“Delle donne punk amo la fierezza”: intervista con l’artista Kerstin Kary
A giugno ho visitato la mostra “Girls will be girls“, che presentava una serie di ritratti di “donne del punk” realizzati da Kerstin Kary. Il suo stile originale e il suo messaggio mi hanno colpita al punto da volerne sapere di più e ho prima incontrato e poi intervistato l’artista. Ho così scoperto una spiccata attenzione verso l’indipendenza femminile e un’interessante capacità di mescolare sfumature espressive e linguaggi d’arte. Ecco il risultato della nostra chiacchierata.
Ciao Kerstin, ho conosciuto di recente il tuo lavoro e mi piacerebbe saperne di più. Qual è la tua storia?
È una storia piena di insicurezze. Intanto, all’inizio pensavo di non essere abbastanza brava a dipingere e non mi sono mai iscritta a una scuola d’arte, in Germania. Ho conseguito un diploma di costumista ad Amburgo, ma il teatro o il cinema non sono mai stati una mia forte passione. Dopo il mio primo lavoro cinematografico per “Avatar“, in Nuova Zelanda, ho capito con certezza che quello non era il mondo per me. Così ho iniziato un corso post-laurea in Belle Arti. A volte è necessario trasferirsi in un altro emisfero per iniziare a fare ciò che si desidera veramente. Da allora non mi sono mai guardata indietro, anche se ci sono voluti anni prima che cominciassi a definirmi un’artista. I dubbi possono fare e fanno parte del processo e mettersi in gioco è una lotta costante.
Come descriveresti il tuo linguaggio artistico?
È difficile… beh, io lavoro in modo figurativo, questo è comune a tutte le mie serie. Lavoro soprattutto con la pittura e il disegno e di recente ho ripreso l’incisione. La pittura è in assoluto la mia evasione preferita… e non solo per i fumi!
Il mio lavoro è come diviso in due parti: ci sono progetti ispirati alla musica, come la mostra che hai visitato (Girls will be Girls, ndr), e serie come “Mixtape” e “All You Pretty Gigs“. Tutti questi progetti sono nati dal mio interesse e dal mio amore per la musica. Altri lavori sono stati ispirati da eventi accaduti o che si stanno ancora verificando, come “WAoRG” e “Leaving Lands“. Quest’ultimo lavoro è una serie di dipinti ispirati a Tony Whincup, un fotografo e un professore di cultura visiva che ho conosciuto durante il mio soggiorno in Nuova Zelanda. Era un forte sostenitore dell’isola di Kiribati, che probabilmente scomparirà nel prossimo futuro a causa dell’innalzamento del livello del mare causato dai cambiamenti climatici. Mentre “Nachtgestalten” si concentra sulle creature notturne e sull’assenza di noi umani.
L’arte è un’evasione immediatamente disponibile e un campo da gioco dove posso venire a patti con il mondo circostante ed elaborare ciò che mi sta a cuore.
“Girls Will Be Girls”, la mostra a cui facevi riferimento e che ho visitato a giugno, è dedicata alle donne del punk. In che modo queste donne ti ispirano, come artista?
A ispirarmi è la loro fierezza e il loro coraggio nel farsi valere. E anche la libertà per cui hanno lottato e lottano ancora, per fare quello che vogliono, piuttosto che quello che la società si aspetta da loro. È bello ricordare la versione femminile del punk e anche chi ha aperto nuove strade ben prima che questo termine fosse coniato.
Certo, alcune cose nel frattempo sono cambiate in meglio, ma c’è ancora molto da fare e purtroppo in molte situazioni sociali non vedo un vero cambiamento. È un processo così lento… mi dispiace se questo suona pessimista.
L’indipendenza delle donne è anche al centro di “Who’s Afraid of Reading Girls”, un’altra serie di ritratti. Puoi dirci qualcosa di più su questo intenso lavoro?
