Scambio di prigionieri tra Russia e Occidente: una “scelta amara” per la Germania
Lo scambio di prigionieri che si è tenuto fra la Russia e l’occidente giovedì è il più grande e significativo dalla guerra fredda e la Germania è stato uno dei Paesi maggiormente coinvolti. All’indomani dell’arrivo degli ex-prigionieri nei rispettivi Paesi di origine, però, molte delle considerazioni che vengono fatte su questa operazione hanno un retrogusto amaro.
Si è trattato, naturalmente, di un’operazione lunga e delicatissima, che ha visto negoziati estremamente approfonditi fra Russia, Bielorussia, Stati Uniti, Germania e diversi servizi segreti internazionale. Il risultato è stata la liberazione di un totale di 26 persone. Dieci prigionieri, di cui due minorenni, sono stati trasferiti in Russia, 13 prigionieri in Germania e 3 prigionieri negli Usa.
I 13 detenuti diretti in Germania sono già arrivati all’aeroporto di Colonia/Bonn, dove sono stati accolti dal Cancelliere Olaf Scholz, che ha espresso il suo sollievo e la sua gratitudine per il lieto fine di un’operazione tanto complessa.
Lo scambio di prigionieri più grande dopo la Guerra Fredda
L’operazione, che ha visto una significativa partecipazione dei servizi segreti turchi del MIT, prevedeva lo scambio di prigionieri politici e oppositori del Cremlino con un condannato per omicidio e alcuni detenuti per spionaggio a favore della Russia in Occidente. Il più “illustre” e conteso dei prigionieri di nazionalità russa si trovava proprio in un carcere tedesco: si tratta di Vadim Krasikov, noto come l’assassino di Tiergarten. La Russia, per contro, ha rilasciato il giornalista americano Evan Gershkovich e alcuni oppositori del Cremlino come Vladimir Kara-Mursa e Ilya Yashin, figure di spicco nella lotta per i diritti civili e la democrazia in Russia.
Tra i cittadini tedeschi liberati ci sono anche Rico Krieger, inizialmente condannato a morte in Bielorussia per accuse di terrorismo e poi graziato, e Patrick Schobel, arrestato in Russia per possesso di orsetti gommosi alla cannabis.
Anche il presidente russo Vladimir Putin ha accolto personalmente i connazionali rilasciati, promettendo loro onorificenze di Stato e sottolineando il loro “patriottismo” e la “sofferenza ingiusta” subita. Fra questi, oltre a Krasikov, ci sono Artem Dultsev e Anna Dultseva con i loro figli. La coppia, che utilizzava passaporti argentini, era stata condannata per spionaggio in Slovenia.
Negli Stati Uniti, il Presidente Joe Biden e la Vicepresidente e candidata alle prossime presidenziali Kamala Harris hanno ricevuto i tre americani liberati in un aeroporto militare vicino a Washington.
La “decisione amara” della Germania: liberare l’assassino di Tiergarten
La decisione più difficile, per la Germania, è stata evidentemente quella di rilasciare Krasikov. La scelta, inevitabilmente, ha suscitato perplessità sia in Germania che all’estero. Se, da un lato, si esprime gioia per la liberazione dei prigionieri politici, dall’altro, Scholz ha ammesso la difficoltà della scelta, presa dopo un’attenta valutazione e con il consenso dell’opposizione politica tedesca. Il ministro della Giustizia Marco Buschmann (FDP) ha parlato di una “concessione particolarmente amara”, necessaria per la libertà dei detenuti e per salvaguardare vite umane. Krasikov era stato condannato per aver freddato, nel 2019, il ceceno di etnia georgiana Zelimkhan Khangoshvili (che usava all’epoca lo pseudonimo di Tornike), un ex comandante di plotone della Repubblica cecena di Ichkeria nonché volontario durante la Seconda guerra cecena e ufficiale militare georgiano durante la Guerra russo-georgiana del 2008, considerato un nemico del Cremlino. Putin ha elogiato pubblicamente Krasikov per l’omicidio di Khangoshvili, che ha definito una “bestia assetata di sangue”. I parenti della vittima si sono detti sconvolti dalla scelta, per quanto felici per la vita salvata grazie allo scambio.
Il presidente americano Biden ha lodato Scholz per la decisione, ringraziando anche gli altri alleati coinvolti nello scambio. L’operazione, che ha coinvolto sette aerei, è stata organizzata dal servizio segreto turco MIT e ha riguardato prigionieri detenuti anche in Polonia, Slovenia, Norvegia e Bielorussia.
Lo scambio doveva includere anche Navalny
Inizialmente, gli Stati Uniti avevano cercato di includere nello scambio anche l’oppositore di Putin Alexei Navalny, morto però durante la detenzione, prima che l’accordo si concretizzasse.
In Russia, diversi prigionieri politici erano stati trasferiti a Mosca prima dell’annuncio dello scambio, tra cui l’attivista per i diritti umani Oleg Orlov e l’artista Alexandra Skochilenko, oppositori della guerra in Ucraina condannati a lunghe pene detentive. Putin ha graziato 13 prigionieri rilasciati, tra cui il reporter americano Gershkovich, l’ex marine Paul Whelan e i russo-tedeschi Kevin Lick e Dieter Voronin, accusati di spionaggio.
Il primo ministro britannico Keir Starmer ha accolto con favore il rilascio dei prigionieri, in particolare del giornalista anglo-russo Kara-Mursa, uno dei più duri critici di Putin. Mursa era stato condannato a 25 anni di carcere con l’accusa di tradimento per aver criticato apertamente la guerra in Ucraina. In passato, è stato anche candidato al Parlamento russo e ha ricoperto il ruolo di vice leader del Partito della Libertà Popolare.
Fra i prigionieri rilasciati, il leader dello stesso partito, Ilya Yashin, che stava scontando una condanna a otto anni e mezzo di carcere con accuse simili a quelle di Kara-Mursa.
Un precedente pericoloso?
Amnesty International, pur elogiando lo scambio di prigionieri ed esprimendo soddisfazione per la liberazione dei detenuti politici, ha messo in guardia dalle conseguenze di simili accordi, accusando Putin di strumentalizzare la legge per i propri interessi e usare i prigionieri politici come merce di scambio. L’organizzazione per i diritti umani ha sottolineato che tali pratiche possono creare un pericoloso precedente e incoraggiare la detenzione di cittadini stranieri come leva negoziale.
Diversi commentatori politici si sono espressi in termini simili. Per esempio, in un editoriale sul Tagesspiegel, il corrispondente diplomatico Christoph von Marschall esprime apertamente la preoccupazione che “dittatori come Putin” possano sentirsi “incoraggiati a prendere ostaggi in qualsiasi momento” e sottolineando come la Germania abbia “pagato il prezzo della propria alleanza con gli USA”.