Costituzione contro il nazismo: come la Legge Fondamentale protegge la Germania dal suo passato
La Germania e l’Italia hanno un elemento in comune, che forma la base dello Stato di diritto in entrambi i Paesi: le nostre costituzioni condividono il fatto di essere state elaborate subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e di essere nate dall’amara e devastante esperienza della dittatura di stampo nazi-fascista. In entrambi i casi, quindi, le commissioni che si riunirono per stendere le nuove carte costituzionali, si preoccuparono di dotarle di meccanismi di difesa, per scongiurare che, in futuro, fenomeni come la dittatura nazionalsocialista o quella fascista potessero di nuovo arrivare a corrompere, pervertire e distruggere i meccanismi della democrazia. Se questa è la teoria, come funziona la pratica? In che modo la Costituzione Tedesca difende la Germania da un ritorno del nazismo? E si tratta di un pericolo reale?
Tutte queste domande sono particolarmente attuali e vengono discusse proprio in questi giorni, poiché il Grundgesetz, ovvero la “Legge Fondamentale” tedesca, promulgata il 23 maggio 1949, ha appena compiuto 75 anni. Come la nostra, è una costituzione giovane, che conosceva già molti elementi della modernità, ma non poteva prevederne altri. Questo è quindi, in Germania, un momento perfetto per interrogarsi su come le barriere protettive erette tre quarti di secolo fa siano in grado di tutelare la democrazia contro le minacce di oggi.
Il contesto storico e la nascita della Costituzione
Dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, la Germania era un paese in rovina, diviso in zone di occupazione gestite dalle potenze alleate. Il bisogno di una nuova struttura statale che potesse garantire la non ripetizione degli errori del passato era evidente e obbligò la nazione a una profonda auto-riflessione. Come era possibile che la Repubblica di Weimar, che aveva preceduto il Terzo Reich, permettesse l’ascesa al potere di Hitler nel 1933? Quali fragilità, incapacità, mancanze avevano creato il terreno di coltura per questo fenomeno? E sì che non si era trattato certo di una sorpresa: il passaggio dalla democrazia alla dittatura non fu un’escalation imprevedibile, non fu il deteriorarsi di una situazione precaria, tale da creare un’occasione colta al volo da un partito spregiudicato. Si trattò piuttosto di un piano ben preciso.
Joseph Goebbels, braccio destro di Hitler e futuro ministro della propaganda, non era stato certo criptico in proposito. Quando venne democraticamente eletto al Reichstag, nel 1928, si espresse in modo molto chiaro su cosa significasse, per il partito nazionalsocialista, vincere un’elezione e su come il fatto di aver ottenuto il potere con mezzi democratici non fosse garanzia di una volontà di mantenerlo nei limiti imposti dalla democrazia. “Entriamo nel Reichstag”, scriveva Goebbels in quell’anno, in un’editoriale per il quotidiano nazista Völkischer Beobachter “per fornirci delle nostre armi dall’arsenale della democrazia. Diventiamo deputati del Reichstag per paralizzare la mentalità di Weimar con il suo stesso sostegno. […] Se la democrazia è così stupida da darci biglietti gratuiti e indennità per questo disservizio, sono affari suoi. […] Siamo pronti a utilizzare qualsiasi mezzo legale per rivoluzionare lo stato di cose odierno. […] Non veniamo come amici, nemmeno in una posizione neutrale. Veniamo come nemici! Come il lupo che irrompe nel gregge di pecore, così veniamo”.
L’idea era chiara: entrare nel Parlamento per rompere il meccanismo della democrazia dall’interno, per pervertirla, ribaltarla, servirsi delle regole per cambiare le regole.
La divisione dei poteri
La prima regola a essere cambiata, il primo sigillo di sicurezza a saltare, fu la separazione dei poteri. Quando, il 30 gennaio 1933, il Presidente del Reich Paul von Hindenburg nominò Cancelliere Adolf Hitler, che era all’epoca il leader del gruppo parlamentare più numeroso (ovvero deteneva una maggioranza in un parlamento democraticamente eletto, alla testa di un partito che aveva stravinto con il 33% dei voti), la prima azione del nuovo governo nazista fu proprio esautorare il parlamento. I nazisti fomentarono una crisi politica fatta di odio anti-istituzionale e culminata nell’incendio del Reichstag alla fine di febbraio, dopo di che il Parlamento, in un atto che si può solo definire suicida, approvò la legge che trasferiva il potere legislativo al governo di Hitler.
