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La costruzione del Muro: il 13 agosto che cambiò la storia del mondo

Il 13 agosto 2024 segna il 63° anniversario della costruzione del Muro di Berlino, quella divisione fisica ed emblematica che per quasi 30 anni ha spaccato in due la città e, metaforicamente, il mondo intero. Certo, la data che viene più celebrata quest’anno è il 9 novembre, che coincide con il 35° anniversario della sua caduta, ma oggi facciamo un ulteriore passo indietro e ricordiamo invece il modo e il contesto che lo videro nascere.

La costruzione del Muro: le origini e il “segreto”

Sulla base di numerosi documenti provenienti dall’Archivio Federale tedesco, pubblicati per lo più nel 2021, per il cinquantesimo anniversario della costruzione del Muro, sappiamo oggi che l’intero progetto fu preparato in assoluto segreto dalla leadership del partito comunista della Germania Est di Erich Honecker, per volontà, soprattutto se non unicamente, del presidente del Consiglio di Stato della DDR Walter Ulbricht. Il regime della DDR aveva ottenuto il via libera dall’Unione Sovietica, che contribuì anche a garantire la realizzazione di quella che venne chiamata la “barriera di protezione antifascista” al confine con Berlino Ovest. 

Walter Ulbricht Foto: Bundesarchiv, Bild 183-J1231-1002-002 / Spremberg, Joachim / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 DE, via Wikimedia Commons [cropped]

Il 15 giugno, Ulbricht rassicurò l’opinione pubblica dichiarando che non sarebbe stato costruito nessun muro.

L’esodo

L’obiettivo, più che impedire ai “fascisti” di invadere l’est, era impedire ai cittadini dell’est di scappare a ovest. Lo scopo di una divisione netta, fisica e difesa militarmente, infatti era proprio quello di porre fine all’esodo di massa di cittadini della DDR verso l’Occidente, approfittando dello status di “capitale divisa” di Berlino. La capitale, infatti, si trovava fisicamente nel blocco est, ma era stata divisa fra le due potenze per motivi essenzialmente simbolici. Ebbene, approfittando di quel pezzettino di ovest a portata di mano, che non era protetto da una frontiera nazionale, molti tedeschi dell’est sceglievano di allontanarsi dalle promesse del socialismo, che si stavano convertendo in modo sempre più evidente in privazioni, costrizioni, sorveglianza paranoica e drastica riduzione delle possibilità. Tra il 1949 e il 1961, erano stati circa 2,7 milioni i tedeschi che avevano scelto di abbandonare la neonata DDR passando proprio per Berlino Est: un flusso di rifugiati, di cui circa la metà erano giovani sotto i 25 anni: per uno Stato, una perdita incalcolabile in termini di risorse e forza lavoro, che andava frenata a ogni costo, per evitare il collasso sociale ed economico. 

Erich Honecker Foto: Bundesarchiv, Bild 183-1987-0724-321 / UnknownUnknown / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 DE, via Wikimedia Commons

Si decise quindi che i tedeschi dell’est non solo non dovevano più avere la possibilità di migrare a ovest, ma non dovevano neppure avere l’opzione di visitare l’ovest, di lavorarci, di andare a trovare amici e familiari e comparare le differenti condizioni di vita nelle due Germanie.

Prima di arrivare al Muro vero e proprio, ci furono lunghi calcoli e approfondite considerazioni: le autorità sovietiche e tedesche sapevano a cosa andavano incontro. L’unica valutazione che sbagliarono fu quella relativa al successo e alla durata del muro. In una valutazione del Politburo del Comitato Centrale della SED “sulla situazione attuale”, condotta nel giugno 1961, si parla del calcolo delle perdite economiche previste, ma anche di quelle già sofferte a causa dell’esodo.

