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Dalla DDR con amore: la storia delle spie Romeo

Nei film di spionaggio, l’elemento romantico non manca mai. È innegabile che l’abbinamento fra amore e mistero, fra seduzione e segreti sia un ingrediente perfetto per un racconto appassionante, ma il principio di per sé è tutt’altro che fittizio. Dopo tutto, Mata Hari è una figura storica realmente esistita. E lo sono anche le “spie Romeo”, parte di un piano elaborato dal Generale della Stasi Markus Wolf, nella DDR.

L’uomo senza volto

Markus Wolf era conosciuto come “l’uomo senza volto”, dal momento che, per molti anni, ai servizi americani fu impossibile identificarlo personalmente. Era il genio strategico dietro le “spie Romeo” della Germania Est, che utilizzavano la seduzione per carpire dall’ovest segreti che sarebbero stati inaccessibili anche per il più consumato diplomatico.

Nato in Germania ma cresciuto a Mosca, figlio di un medico e scrittore comunista, Wolf imparò fin da giovane l’arte dello spionaggio sotto l’ala protettiva del regime sovietico. Una volta tornato in patria, a soli 30 anni divenne capo della divisione di intelligence estera della temuta Stasi, il ministero per la sicurezza di Stato della DDR. La sua missione era chiara e definita: infiltrarsi nelle istituzioni politiche, militari e di sicurezza della Germania Ovest. La sua arma prediletta: le spie che basavano tutto il loro potere sulla seduzione, in elaborate versioni di quello che oggi si potrebbe chiamare “catfishing”.

Le spie Romeo rappresentavano un metodo economico ed efficace per rubare segreti. Wolf riteneva che una donna con le giuste motivazioni e l’accesso adeguato fosse in grado di fornire più informazioni di 10 diplomatici maschi, convertiti faticosamente alla causa del socialismo. Il processo di selezione era rigoroso: solo l’1% dei candidati superava i test. I prescelti, di solito, avevano tra i 25 e i 35 anni e dovevano avere un buon livello di istruzione, ottime maniere e, naturalmente, un bell’aspetto e un fascino irresistibile. Dopo l’addestramento e la creazione di false identità, venivano inviati in Germania Ovest con compiti di spionaggio specifici. Lì dovevano individuare una potenziale “Giulietta” con accesso alle informazioni ricercate, sedurla e convincerla a passare segreti.

Il problema dell’amore

Alle spie Romeo era vietato sposare le loro “fonti”, anche se avessero sviluppato sentimenti genuini – cosa che accadeva, a quanto pare, piuttosto regolarmente. Il motivo non era etico: si trattava semplicemente di evitare di essere smascherati, dal momento che la Germania Ovest, in caso di matrimoni di cittadini dell’ovest con quelli dell’est, soprattutto se i primi erano persone con incarichi pubblici e accesso a materiale riservato, conduceva indagini accuratissime sui futuri coniugi e avrebbe senza dubbio smascherato l’identità dei “Romeo”. Pertanto, la consegna era fingersi single incalliti, uomini che non avevano intenzione di legarsi in una relazione stabile, ma che comunque erano disposti a restare con l’amata “Giulietta” anche per anni o addirittura decenni.

Le Giuliette, prevedibilmente, erano cittadine occidentali, spesso di estrazione alto-borghese e preferibilmente con una forte personalità, impiegate dal governo. Prima di avvicinarle, i Romeo studiavano a fondo gusti e vulnerabilità, per poi organizzare un “incontro casuale”. Nonostante le campagne di sensibilizzazione del governo, che era consapevole di questo pericolo, molte Giuliette si innamoravano dei galanti Romeo e spesso restavano innamorate di loro anche dopo averne scoperto l’identità. In alcuni casi, una volta smascherato il “Romeo”, il governo della Repubblica Federale chiedeva alle Giuliette di non interrompere la relazione, ma di spiare i propri amanti a loro volta. La maggior parte rifiutavano, ma alcune si convertirono in “doppie spie”, forse per non dover concludere la relazione o forse perché intrigate dall’emozione dello spionaggio di per sé. Queste ultime, spesso, erano pronte perfino a continuare il gioco con un diverso “Romeo”, se il precedente veniva fatto sparire per motivi di sicurezza dell’una o dell’altra fazione.

I capelli di Romeo

Smascherare i Romeo, per la Germania Ovest, non era difficile: spesso, a tradire i cittadini dell’est era il taglio di capelli. Mentre a Ovest, infatti, imperversava la moda americaneggiante dei “capelloni”, all’Est gli uomini tendevano a portare tagli corti più tradizionali. Chiunque fosse visto, all’Ovest, frequentare una donna in una qualsiasi posizione di potere e sfoggiare un taglio di capelli che sarebbe stato bene in un rotocalco degli anni ’50, finiva per essere osservato dai servizi segreti occidentali e arrestato alla prima mossa falsa.

