Il rifugio per animali di Berlino è in crisi. Ma adottare non è semplice
Il Tierheim di Berlino è il più grande rifugio per animali in Europa: chiamarlo “canile” sarebbe riduttivo, dal momento che ospita anche tanti altri animali, che un tempo sono stati domestici e che a un certo punto i loro proprietari hanno abbandonato o non hanno più potuto accudire. Ci sono gatti, naturalmente, ma anche rettili, conigli e, per un certo periodo, polli. In pandemia, diverse persone hanno pensato che avere un orto e un pollaio in casa fosse un passo logico da fare, in vista del collasso della civiltà. Poi, il prosaico ritorno in ufficio ha trasformato il sogno bucolico in un impegno insostenibile e i primi a farne le spese sono stati i pennuti. Oggi, non solo a causa degli abbandoni post-Covid, il Tierheim si trova di fronte a una grave situazione di sovraffollamento che mette a dura prova le sue risorse e capacità.
La struttura, situata nella zona di Falkenberg, è un imponente edificio che ospita circa 1.300 animali, tra cui 300 cani, e si confronta con una lunga lista d’attesa che comprende altri 250 cani in attesa di essere accolti. Il problema del sovraffollamento si intensifica particolarmente durante il periodo estivo, quando molti proprietari di animali partono per le vacanze e, in modo irresponsabile, decidono di abbandonare i loro animali domestici, causando un picco nelle ammissioni al rifugio.
Il problema sono le adozioni irresponsabili: le persone cercano animali “carini”, giovani, senza problemi. E si evitano i gatti neri
Marleen Esmeier, la responsabile del rifugio, ha osservato di recente, in un’intervista alla Berliner Zeitung, che la radice del problema risiede nel comportamento umano e nelle adozioni o negli acquisti irresponsabili, che poi si traducono in un’impossibilità di occuparsi dell’animale o in una sua incompatibilità con la vita familiare. Una volta al Tierheim, molti animali devono aspettare a lungo, a volte anche anni, prima di trovare una nuova famiglia. Uno dei problemi principali, secondo i responsabili, è la marcata preferenza per le razze piccole e considerate “carine”, come i bassotti, che tendono ad essere adottate più velocemente, così come per i cuccioli e per gli animali percepiti come naturalmente dolci e affettuosi. Il problema è che, spesso, gli animali che arrivano al rifugio hanno alle spalle storie traumatiche, che possono aver minato la loro fiducia nell’uomo, oppure hanno problemi di socializzazione e comportamento, che richiedono una gestione responsabile e coscienziosa.
Inoltre, gli animali con il manto nero o scuro vengono più facilmente ignorati, soprattutto i gatti, spesso associati a superstizioni e considerati di cattivo auspicio. Anche i cani anziani hanno maggiori difficoltà nell’essere scelti, così come le razze percepite come “pericolose” o quelle che richiedono un impegno maggiore in termini di attenzione e pazienza, per non parlare degli animali con problemi di salute. Anche per questo, il Tierheim ha la fama di essere un rifugio “difficile”, che non agevola il percorso di adozione. D’altra parte, sostengono i responsabili, chi si reca in un rifugio cercando un animale giovane, docile, amichevole e magari anche “carino” o, addirittura, “di razza” non può che rimanere deluso e probabilmente non è la persona adatta a tenere con sé un animale. Allo stesso modo, che desidera adottare un cucciolo con l’idea di farne una specie di “giocattolo” per i propri figli, probabilmente si ritroverà a portare indietro l’animale dopo poco tempo, quando l’interesse nei suoi confronti sarà scemato.
Le campagne di sensibilizzazione del rifugio per animali di Berlino
Addirittura, alcuni si presentano al rifugio per “consegnare” animali anziani con l’idea di portarsi a casa un cucciolo, un po’ come si farebbe “permutando” un’auto usata per una nuova.
Il funzionamento del rifugio per animali di Berlino, al momento, è possibile soprattutto grazie grazie alle donazioni e ai lasciti testamentari e comporta un costo annuale di gestione che si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Il Land di Berlino fornisce un contributo di 3 milioni di euro, tuttavia questa somma non è sufficiente a coprire tutte le necessità del rifugio. Purtroppo, uno degli effetti della recente crisi economica è la minore disponibilità delle persone a donare alle cause a cui tengono.
Nonostante le numerose sfide, il personale del rifugio rimane impegnato nella cura degli animali, molti dei quali necessitano di un percorso di riabilitazione prima di poter essere adottati. Il rifugio si dedica anche a campagne di sensibilizzazione per promuovere la responsabilità nell’adozione e nella cura degli animali domestici e organizza servizi fotografici per cercare di cambiare, per esempio, la percezione dei gatti neri e scuri.