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Lana arcobaleno e pecore gay: fa discutere la nuova campagna pubblicitaria con Bill Kaulitz

Una nuova campagna tedesca sta pubblicizzando lana ottenuta solo da “pecore gay” ed è recentemente diventata oggetto di dibattito, come del resto è prevedibile, in questi casi. Il testimonial è Bill Kaulitz, il cantante dei Tokio Hotel.

L’iniziativa dell’azienda, che si chiama Rainbow Wool, mira a raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla discriminazione perpetrata ai danni delle persone omosessuali in molti Paesi. Per questo, la Rainbow Wool ha deciso di collaborare con l’associazione LSVD+, che tutela i diritti della comunità LGBTQIA+ a livello nazionale e internazionale.

Essere omosessuali è “innaturale”? Arriva il primo tessuto realizzato con lana di “pecore gay”

“Vogliamo raccogliere fondi e attirare l’attenzione sul fatto che l’essere queer è ancora visto come ‘innaturale’, discriminato e perseguitato in molti Paesi. Per questo collaboriamo con la LSVD+” ha dichiarato l’azienda. La campagna, che sarà lanciata questa settimana, è pubblicizzata con lo slogan: “Rainbow Wool – il primo tessuto realizzato con la lana di pecore gay“.

Questa operazione si lega al fatto che una percentuale di pecore, come del resto anche altri animali, manifesta comportamenti “omosessuali e bisessuali”. Questi esemplari, considerati non funzionali alla riproduzione, verrebbero spesso abbattuti. L’azienda ha quindi deciso di produrre una linea di abbigliamento utilizzando solo la lana di questi particolari montoni. Il filato proviene dalla fattoria del pastore Michael Stücke, membro dell’Associazione degli agricoltori gay, ed è realizzato con la lana di “oltre 20 pecore gay” della sua fattoria di Löhne, in Nord Reno-Westfalia.

Come valutare la campagna? Iniziativa efficace o autogol?

La realizzazione di questa specifica campagna, tuttavia, potrebbe alimentare alcune perplessità e i media ne stanno già discutendo. Intanto, i concetti di “omosessualità” o “bisessualità” sono frutto della cultura, più che della natura, perché includono anche valutazioni intellettuali ed emotive proprie della specie umana. In altre parole, gli animali non sono “omosessuali” come gli esseri umani e anche se è chiaro l’intento provocatorio dell’operazione (contestare chi definisce l’omosessualità “innaturale”), accostare i due mondi potrebbe risultare fuorviante.

L’accostamento tra omosessualità umana e comportamenti animali, inoltre, potrebbe inoltre risultare non gradita a chi la interpretasse come la riduzione di una dimensione relazionale a una dinamica prevalentemente istintiva. C’è inoltre chi ritiene che scendere sullo stesso terreno di chi invoca “la natura” a sostegno delle sue posizioni discriminatorie sia un errore dialettico, considerando che l’uomo fa parte della natura, ma se ne è sempre anche discostato, muovendosi su una dimensione diversa. Più che provare che l’omosessualità è “secondo natura”, insomma, si dovrebbero percorrere altre strade, per contestare gli omofobi.

C’è poi un discorso animalista legato allo sfruttamento degli animali, sia con fini pubblicitari o anche etici, come in questo caso, sia per fare in modo che gli esseri umani mangino, vestano e vivano una vita piena di comodità che spesso gli animali garantiscono a loro spese, senza che si tenga conto del loro benessere. In questo senso si potrebbero chiedere garanzie o spiegazioni sull’intera industria della lana e su come tratta le pecore coinvolte, gay o meno.

Insomma, campagna innovativa per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema o trovata pubblicitaria poco efficace? Non mancano sicuramente i temi di cui discutere, ma sicuramente se ne discuterà.

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