Baerbock: “Riconoscere la Palestina è solo un atto simbolico, non è una soluzione”
La scelta di Spagna, Norvegia e Irlanda di riconoscere la Palestina come Stato ha posto un inevitabile interrogativo a tutte le altre potenze occidentali: fino a che punto i governi che condannano le azioni di Netanyahu sono disposti a operare per arrivare alla fine del conflitto e per tutelare la sicurezza della popolazione civile palestinese. Come già in passato, questo tipo di posizioni mettono in particolare difficoltà il governo tedesco.
Per Baerbock, riconoscere la Palestina come Stato non è una soluzione politica
Se, da una parte, la Ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock (Verdi) aveva prima ammonito Israele a proposito dell’intenzione di attaccare Rafah e poi aveva criticato gli attacchi, dall’altra la stessa Baerbock ha definito la scelta dei tre governi europei di riconoscere la Palestina come un “gesto politico simbolico” e criticandolo sostanzialmente come privo di sostanza, affermando che siano altre le priorità da considerare in direzione di un cessate il fuoco. “Una soluzione alla terribile situazione che stiamo vivendo non richiede un riconoscimento simbolico, ma una soluzione politica” ha dichiarato.
Baerbock enfatizza l’importanza della soluzione “a due Stati”, che, sostiene, può essere raggiunta solo attraverso negoziati diretti e sostanziali tra le parti in conflitto, che si concentrino prima di tutto su temi come il rilascio degli ostaggi e la fine delle sofferenze della popolazione di Gaza, nonché la possibilità di far pervenire gli aiuti ai civili che in questo momento non hanno accesso ai beni di prima necessità.
Germania e Francia: soluzione diplomatica per i “due Stati”
La posizione di Baerbock e del governo tedesco, condivisa dalla Francia, è che attualmente non è il momento per azioni puramente simboliche, le quali rischierebbero addirittura di esacerbare le tensioni anziché placarle, e che non offrirebbero una vera prospettiva di pace. Baerbock parla quindi di “riavviare il dialogo”, che è stato interrotto per anni, tra israeliani e palestinesi e che, secondo la Ministra, sarebbe l’unico modo per raggiungere una soluzione duratura che garantisca sicurezza e dignità ad entrambi i popoli coinvolti.
Questa posizione, tuttavia, non è più scontata a livello internazionale come lo sarebbe stata fino a poco tempo fa, soprattutto alla luce della recente decisione della Corte Penale Internazionale di emettere mandati d’arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La decisione della Corte penale internazionale ha aggiunto un ulteriore strato di complessità alla già intricata rete di relazioni diplomatiche, soprattutto perché mette i due leader sullo stesso livello in termini non solo di responsabilità, ma anche di rilevanza all’interno del conflitto – una scelta che, evidentemente, nessuna delle due parti è particolarmente incline a condividere.
Mentre l’Europa rimane divisa sull’opportunità del riconoscimento dello Stato palestinese, la situazione sul campo continua a essere estremamente volatile e le condizioni dei civili si fanno sempre più estreme.