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Prezzi delle mascherine aumentati del 50%: polemica sul ministro tedesco

Non è un “nuovo scandalo”, quello che sta coinvolgendo l’ex ministro della sanità tedesco Jens Spahn (CDU), quanto piuttosto lo sviluppo di una serie di accuse che si erano già accumulate a suo carico, più o meno suffragate da prove e testimonianze. Il tema sono, ancora una volta, i prezzi delle mascherine durante la pandemia, soprattutto nei primi mesi, quando Spahn era ancora ministro, nonché i contratti per le forniture nel settore pubblico, molti dei quali non sarebbero stati pagati. Il nuovo colpo a Spahn arriva da un’esclusiva del quotidiano F.A.Z. che ha pubblicato diverse email, con minimi dettagli oscurati, che rivelerebbero comportamenti quantomeno difficili da spiegare, da parte del ministro, in quel periodo.

Secondo quanto si legge dalle email, che sarebbero circolate all’interno del Ministero della Salute tedesco, l’ex ministro avrebbe preso la controversa decisione di aumentare drasticamente il prezzo delle mascherine protettive proprio all’inizio della pandemia di Covid-19, in netto contrasto con le esplicite indicazioni fornite dai suoi stessi esperti ministeriali.

Prezzi delle mascherine passati da 3 € a 4.50 € in un giorno: perché?

Nel dettaglio, nel marzo del 2020, il capo del dipartimento responsabile delle forniture sanitarie aveva suggerito un prezzo netto di 3 euro per ogni mascherina. Tale cifra era stata valutata come “ragionevole” in base al mercato e alle dinamiche di prezzo in un periodo di picco della domanda. Le email, datate 24 marzo, mostrano chiaramente che il capo dipartimento Ingo B. aveva proposto il prezzo di 3 euro netti al pezzo, definendolo “un buon prezzo” e “attraente” per i partner commerciali, sottolineando la possibilità di concludere accordi vantaggiosi sia per il governo che per i fornitori.

Tuttavia, solo un giorno dopo questa raccomandazione, Spahn avrebbe deciso unilateralmente di fissare il prezzo a 4,50 euro per maschera, ovvero il 50% in più rispetto alla proposta iniziale, che corrispondeva a un lordo di 5,36 euro a maschera. Questa decisione ha avuto un impatto economico notevole, considerando il volume di mascherine acquistate tramite la procedura “open-house” che ammontava a 262 milioni di unità. Di conseguenza, i contribuenti tedeschi si sono trovati a dover sostenere un costo aggiuntivo di quasi 470 milioni di euro lordi, una cifra ben al di sopra di quanto inizialmente previsto e pianificato per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale.

Le ombre della procedura “open house”

La procedura “open-house”, avviata il 27 marzo 2020, era stata ideata come un meccanismo per accelerare l’approvvigionamento di mascherine, permettendo a qualsiasi fornitore di ottenere un contratto a prezzo fisso di 4,50 euro per ogni mascherina FFP2 o KN95, a condizione che la merce fosse consegnata entro il 30 aprile dello stesso anno. L’obiettivo primario di questa iniziativa era quello di garantire una quantità sufficiente di mascherine durante l’emergenza sanitaria, che stava mettendo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo. Tuttavia, il processo si è presto rivelato problematico, con un numero eccessivo di ordini accettati e non sempre evasi – o non sempre pagati in tempo. Inoltre, in qualche caso, la qualità delle mascherine consegnate si è rivelata inferiore agli standard richiesti. Sono seguiti, per molte delle aziende coinvolte l’annullamento di contratti e il mancato pagamento di fatture, azioni che hanno innescato una serie di cause legali da parte dei fornitori.

Le reazioni in Germania: “il più grande spreco del dopoguerra”

L’attuale Ministro della Salute Karl Lauterbach (SPD) ha annunciato che verrà condotta un’analisi dettagliata dei documenti in questione e che verrà nominato un commissario speciale per indagare ulteriormente sulla vicenda. Secondo i calcoli effettuati dalla Corte dei Conti tedesca, se fosse stata accettata la proposta iniziale di 3 euro per maschera, il costo totale per i 262 milioni di mascherine sarebbe stato di circa 935 milioni di euro, permettendo così un risparmio di 467 milioni rispetto alla spesa effettiva di 1,4 miliardi di euro.

Dalle fila dei Verdi, che si trovavano all’opposizione durante il mandato di Spahn, sono state espresse criticje molto dure nei confronti della decisione presa dall’ex ministro, definendo l’incremento del prezzo delle mascherine come “probabilmente lo spreco più costoso nella storia del dopoguerra” per i contribuenti tedeschi. Secondo i Verdi, la spesa aggiuntiva potrebbe essere addirittura superiore a un miliardo di euro.

D’altra parte, già durante la pandemia, Spahn era stato accusato di conflitto di interessi per l’acquisto che il ministero aveva effettuato dall’azienda di Daniel Funke, marito del ministro, il quale aveva venduto mascherine al Ministero per quasi un milione di Euro.

La commissione voluta da Lauterbach dovrà ora fare luce sull’intera gestione delle forniture di mascherine in Germania durante la pandemia. 

L’esclusiva di F.A.Z.

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