Dal confine al muro: quando i berlinesi si svegliarono in un mondo diviso

Nei giorni precedenti, al blocco vero e proprio dei transiti, vennero presi provvedimenti sempre più restrittivi per controllare i passaggi di confine, fino alla chiusura definitiva nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. Il 12 agosto 1961, il Consiglio dei Ministri della DDR annunciò che “Per prevenire le attività ostili delle forze revansciste e militariste della Germania Ovest e di Berlino Ovest, il confine della Repubblica Democratica Tedesca, compreso il confine con i settori occidentali della Grande Berlino, sarà controllato allo stesso modo dei confini di ogni Stato sovrano”. L’opinione pubblica sapeva già, tuttavia, che a risentirne sarebbero stati soprattutto i cittadini dell’est, che avrebbero perso la possibilità di spostarsi fuori dal blocco sovietico.

Domenica 13 agosto 1961, i berlinesi si svegliarono in un mondo nuovo. La polizia di frontiera, la polizia popolare, i membri delle “Kampfgruppen der Arbeiterklasse” (gruppi combattenti dei lavoratori) e i soldati dell’Esercito Popolare Nazionale isolarono fisicamente il settore di confine con Berlino Ovest e l’anello esterno di Berlino. Le strade vennero distrutte, si eressero recinzioni di filo spinato e barriere anticarro. Poi arrivarono i mattoni.

Il Martin-Gropius-Bau e i resti del Muro di Berlino in Niederkirchnerstraße Foto: Heino Schmieden, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

L’impatto sulla vita dei cittadini

Le conseguenze umane di questa decisione furono drammatiche. Oltre 50.000 berlinesi orientali vennero tagliati fuori dal loro lavoro o dai rapporti con le loro famiglie e i loro amici a Ovest, mentre le case al confine ebbero finestre e porte murate, per evitare che le si potesse usare per scappare.

Con il passare dei mesi e poi degli anni, le barriere furono ulteriormente estese e il sistema di controllo al confine di fece sempre più rigido. Il muro interno, quello che separava Berlino Est da Berlino Ovest era lungo 43,1 chilometri. C’era poi tutta un’altra parte della barriera, che aveva lo scopo di segregare il resto della DDR dal proprio confine con la capitale occidentale: si trattava di ben 111,9 chilometri. Nei successivi 29 anni, oltre 100.000 cittadini della DDR tentarono di fuggire attraverso queste due barriere. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, scavalcare il muro non era certo l’unica maniera di lasciare l’Est: anzi, era una delle più difficili. Molti cercavano di oltrepassare di nascosto il confine interno della Germania. Oltre 600 persone furono uccise dalle guardie di frontiera o morirono nel tentativo di fuggire attraverso questi due confini. Ben 140 di loro persero la vita nei tentativi di attraversare il Muro e la terribile “striscia della morte”. Quest’ultima era lo spazio fra i due muri veri e propri che segnavano il confine. Il suo scopo era fare in modo che, se anche qualcuno fosse riuscito a scavalcare l’alta recinzione, si ritrovasse bloccato nel mezzo, senza possibilità di oltrepassare la seconda e senza protezione dai fucili delle guardie di frontiera. La divisione della città ebbe enormi ripercussioni anche su istituzioni culturali come l’Opera di Stato di Berlino, che perse il suo complesso artistico.

I costi

La costruzione del Muro ebbe un impatto anche a livello economico e finanziario per la DDR. Dai documenti emerge una “stima delle perdite economiche subite fino al 13 agosto 1961”, così come calcoli dettagliati sui costi di costruzione e manutenzione delle fortificazioni di confine.

Ci furono anche ingenti spese per il reinsediamento forzato di cittadini dalle aree di frontiera, oltre ai minori introiti per il trasporto pubblico e le istituzioni culturali. Insomma, un peso enorme sulle casse statali, che contribuì all’inesorabile declino economico del regime comunista – il quale, tuttavia, è da attribuirsi a una pluralità di fattori che trascendono ampiamente le mere considerazioni finanziarie.

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