accadeva 25 anni fa e da allora mi sono interessata sempre di più alla politica climatica, realizzando che la questione della parità di genere non veniva affatto considerata. Ho iniziato quindi a collaborare con altre persone interessate per raggiungere questo obiettivo: integrare la parità di genere nella politica climatica.
Sostenibilità e parità di genere sono collegate, quindi?
Sì, la sostenibilità è collegata alla parità di genere. Tutti gli aspetti della politica climatica e delle politiche di sostenibilità hanno anche una dimensione legate al genere, per esempio in rapporto alle cause del cambiamento climatico. Gli uomini, per esempio, tendono a contribuire di più al problema e le donne sono spesso più colpite, quindi la questione riguarda anche la vulnerabilità delle rispettive categorie. Se non si tiene conto di questo, la politica climatica può addirittura aumentare le disuguaglianze.
Un punto di vista molto interessante
Quando parlo di sostenibilità mi riferisco a qualcosa che va oltre la semplice politica climatica, intendo cioè parlare anche di una dimensione sociale. E la politica sociale deve naturalmente includere la parità di genere. Da questo punto di vista, credo che non si possano realmente separare le due questioni.
Per lei le innovazioni sociali sono influenti quanto quelle tecnologiche. Puoi farci un esempio?
Sì, nel settore dell’energia, ad esempio, un’innovazione sociale importante è rappresentata dalle cooperative energetiche cittadine. Si tratta di associazioni di persone che investono insieme nelle energie rinnovabili. Anche persone con meno risorse economiche possono partecipare. E queste comunità hanno svolto un grande ruolo, in Germania, nello sviluppo delle energie rinnovabili.
Un altro esempio che mi viene in mente è quello del baratto o del noleggio invece dell’acquisto, o della pratica del riparare, invece di comprare nuovi prodotti. Ciò significa che non devo possedere tutto personalmente. Per esempio, i Repair Cafés stanno diventando una tendenza: non getto via tutto subito, ma guardo come posso, magari insieme ad altri, riparare qualcosa. Dove siamo come società in termini di consapevolezza e impegno, in entrambi i campi?
Cioè sia nelle politiche di sostenibilità che nella parità di genere?
Sì, esattamente. Direi che molti sono ancora all’inizio, in termini di consapevolezza, specialmente riguardo alla sostenibilità. In questo senso penso che siamo solo all’inizio.
Sì, sono d’accordo
Credo che questo sia anche collegato alla politica. Per esempio, si è a lungo detto “risolveremo i problemi con le innovazioni tecnologiche”. E ora vediamo che se gli aspetti sociali non vengono considerati, la tecnologia non basta. In secondo luogo, se non si tiene conto del livello di consumo di beni, energia, abitazioni o della grandezza delle auto, non andremo lontani come dovremmo.
Come può essere implementata una politica di sostenibilità e parità di genere, sia a livello locale che internazionale?
Penso che si debbano fare più passi. Primo, la parità di genere deve essere inclusa negli obiettivi. Quello che spesso manca è la competenza in materia di genere, l'”expertise” di genere. In questa direzione, la formazione di competenze, l’istruzione e il coinvolgimento di esperti esterni sono importanti. Poi, come abbiamo detto, la politica di sostenibilità non è solo politica tecnologica, ma anche politica sociale.
Inoltre, e questo, nella nostra prospettiva, è uno strumento chiave, andrebbe effettuato un “controllo di genere” su tutte le decisioni politiche che vengono attuate. Noi lo chiamiamo “Valutazione dell’Impatto di Genere”. Prima che una misura politica venga attuata, bisognerebbe cioè chiedersi: ha svantaggi per la parità di genere? E come posso ridefinirla in modo che possa non solo creare svantaggi, ma addirittura portare a una maggiore giustizia di genere? E poi, naturalmente, un altro aspetto importante è la politica di promozione, che deve essere anch’essa adeguatamente strutturata. E ciò che considero importante è non pensare solo ai prossimi passi, ma cercare di vedere più lontano. Abbiamo bisogno di una grande trasformazione. E deve essere sociale e societaria, oltre che tecnologica.