Canzoni urgenti per ripensare il mondo: intervista a I-Taki Maki
Da tempo seguiamo I-Taki Maki, duo alternative rock italiano, ma Berlin based, formato da Mimmi (voce, batterie, percussioni) e strAw (chitarra, voce, tastiere). A dicembre abbiamo recensito il loro ultimo e bellissimo album, “Friedhof”. Oggi ospitiamo sulle nostre pagine un’intervista a cura di Marco “Blasters” Paderni.
Quando e come nascono I-Taki Maki e cosa vi ha spinto fino a Berlino?
(Mimmi) Ufficialmente il progetto nasce nel 2012, in Italia, con i primi concerti e l’album Magneto. A luglio 2015 un mix d’insoddisfazioni lavorative e personali, sommate a un’incompatibilità con la realtà socio-culturale italiana, ci ha convinti a fare il passo che meditavamo da un po’: andare altrove.
La scelta è ricaduta su Berlino perché ci sembrava il miglior compromesso, una metropoli pullulante di vita e realtà stimolanti nel settore musicale, non ancora dannatamente costosa (nel frattempo lo è diventata) come le altre capitali europee.
I testi delle vostre canzoni trattano aspetti della società attuale e conflitti ormai diventati guerra di fatto, come quello israelo-palestinese. Che risposta avete dal pubblico?
(Mimmi) Il nostro pubblico è abbastanza omogeneo per età, ma eterogeneo in tutti gli altri aspetti. Per questo motivo non tutte le persone che ci seguono sono coscienti del ruolo che le liriche rivestono nel progetto I-Taki Maki. Tuttavia una buona fetta s’interessa molto all’aspetto comunicativo in senso più stretto e apprezza il nostro desiderio di fare musica per veicolare dei messaggi, per sensibilizzare, oltre che per trasmettere emozioni. Ci proviamo, spesso ci riusciamo e questo ci spinge ad andare in questa direzione.
La vostra è una discografia che inizia a essere importante, per il numero di album pubblicati. L’autoproduzione è una scelta che fate per avere totale controllo sul vostro lavoro in fase di creazione, distribuzione, etc.? Avete mai proposto la vostra musica a etichette indipendenti tipo Sub Pop, Thrill Jokey, Secretly Canadian, che lavorano con artisti con molte caratteristiche simili alle vostre?
(strAw) L’autoproduzione è una scelta coerente con l’importanza che l’indipendenza riveste per noi, nella vita in generale e quindi anche nel progetto. Quando scegli di condurre un’esistenza che sia il più possibile libera da ingerenze, da costrizioni, da vincoli, da interferenze, devi anche saper sopportare il peso di dover fare da solo. Il prezzo della nostra indipendenza è l’enorme mole di lavoro che ci dividiamo come meglio possiamo.
Anche il fatto di essere un duo e non una full band fa sì che ci si debba sobbarcare delle incombenze di un’intera squadra. Dalla scrittura alla composizione, dall’arrangiamento alla registrazione in studio, dal missaggio e mastering alla produzione dei video, dalla promozione al booking, facciamo tutto da soli. Per amore dell’indipendenza e per rispetto dei nostri valori, non per superbia e neanche per anti-socialità! Anzi… amiamo collaborare con artisti che ci piacciono.
Però alcune più o meno recenti collaborazioni, fallimentari o deludenti, ci hanno fatto apprezzare sempre di più la nostra scelta di vita. A collaboratori del calibro di quelli da te nominati non ci siamo mai rivolti, per ora. Non siamo ancora pronti ad accettare la via del compromesso, seppur ragionevole e conveniente. Ma assolutamente mai dire mai, verrà il giorno!
Quali sono stati o sono tutt’ora i musicisti che più vi hanno ispirato, influenzato nel vostro percorso musicale, e con chi vorreste collaborare?
(strAw) La mia lista sarebbe molto lunga, quindi ne cito solo alcuni: The Velvet Underground, Low, Sonic Youth, Pixies, P.J. Harvey e Neil Young. Per l’altro discorso, sarebbe un sogno collaborare con John Parish.
(Mimmi) Un mio grande desiderio è stato per anni quello di aprire un concerto dei Low. La nostra adorata Mimi Parker ci ha lasciati troppo presto, ma collaborare con Alan Sparhawk resta un sogno nel cassetto. Loro due sono fonte di grande ispirazione. Non solo dal punto di vista artistico. Per me sono un esempio di vita, con la loro compostezza e grande capacità comunicativa. Due artisti e persone meravigliose.
Nei vostri concerti eseguite canzoni di altri artisti? Avete mai pensato di produrre un album di cover di canzoni che vi hanno regalato good vibrations?
(strAw) Negli anni abbiamo eseguito dal vivo molte cover di artisti che amiamo, alcune le abbiamo anche registrate e si possono ascoltare sul nostro profilo SoundCloud.
In Italia non sempre è facile trovare locali disposti a far esibire band che propongono materiale originale. Anche in Germania è più facile trovare ingaggi come Tribute Band?
(Mimmi) Non mi sento di sbilanciarmi troppo perché non è un dato che conosco di preciso, ma tenderei a credere che in Germania avvenga esattamente il contrario. Non mi è mai capitato di trovarmi in un locale in cui suonasse una cover band e neanche di trovare proposte su programmi dei vari locali o poster.
Collaborate con un’agenzia di booking, oppure anche in questo caso siete manager di voi stessi? Avete mai cercato di portare la vostra musica in palcoscenici del calibro di festival europei come Primavera Sound a Barcellona, Sziget Festival a Budapest, Rock en Seine a Parigi?
(Mimmi) Anche in questo caso, come si dice, ce la cantiamo e ce la suoniamo. E per una band, è proprio il caso di dirlo! Però in quest’ambito non si può dire che non ci abbiamo provato… diciamo che ci è capitato di tutto e alla fine ce la siamo sempre dovuta sbrigare da soli. Però una mano per il booking (da parte di professionisti seri, ovviamente) ce la faremmo dare volentieri.
Quali sono i vostri tre dischi preferiti di sempre…?
(strAw)
Surfer Rosa – Pixies – (1988 – 4AD)
To Bring You My Love – P.J. Harvey – (1995 – Island Records)
The Great Destroyer – Low – (2005 – SubPop Records)
(Mimmi)
Non esattamente i “preferiti” ma sicuramente i più importanti dal punto di vista affettivo.
Harvest – Neil Young – (1972 – Reprise Records)
White Chalk – PJ Harvey – (2007 – Island Records)
C’mon – Low – (2011 – SubPop Records)