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Radio Glasnost – Fuori Controllo: la radio dell’ovest che contrastava la DDR

In Italia, quando pensiamo alle “radio libere”, ci vengono in mente scenari romantici e ribelli e tutta quella scena culturale giovanile che, negli anni ’70 e ’80, si legava alla lotta politica, ma anche alla contrapposizione fra la musica nazional-popolare e il cantautorato o il rock internazionale. Lo stesso concetto, in Germania e soprattutto a Berlino, assumeva una colorazione diversa. A Berlino Est, in particolare, il problema delle radio c’era davvero: ai cittadini della DDR non era concesso ascoltare quelle occidentali e la battaglia delle antenne e delle frequenze da un lato all’altro del muro era una questione tutt’altro che semplice: entrambi i Paesi cercavano di raggiungere il pubblico dell’est. La DDR lo faceva per assicurarsi il controllo di tutte le informazioni e gli intrattenimenti culturali ai quali la propria popolazione aveva accesso, la Repubblica Federale per stimolare la ribellione interna nel costante braccio di ferro fra i due blocchi. In questo scenario, per esempio, era nato il progetto della Torre della Televisione a Berlino Est, mentre a ovest, il 31 agosto 1987, fu mandata in onda la prima trasmissione regolare di “Radio Glasnost – Fuori controllo”. 

Gli esordi di Radio Glasnost

La conduttrice Ilona Marenbach, che più avanti sarebbe diventata una figura di punta della RBB, inaugurò un progetto radiofonico unico nel suo genere, che avrebbe avuto un impatto significativo sulla società della DDR e che si poneva l’ambizioso obiettivo di diffondere nella Germania Est informazioni non filtrate dalla SED (il partito socialista unitario della Germania Orientale).

Dalla sicurezza di Berlino Ovest, questa emittente diretta da Roland Jahn, giornalista e attivista per i diritti civili, forniva ai radioascoltatori di Berlino Est musica e informazioni che sfidavano il sistema di trasmissioni controllato della DDR. La radio aveva una portata limitata e operava in un ambiente di segretezza e non privo di rischi. Per Jahn era una questione personale: il giornalista era stato esiliato dalla DDR nel 1983 dopo essere stato arrestato e detenuto per le sue attività di opposizione. Radio Glasnost era “ospite” delle frequenze di Radio 100, la prima radio privata di Berlino.

Lo studio di Radio 100. Foto: See page for author, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

“Vedere cosa succede fuori” era il motto di questa radio, che si proponeva di aprire una finestra sul mondo per coloro che vivevano dietro la Cortina di Ferro. La portata della radio era limitata, ma, negli ambienti dell’opposizione clandestina al governo della Germania Est, ogni brandello di informazione esterna era prezioso. L’obiettivo dichiarato era dare voce a coloro che non potevano esprimersi nei media ufficiali della DDR, offrendo una piattaforma per l’informazione e il dibattito. Attraverso una rete segreta di corrieri e contatti con l’opposizione, Radio Glasnost trasmetteva materiale critico prodotto all’est, che raggiungeva l’Ovest aggirando la Stasi, la temuta polizia segreta della DDR, nonché interviste e resoconti degli eventi che non sarebbero mai stati inseriti nei notiziari ufficiali approvati dalla SED.

Dissidenti, informazioni proibite e musica illegale

I temi affrontati erano i più vari e spesso toccavano argomenti sensibili che non passavano fra le maglie strettissime della censura di regime. Si parlava dei piani di riforma e delle richieste di democratizzazione, delle difficoltà delle comunità religiose, degli abusi nelle carceri, e di come la popolazione cercasse di resistere e di opporsi alle restrizioni imposte dal governo. Si discuteva anche di ecologia, energia nucleare, di inquinamento – e, se ci sembra strano pensare che anche all’epoca si trattassero questi temi, vale la pena ricordare che in quegli anni si consumò il disastro di Chernobyl. La radio affrontava anche il problema dell’estremismo di destra tra i giovani, un tema ignorato dai media ufficiali ma che rappresentava una fonte crescente di preoccupazione per la società. 

Fra i collaboratori, sia formali che informali, c’erano numerosi dissidenti della DDR, noti e sconosciuti, che non avrebbero mai avuto la possibilità di far passare un testo o un’opinione sui media ufficiali del proprio Paese. La radio non solo trasmetteva notizie e opinioni, ma anche musica occidentale, che era vista come simbolo di libertà e di un mondo al di là del muro di Berlino. Questa musica, spesso bandita o fortemente limitata nella DDR, diventava un veicolo di speranza e di connessione con culture e idee diverse. Veniva trasmessa anche musica della DDR, soprattutto quella proveniente dalla scena rock e indipendente semi-legale che si era sviluppata sotto il socialismo reale.

C’erano poi contenuti “di servizio” di importanza fondamentale, come i resoconti di manifestazioni e raduni e delle azioni repressive. Quando si verificavano violente operazioni delle forze di sicurezza contro chi partecipava a manifestazioni di protesta, per esempio Radio Glasnost leggeva i nomi degli arrestati o i comunicati di protesta dei gruppi che erano oggetto di repressione.

Un percorso accidentato

Le difficoltà di un progetto come quello di Radio Glasnost non riguardavano solo l’aspetto tecnico e logistico: la comunicazione fra due Paesi ai lati opposti della cortina di ferro era difficile per diversi motivi. Certo, c’erano il rischio e la difficoltà di far recapitare all’ovest i materiali che venivano dall’est, come interviste e “reportage”, ma era anche difficile per gli editori verificarne l’autenticità. Inoltre, non era sempre detto che gli argomenti fossero facili da affrontare, neppure all’ovest. Per esempio, fra le forze che si opponevano al regime della DDR c’erano i circoli ecclesiastici e uno dei temi che questi collaboratori chiedevano di trattare era la regolamentazione poco rigorosa degli aborti nella DDR. 

In qualche caso era anche una questione di qualità dei contenuti: chi produceva il materiale a est spesso aveva mezzi e competenze limitati e il risultato era scarsamente radiofonico, persino amatoriale al punto da limitarne la fruibilità. Per contro, tagliare un contributo troppo lungo per renderlo più “radiofonico” causava incomprensioni e scontento negli autori, poiché, per ovvi motivi, la redazione non poteva consultarli prima della messa in onda per discutere di eventuali modifiche.

La dirigenza del SED, il partito unico al potere nella DDR, vedeva Radio Glasnost come una fonte di “propaganda controrivoluzionaria” e cercava in tutti i modi di ostacolarne l’operato. Il Ministero per la Sicurezza dello Stato ne registrava meticolosamente i contenuti, cercando di disturbare le trasmissioni con appositi trasmettitori. Tuttavia, nonostante questi tentativi, abbastanza materiale riusciva comunque a passare.

Come le pubblicazioni clandestine, la radio contribuiva a infrangere il monopolio mediatico del regime, fornendo una narrazione alternativa e una delle pochissime forme di pluralismo disponibili in quel periodo. L’ultima trasmissione di Radio Glasnost fu mandata in onda alla fine del 1989.

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