Felix, Norma e gli altri

Il primo “Romeo” di cui si abbia notizia era conosciuto con il nome in codice “Felix“. Si trattava di uno studente di ingegneria e si sa che, all’inizio, non era molto incline a questo tipo di attività. La Giulietta che gli fu assegnata aveva il nome in codice “Norma” ed era segretaria presso la cancelleria. L’identità di Felix fu tradita da una talpa dell’est e il giovane ingegnere scappò, sparendo per sempre e tagliando i ponti con la sua “Norma”.

Un’altra Giulietta, una divorziata 32enne, s’innamorò a prima vista del suo Romeo nel 1977, credendolo uno scienziato pacifista. Per 12 anni gli passò migliaia di documenti segreti sottratti all’ambasciata USA dove lavorava, finché un disertore non li tradì nel 1991. Il Romeo morì in un incidente, mentre la donna fu condannata con pena sospesa, anche in considerazione della condizione di dipendenza nella quale l’innamoramento l’aveva fatta precipitare.

La Giulietta più importante della storia della DDR fu un’analista politica di un’agenzia di intelligence occidentale. Per il suo Romeo, microfilmò per anni documenti riservati, nascondendoli in finte bottiglie di deodorante. Era perfettamente consapevole della destinazione dei documenti e ad affascinarla, più che l’uomo con il quale aveva iniziato una relazione, era l’attività di spionaggio in sé. Fu scoperta e arrestata nel 1990.

Il potere della seduzione

In quattro decenni di Guerra Fredda, una quarantina di donne furono perseguite nella Germania Ovest per spionaggio. Alcune coppie Romeo-Giulietta si sposarono davvero, altre si persero per sempre. Wolf fuggì a Mosca dopo la riunificazione, per poi arrendersi e scontare 6 anni di carcere. “Il fine non giustificava sempre i mezzi”, ammise, “ma finché ci sarà spionaggio, ci saranno Romeo a sedurre ignare Giuliette con accesso a segreti”. Wolf morì a 83 anni, nel 2006, 17° anniversario della caduta del Muro di Berlino.

La storia delle spie Romeo è un capitolo affascinante e oscuro della Guerra Fredda, un periodo in cui il mondo era diviso da ideologie contrapposte e la paura di un conflitto nucleare era palpabile. Le operazioni di spionaggio erano all’ordine del giorno, e la Stasi, sotto la guida di Markus Wolf, aveva perfezionato l’arte di sfruttare le relazioni umane per i propri scopi politici e strategici.

Le spie Romeo erano addestrate non solo nelle tecniche di spionaggio, ma anche nell’arte della seduzione e della manipolazione psicologica. Dovevano essere in grado di leggere le persone, di capire le loro esigenze e desideri, e di sfruttarli per ottenere informazioni. Questo richiedeva un livello di freddezza e calcolo che non tutti possedevano. Tuttavia, coloro che riuscivano a superare il rigido processo di selezione e addestramento diventavano strumenti preziosi per la Stasi.

Le storie delle Giuliette, d’altra parte, sono testimonianze della complessità delle relazioni umane e di come l’amore e l’affetto possano essere sfruttati per fini nefasti. Molte di queste donne erano alla ricerca di qualcosa che mancava nelle loro vite, che fosse avventura, passione o un senso di appartenenza. I Romeo erano esperti nel colmare questi vuoti, nel creare legami profondi e convincenti, anche se basati su premesse false.

La “giustizia dei vincitori”

La caduta del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania segnarono la fine di un’era, ma le storie delle spie Romeo e delle loro Giuliette rimangono un promemoria di un tempo in cui l’amore poteva essere un campo di battaglia tanto quanto qualsiasi altro teatro di guerra. Markus Wolf, con la sua visione e la sua capacità di sfruttare le debolezze umane, aveva creato un sistema di spionaggio che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella storia del XX secolo. Il suo processo, che merita una trattazione a parte, fu uno dei capitoli più complessi della riunificazione. Il capo di imputazione era quello di tradimento e l’imputato chiese “quale Paese avrei tradito?”. E, in effetti, la sua attività era identica a quella delle sue controparti occidentali, che, nello stesso sistema nel quale Wolf veniva incarcerato, erano invece lodate per aver saputo contrastarlo. Wolf commentò la situazione dicendo che era come se “un fornaio fosse condannato per aver preparato dei panini” e definendo la sua condanna una forma classica di “Giustizia dei vincitori”.

La sua morte nel 2006 chiuse un capitolo, ma le lezioni apprese dalle sue operazioni continuano a influenzare il mondo dell’intelligence. La sua eredità è complessa, fatta di successi, fallimenti, e di una profonda riflessione sui costi morali dello spionaggio.

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