Ombra e poesia: la Berlino di Nick Cave
La scena musicale della Berlino Ovest degli anni ’80 è stata uno di quei momenti storici che cambiano il corso dell’arte, del gusto e della cultura. Un po’ come la Firenze del Rinascimento, come la Roma imperiale, come la New York degli anni ’60. A Berlino Ovest, negli anni ’80, arrivavano quelli che non ne potevano più della sovraesposizione di Londra e degli Usa, ma anche quelli che non ce la facevano proprio a reggere quella decade colorata, rutilante, oscenamente allegra, e che volevano essere crepuscolari in santa pace. Magari anche spendendo poco d’affitto e avendo accesso, va detto, a una colossale quantità di eroina. Uno di questi era Nick Cave.
Il musicista australiano trovò nella Berlino divisa ciò che gli mancava a Londra, dove si era stabilito, avendo lasciato la natia Melbourne: uno spazio creativo, un gruppo di pari e un nuovo slancio per la sua carriera. Oltre ai già menzionati affitti abbordabili e a una scena artistica stimolante, nel quale la sua creatività reagiva come ossigeno su una fiamma. La città divenne il palcoscenico perfetto per la sua reinvenzione artistica, che passò per la dissoluzione dei Birthday Party – la band post punk che aveva fondato a Melbourne – e dalla creazione dei leggendari Bad Seeds, con quello che rimase uno dei compagni creativi più longevi della sua carriera: Blixa Bargel. Qui si generarono anche le sue prime sperimentazioni letterarie, che poi si trasformarono in quella che è ancora oggi una produzione creativa originale e multiforme, che ne ha fatto uno degli artisti più influenti della sua generazione.
I primi anni
Come già accennato, dopo aver fondato i Birthday Party a Melbourne, Nick Cave e la sua band si erano trasferiti a Londra, ma la metropoli inglese si rivelò un ambiente ostile per il loro punk oscuro ed espressivo. Droga, povertà e mancanza di spazi vitali avevano messo a dura prova il gruppo, finché non arrivò l’opportunità di un tour congiunto con la band berlinese Die Haut. Questo incontro si rivelò decisivo per il futuro di Cave. I birthday party furono invitati dai nuovi amici tedeschi a fare un tour in patria e fu così che Nick Cave mise piede per la prima volta in Germania.
Stregato dal fascino granitico e disincantato di Berlino Ovest e dalla sua scena musicale sperimentale, Cave si trasferì definitivamente nella città divisa, ospitato dal bassista dei Die Haut e regista Christoph Dreher nel suo loft di Kreuzberg. Più tardi Dreher ricordò con piacere quel periodo e descrisse Cave come un coinquilino piacevole, con il quale si parlava bene, ma che aveva la caratteristica di mangiare poco o nulla. Qui, Nick Cave conobbe il fermento artistico della metropoli che gli avrebbe cambiato la vita. L’atmosfera creativa e l’abbondanza di spazi prova a prezzi accessibili resero Berlino il luogo ideale per Cave e i suoi compagni.
Dopo lo scioglimento dei The Birthday Party, Cave fondò il suo nuovo gruppo, i Bad Seeds, reclutando diversi musicisti della scena berlinese. Tra questi, il carismatico Blixa Bargeld degli Einstürzende Neubauten, che divenne co-fondatore e rimase membro della band per vent’anni. I Bad Seeds si esibirono a Berlino, registrarono i loro primi album negli Hansa studios (gli stessi di David Bowie) e frequentarono i locali underground della città, come il leggendario Risiko.
Negli Hansa studios, Nick Cave & The Bad Seeds registrarono quella che è stata definita la loro “trilogia berlinese” – “The Firstborn Is Dead” (1985), “Your Funeral… My Trial” (1986) e “Tender Prey” (1987) – un percorso musicale che li vide passare dal post-punk a una sorta di blues oscuro e visionario, con testi intrisi di riferimenti mistici, poesia e un immaginario livido e disperato. In questo periodo si cristallizzò lo stile di Nick Cave, quello che sarebbe poi fiorito negli anni con le sue “murder ballads” e con le atmosfere oscure e dolenti che l’artista ha riversato anche nel resto della sua produzione. Non a caso, fu a Berlino che Cave scrisse il suo romanzo d’esordio: “E l’asina vide l’angelo”.
Nel libro, un antieroe disturbato, che vive in un mondo interno distorto e fatica a decodificare quello esterno, arriva a un parossismo di follia proprio perché anche il mondo esterno è distorto, malato, fondamentalista e sporco. Lo scontro fra un’ideale irraggiungibile di purezza e una realtà fatta di fango, dolore e sopraffazione è in ogni pagina del libro e arriva a ondate, con la violenza di un acquazzone che non finisce mai. E, anche se il libro ha un’ambientazione rurale fatta di spazi vasti e dilatati, che fa pensare all’Australia o a certe parti degli Stati Uniti, è difficile non vederci una patina grigia impenetrabile dal sapore inequivocabilmente berlinese.
Il cinema
Siccome a Berlino, in quel momento, l’arte era in ogni angolo, era inevitabile che Cave incontrasse anche il cinema. Il regista Wim Wenders, appassionato frequentatore della scena musicale alternativa, si innamorò della musica dei Bad Seeds e li coinvolse nella scrittura della colonna sonora del suo capolavoro Il cielo sopra Berlino (1987). Nel film, la band compare in un memorabile concerto nell’Hotel Esplanade, a Potsdamer Platz. Cave avrebbe in seguito collaborato ancora con Wenders.
L’addio di Nick Cave a Berlino. Che non dura mai troppo
Nick Cave non se ne andò da Berlino solo perché la caduta del Muro di Berlino aveva segnato al fine di un’era, ma per motivi più mondani. O meglio, non lo fece per una svolta nella Storia, ma per la fine di una storia. Dopo la rottura con la precedente compagna, si innamorò di una donna che viveva a San Paolo, in Brasile, e la seguì per qualche tempo. Ma Berlino non smise mai di chiamarlo a sé e Cave non smise mai di rispondere. Ancora oggi, i suoi concerti nella capitale sono strapieni, si svolgono in spazi sempre più grandi e vanno esauriti nel giro di pochi minuti.
In qualche modo, Nick Cave ha conservato una parte dell’anima della “sua” Berlino, della Berlino di quegli anni, la stessa che ha ispirato moltissimi grandi artisti di fama internazionale. E Berlino, a sua volta, conserva da qualche parte un pezzo dell’anima di Nick Cave, come fa con chiunque si radichi in questa città per qualche tempo o per tutta la vita.