L’elemento costitutivo di base della democrazia era saltato. Come poteva un Parlamento approvare una norma che lo avrebbe di fatto cancellato? Era semplice: bastava che il partito che aveva interesse a eliminare in un solo colpo la legittimità dell’opposizione e convertirsi in esecutivo detenesse la maggioranza. Una volta esautorato l’organo legislativo, infatti, si eliminava il concetto stesso di opposizione. Questo spianava la strada per mettere fuori legge e perseguitare chiunque si opponesse a quello che si era costituito come il nuovo regime.
E d’altra parte, in Italia, pur in condizioni molto diverse, le cose erano andate più o meno nello stesso modo.
La Costituzione tedesca e i meccanismi di difesa dalla dittatura
Proprio per questo motivo, la Costituzione Tedesca attuale “sigilla” i suoi elementi fondamentali, come la separazione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario), rendendo impossibile le modifiche costituzionali con la semplice maggioranza in Parlamento. Oggi, perché il Bundestag approvi una modifica costituzionale, è necessario che anche l’opposizione sia d’accordo e si richiede una maggioranza qualificata dei due terzi in entrambe le camere del Parlamento tedesco, il Bundestag e il Bundesrat. Lo scopo, chiaramente, è permettere alla Costituzione di evolvere, nel caso in cui alcuni elementi in essa contenuti si rivelino inadatti a servire il Paese nelle mutate circostanze di momenti storici diversi, garantendo però che si preservi la democrazia (dal momento che, si spera, nessuna opposizione voterebbe una norma che la mette fuori legge).
E se questo rende più lenta e farraginosa qualsiasi modifica costituzionale, rendendo evidentemente difficile far evolvere la Legge Fondamentale al passo della società civile, i padri costituenti lo hanno considerato un prezzo relativamente modesto, per evitare di esporsi nuovamente ai rischi del passato. Questo vuol dire che, in Germania, mettere in atto un “colpo di stato legale” come quello dei nazisti sarebbe oggi tecnicamente impossibile.
Un altro elemento chiave della Legge fondamentale è la cosiddetta “clausola di eternità“. Questa clausola protegge alcuni principi fondamentali e intangibili, come la dignità umana (sancita all’articolo 1), lo stato di diritto, la separazione dei poteri, il principio dell’ordinamento federale dello stato e il principio di democrazia, da qualsiasi futura modifica costituzionale. In altre parole, questi principi non possono essere alterati nemmeno attraverso una modifica costituzionale e non sono soggetti a votazioni, garantendo così una base solida e permanente per la democrazia tedesca.
Questo è il secondo sigillo, che potremmo definire una protezione contro la “follia” o la corruzione estrema: anche in uno scenario completamente apocalittico, nel quale la maggioranza fosse in grado di soggiogare, corrompere, ricattare o intimorire i membri dell’opposizione per manipolarne il voto, comunque non si potrebbe votare legalmente per alterare i principi fondamentali che fanno della Repubblica Federale di Germania una democrazia, come la divisione dei poteri o, appunto, l’inviolabilità della dignità della persona.
Queste clausole bastano, per esempio, a mettere al riparo la Germania dalla promulgazione di leggi “semplici” volte a violare questi principi. Per esempio, una legge che stabilisse deportazioni di massa sarebbe incostituzionale e dimostrarlo sarebbe piuttosto facile.
Questo non vuol dire, ovviamente, che la democrazia tedesca, così come delineata dalla legge fondamentale, sia perfetta o a prova di infiltrazioni estremiste o totalitarie. Dal momento che la democrazia è un sistema che si basa su un consenso, infatti, la manipolazione di quest’ultimo a scopi anti-democratici è sempre possibile. Si può dire, in questo senso, che il consenso sia la base della democrazia, ma anche il suo punto debole.
Un esempio di questo meccanismo lo si ha se si prende in considerazione l’istituzione il cui scopo precipuo è proprio verificare e garantire il rispetto di queste disposizioni: la Corte costituzionale federale. La costituzione la difende, vietandone l’abolizione. Per esempio, basterebbe una maggioranza semplice al Bundestag per eliminare dalla legge la necessaria maggioranza dei due terzi per l’elezione dei giudici e quindi, potenzialmente, cercare di insediare in posizioni chiave di difesa della democrazia individui che non abbiano a cuore questo obiettivo.
L’importanza del consenso
Se esiste una “morale” nella storia delle nostre Costituzioni, di quella tedesca come di quella italiana, questa può essere trovata forse proprio nell’importanza dell’educazione civica e della corretta informazione dei cittadini. Dal momento che il consenso resta comunque lo strumento più forte a difesa di ogni democrazia, l’unico modo di garantire la sopravvivenza di un ordinamento democratico a lungo termine è proprio assicurarsi che la popolazione civile sia sempre adeguatamente formata e informata e, per quanto possibile, capace di esprimere tale consenso nell’interesse collettivo. Questo è, come cittadine e cittadini, il nostro compito più importante.