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Le 5 cose più raccapriccianti che abbiamo visto al Museo del disgusto di Berlino

Qualche tempo fa, vi abbiamo parlato del “Museo del disgusto di Berlino“. Recentemente lo abbiamo visitato e dopo un’interessante panoramica abbiamo deciso di selezionare per voi le cose più… “ad alto impatto”, diciamo.

Museo del disgusto, cosa aspettarsi

All’entrata, oltre a un sacchetto di carta per il vomito (non si sa mai…), ci hanno anche detto in quali casi era possibile annusare il contenuto di alcuni vasetti di vetro. Perché il disgusto, quando si parla di cibo, non è solo una questione di sapore o di sguardo, ma anche di olfatto.

museo del disgusto
“il Mitte” con i sacchetti per il vomito distribuiti all’ingresso del Museo del Disgusto di Berlino

Ovviamente siamo consapevoli di quanto gusto e disgusto siano geograficamente e culturalmente relativi, al di là delle leggi che bandiscono alcuni cibi considerati rischiosi per la salute.

Da questo punto di vista, il museo offre una prospettiva onesta e quindi globale, ospitando tanto il Surströmming svedese quanto il nostro Casu Marzu sardo, tanto il cuore pulsante di cobra alla vodka vietnamita quanto le merendine statunitensi particolarmente piene di conservanti, di cui leggenda dice che addirittura non scadano mai. Insomma, noi abbiamo scelto le opzioni che ci hanno fatto più impressione in base a criteri esclusivamente personali… magari, se visitate il museo, fateci sapere le vostre!

Vino di topo, Cina. Museo del disgusto, Berlino

Vino di topo, Cina. Impatto tremendo!

Questo vino è un antico rimedio cinese ottenuto annegando topi di non più di tre giorni in una bottiglia di vino di riso, lasciandoli quindi a macerare per circa un anno. Veniva consigliato come rimedio per l’asma, per le malattie del fegato e talvolta alle puerpere. Chi lo ha assaggiato descrive il suo sapore come quello che si immagina abbia la benzina, con un retrogusto di putrefazione e un odore molto forte.

Succo di bulbo oculare di pecora, Mongolia. Museo del disgusto, Berlino

Succo di bulbo oculare di pecora, Mongolia

Detto anche “Mongolian Mary“, questo drink è decisamente particolare. Consiste infatti di bulbo oculare di pecora, in salamoia, versato in un bicchiere di succo di pomodoro ed è considerato un rimedio contro l’hangover (i postumi di una sbornia) dai lontani tempi di Gengis Khan. La nota informativa presente nel pannello di accompagnamento del museo aggiunge che, mangiati in grande quantità, i bulbi oculari sono incredibilmente nutrienti.

Kopi Luwak, Indonesia. Museo del disgusto, Berlino

Kopi Luwak, Indonesia. Disgusto fecale

È il caffè più costoso al mondo, con prezzi che possono arrivare fino a 3000 euro al chilo, ma siete sicuri di voler sapere com’è fatto? Questo caffè è infatti prodotto con chicchi di bacche di caffè ingerite, parzialmente digerite e defecate dallo zibetto delle palme.

Si ritiene che siano gli enzimi della digestione a dare a questo caffè il suo speciale aroma. Purtroppo, ai fini della produzione industriale, gli zibetti sono tenuti in condizioni terribili e costretti a ingozzarsi di bacche. Considerando che al mondo ci sono tanti ottimi tipi di caffè prodotti diversamente, quindi, forse si può serenamente rinunciare a questo.

Virgin boy eggs, Cina

Virgin boy eggs (Uova del ragazzo vergine), Cina. Disgusto urinario

Lo ammettiamo, non capiamo la logica, ma descriviamo in modo neutro la procedura. Una volta l’anno (tendenzialmente all’inizio della primavera), viene raccolta urina di bambini in età prepuberale all’interno di bacinelle e secchi predisposti a questo scopo.

Nell’urina vengono quindi fatte bollire delle uova e i gusci sono rotti per fare in modo che il liquido penetri meglio all’interno. Questa procedura va avanti per ore, fino a quando le uova sono pronte per essere mangiate. Nonostante l’odore di urina, il sapore è descritto come delicato, salato e quasi in grado di “produrre dipendenza.” Nel 2008, la città di Dongyang ha riconosciuto le uova come patrimonio culturale immateriale locale.

Bävergäll (Castoreo), Svezia. Museo del disgusto, Berlino

Bävergäll (Castoreo), Svezia. Disgusto perianale

Questo liquore svedese è prodotto lasciando in infusione nell’alcol, per diverse settimane, le ghiandole perianali dei castori. Tali ghiandole producono un fluido giallastro detto castroreo, normalmente usato dai roditori per marcare il territorio e dagli uomini per confezionare profumi e per creare una sorta di sostituto naturale della vaniglia.

Nel 1800, queste ghiandole potevano costare due mesi di stipendio e i castori svedesi vennero cacciati fino quasi all’estinzione. Oggi la situazione si è normalizzata e i simpatici roditori hanno ripopolato il Paese scandinavo. Il sapore di questo liquore, che un tempo si riteneva curativo in caso di mal di denti, epilessia e disordini mentali, ha un forte gusto di cuoio e pino.

Liquore a tre peni, Cina. Museo del disgusto, Berlino

Liquore a tre peni, Cina. Degustare la virilità

Ve lo giuriamo, non abbiamo nulla contro la Cina, la nostra selezione è avvenuta in modo casuale, anche se ammettiamo di non aver inserito il Casu Marzu, nonostante la vista dei vermi brulicanti fosse “impegnativa”, per non offendere i nostri amici sardi e quindi per mero e bieco nazionalismo.

Ad ogni modo questo liquore nasce mettendo a fermentare tre peni diversi, di foca, di cervo e di cane cantonese. I peni di animale erano considerati curativi dall’antica medicina cinese e questo liquore specifico veniva prescritto per incrementare la virilità. Oggi è venduto anche al supermercato e il sapore è descritto come molto pungente, simile ad aceto mescolato a succo di prugna e decisamente dominante, ragion per cui è sconsigliabile usarlo per i cocktail.

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