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La testa di Mangi Meli: l’eroe decapitato e la brutalità del colonialismo tedesco nell’Africa orientale

Nella tradizione Chagga, un cadavere sepolto viene dissotterrato dopo un anno, il suo cranio viene messo in un vaso di argilla e riseppellito di fronte al Kilimanjaro. Non onorare questa tradizione è una mancanza di rispetto, che non può che attirare le disgrazie. I Chagga sono una popolazione della Tanzania e sono fra coloro che maggiormente hanno subito la brutalità del regime coloniale tedesco alla fine del XIX secolo. Con questo passato, i tedeschi non hanno ancora fatto pienamente i conti: se da un lato si restituiscono parte dei bronzi del Benin, dall’altro si parla poco della catastrofe umanitaria che il colonialismo tedesco ha rappresentato in Africa orientale e molte strade tedesche sono ancora intitolate a coloro che, in quel periodo, si macchiarono dei peggiori crimini. Meno ancora si parla della ferita aperta rappresentata dalla testa di Mangi Meli.

Perché la testa di Mangi Meli si trova in Germania?

Andiamo con ordine. Come abbiamo già detto, la cosiddetta “Africa orientale tedesca” fu conquistata a fine ‘800 con la violenza e governata per alcuni decenni con il terrore. Agli orrori di quel periodo pertiene la storia del capo Mangi Meli, che fu impiccato per sedizione. Al suo cranio fu riservato il trattamento che toccava a quasi tutti i “resti umani”, ovvero le parti di cadaveri smembrati delle tante vittime del regime: venne inviato in Germania. Antropologi e medici tedeschi, infatti, erano all’epoca particolarmente interessati a classificare, misurare e categorizzare parti del corpo, tessuti e organi di diverse etnie. Non di rado, questi “studi”, per i quali molti scienziati dell’epoca, come Rudolf von Virchow, vengono ancora onorati, avevano il fine di suffragare teorie razziste sulla presunta superiorità della popolazione bianca europea. Il cranio del principe Mangi Meli, privato della carne e di tutti i tessuti molli, fu quindi spedito in Germania, dove se ne persero le tracce. Negli ultimi decenni, diversi studiosi e attivisti provenienti dalla Tanzania e perfino uno dei suoi discendenti si sono messi alla ricerca dei suoi resti, chiedendo supporto alle tante istituzioni che, in Germania, conservano e non di rado espongono ancora resti umani di epoca coloniale. Fino a questo momento, tuttavia, le ricerche si sono rivelate vane.

Chi era Mangi Meli?

Mangi Meli era un principe dei Chagga, figlio di Rindi Meli. Il padre Rindi aveva scelto di collaborare con gli invasori tedeschi, ma suo figlio, quando divenne leader, adottò una posizione diversa. Un atto di resistenza importante fu il suo rifiuto, nel 1891, di pagare la tassa sulle capanne che gli occupanti tedeschi avevano richiesto. Mangi Meli organizzò una rivolta, che fu repressa nel sangue, ma non senza perdite per i militari tedeschi. Meli, a quel punto, cercò di negoziare la pace, ma fu comunque accusato di cospirazione e condannato a morte dal capitano Kurt Johannes. Mangi Meli e altri 18 principi Chagga furono impiccati a Moshi il 2 marzo 1900.

Mangi Meli e Kibanga, negli anni ’90 dell’800. Foto: Mangapwani, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

La sua morte fu particolarmente atroce: per prolungarne la sofferenza, infatti, il cappio fu annodato in modo da non rompere il collo del condannato, ma da soffocarlo lentamente. Dopo sette ore di agonia, Meli fu ucciso non dalla corda che lo soffocava, ma da una pallottola in testa. La sua testa fu trattata come l’ennesimo reperto da recapitare alle università tedesche, perché il suo cranio potesse essere misurato e catalogato. E poi, come abbiamo già detto, si perse, insieme agli altri 20.000 pezzi di corpi smembrati – soprattutto teschi e mani – destinati a musei delle scienze e policlinici universitari

Collezioni di resti umani: una macabra tradizione del colonialismo tedesco

Solo la Fondazione prussiana per il patrimonio culturale dispone di una “collezione” di quasi 5.500 teste mozzate. Anche nel resto della Germania ci sono numerosissime istituzioni simili, che conservano ancora ossa di vittime del colonialismo tedesco in Africa orientale. Per lo più, questi reperti giacciono dimenticati negli archivi e negli scantinati: una fossa comune diffusa e completamente deumanizzata, la cui dimensione ed estensione rende quasi impossibile l’impresa di recuperare un singolo cranio di uno specifico individuo, anche se si dispone del DNA di un suo discendente diretto.

La campagna per ritirare gli onori ai carnefici

Nell’impossibilità di arrivare a recuperare e onorare il cranio di Mangi Meli, alcuni degli attivisti provenienti dalla Tanzania e da altri Paesi che hanno conosciuto il colonialismo tedesco si impegnano oggi in un’altra battaglia: decolonizzare la memoria. Per esempio, far conoscere le atrocità del regime coloniale come oggi si conoscono quelle del nazismo. Portare all’attenzione del pubblico i ripetuti crimini contro l’umanità che sono stati commessi in quel periodo e fare in modo che si smetta di onorare la memoria di coloro che li commisero. Per esempio, in Germania nessuno si sognerebbe di intitolare una via a Goebbels o a Hitler, ma nel quartiere berlinese di Wedding esiste Petersallee, intitolata a Carl Peters. Peters, che Wikipedia categorizza come “esploratore”, fu uno dei più sanguinari attori del colonialismo tedesco, famoso per la brutalità e il sadismo del suo operato e per le numerosissime impiccagioni che si consumarono per suo ordine. Le associazioni di attivisti che si occupano di informare sul passato coloniale tedesco si battono proprio perché gli onori tributati a chi ha commesso crimini contro l’umanità vengano ritirati e perché personaggi come Peters prendano il loro posto fra i carnefici della storia.

In qualche caso, queste campagne hanno già avuto successo. Per esempio, la via che precedentemente si chiamava Mohrenstraße, a Mitte, è stata ri-dedicata ad Anton Wilhelm Amo, il primo filosofo africano in Germania. Anche Petersallee dovrebbe essere rinominata: ad aprile di quest’anno, un tribunale ha respinto il ricorso contro la scelta di intitolarla alla memoria della rivolta Maji-Maji del 1905, nella quale furono trucidate 300.000 persone.

La ricerca della testa di Mangi Meli, intanto, prosegue.

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