Nel 2018, 110 studentesse sono state rapite a Dapchi da Boko Haram e la notizia è stata appena accennata. Ma centodieci è un numero enorme! Sarebbe stato l’intero anno della mia classe di scuola primaria. Ho dipinto un ritratto immaginario per ogni ragazza scomparsa, quanto è stato reso noto il rapimento collettivo. Tutti i ritratti sono stati realizzati nell’arco di poche settimane. Era un modo per rendersi conto di quante fossero. Ogni giorno ci vengono comunicati numeri dai telegiornali, li leggiamo sui quotidiani o li vediamo online. A volte però è necessario scandirli uno per uno, per renderti davvero conto di cosa significhino.
Quando hai più di cento ritratti sul muro di fronte a te, ognuno dei quali rappresenta una persona scomparsa, l’impatto è diverso rispetto alla semplice lettura del numero 110. La maggior parte delle ragazze è stata rilasciata da Boko Haram, ma i genitori sono stati avvisati che non avrebbero dovuto mandarle più a scuola. È una follia. L’istruzione sarà sempre la nostra difesa più forte, ma è ancora negata a molti. E nel mondo di oggi si ha l’impressione che spesso si facciano due passi avanti e tre indietro. Scusate, di nuovo un po’ di pessimismo.
Berlino è un polo d’attrazione per l’arte di ogni tipo. Puoi darci qualche suggerimento su cosa scoprire? Intendo dire… nomi, luoghi, progetti
Ho la sensazione che tu sia molto più consapevole di me di ciò che accade in questa città. Negli ultimi anni sono stata piuttosto introversa. Ci sono stati anche molti cambiamenti. Quindi non vedo l’ora che arrivi la settimana dell’arte, a settembre. Sono nate tante nuove gallerie che non avevo ancora esplorato, come Cabin, che si è trasferita nell’ex sede dell’Hotel in Mariannenstrasse. Qualche casa più in là si trova il bar Barred, che ospita la sua bella collezione d’arte.
Vale la pena anche di esplorare Lichtenberg, con luoghi come Fahrbereitschaft. Oltre a una collezione d’arte contemporanea, studi d’arte e laboratori, vi si trova anche il laboratorio di cornici su misura Holle & Adamski, che ha incorniciato la mia “Siouxsie Mask” per questa mostra. C’è anche un editore indipendente, K. Verlag, che crea bellissimi libri d’arte. A luglio hanno appena organizzato la prima fiera del libro “Too Hot to Read”, che ha messo in mostra circa 30 editori e riviste indipendenti.
Oh, se amate le torte, recatevi alla Bakery giapponese “Sakura”, a Mitte. Ve la consiglio vivamente. Tutto è assolutamente delizioso e vegano. Per gli amanti della pizza, il mio posto preferito è Al Catzone, a Mehringplatz, dove si mangia una pizza vegana in stile napoletano e forse il miglior Tiramisu(per). Consiglio anche il Cafe Benjamine, che prende il nome da Benjamine Kolbe, accanto al Museo di suo marito, Georg Kolbe.
Cos’hai in serbo, nel prossimo futuro?
Durante l’ultima mostra, c’è stato un momento di calma molto piacevole quando ho notato che non avevo più bisogno del progetto “Girls Will be Girls”. È iniziato nel 2017, conta più di 30 ritratti e ne mancano ancora alcuni alla mia lista, ma ora dovrà aspettare.
Inoltre, la scorsa settimana, ho trasferito il mio studio. È stata una grande opportunità per archiviare e riflettere sui vecchi lavori. Riprenderò alcune idee legate ai dipinti di “Leaving Land” e ho già iniziato la ricerca per alcuni quadri di dimensioni maggiori. Di solito lavoro in parallelo su progetti diversi, quindi riceverà nuova attenzione anche un’altra serie che avevo sospeso. Si concentra sugli schemi di colore e raffigura scene ispirate o “innescate” dalla cultura pop, dai social media o dalle notizie quotidiane.