Intervista a Blixa Bargeld, a un giorno dall’uscita di “Rampen”
di Davide Rosa
In un primaverile giovedì mattina berlinese, al quinto piano di un cortile in mattoni sulla Sprea, mi aspetta Blixa Bargeld per una conversazione sul nuovo album degli Einstürzende Neubauten: “Rampen” (apm: alien pop music), uscito il 5 Aprile 2024.
Appena entrato vengo invitato a sedermi. Sorseggia un thè verde. Sul tavolo ci sono altre bevande analcoliche e dei dolcini tondi ricoperti di zucchero, che non mangeremo durante l’intervista.
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Questo é il vostro quindicesimo album in studio. Dopo quarantaquattro anni di carriera avete deciso di pubblicare per la prima volta un disco composto unicamente da improvvisazioni
È davvero il quindicesimo? Non li ho mai contati. Le “rampe” sono pezzi nati da improvvisazioni dal vivo svolte durante i nostri tour. L’unica delle quindici tracce del disco che abbiamo improvvisato direttamente in studio è Planet Umbra.
Se non le dispiace allora stavolta vorrei sottoporla ad un piccolo esperimento basato proprio sull’improvvisazione. Le ho portato una scatola contenente quindici frammenti di testi del nuovo album, uno per ogni traccia. Dovrà sorteggiarne alcuni e li useremo come punti di partenza – o rampe – per la nostra conversazione. È d’accordo?
Ah, certo! Interessante. Un’intervista aleatoria, molto volentieri
Prego allora, sorteggi pure
1. “BRANDLINIEN, SCHNITTMENGEN, SPONTANES BOMBARDEMENT”
“Linee tagliafuoco, sovrapposizioni, bombardamenti spontanei”
(Track n.8 – Everything will be fine)
Questa canzone in realtà è nata dall’unione di due improvvisazioni ed è uno degli ultimi pezzi che abbiamo registrato. A febbraio 2023 mi sono rotto il femore ed in quel periodo avevo già le stampelle, mentre appena entrati in studio ero ancora sulla sedia a rotelle. Il dolore mi ha causato uno stato di insonnia tale che il mio confine tra la realtà e l’inconscio era letteralmente perforato. Di questa canzone esistono in totale sei registrazioni dal vivo, in ognuna delle quali canto sempre strofe diverse, eccetto il ritornello. Ho provato invano a trascriverle, dal momento che in alcuni casi era impossibile.
Questo specifico frammento di testo l’ho scritto esattamente il 7 ottobre, dopo aver visto il telegiornale, e ho deciso di utilizzarlo per completare le parti mancanti. Si tratta di un riferimento continuo alle discussioni che ci ritroviamo a fare osservando la situazione politica globale odierna, nel tentativo di capire se siamo prossimi o già giunti alla fine.
È una delle mie canzoni preferite del disco, si chiama “Everything will be fine”, ma è chiaramente puro cinismo.
2. “IRGENDWO HABEN MINEN SICH VERSTECKT”“Da qualche parte si sono nascoste delle mine”(Track n.14 – Trilobiten)
È l’incipit di Trilobiten, una delle cosiddette “rampe supportate”. Significa che in alcuni casi, prima dell’improvvisazione, ci assegniamo l’un l’altro una sorta di accordo minimo. Ad esempio “Inizia Jochen Arbeit con l’armonica”, oppure “Accelerare gradualmente il tempo” e così via. Nel mio caso può succedere che io debba caricare un set di frammenti nel mio Teleprompter e capire come potermi inserire nella parte strumentale, nel generarsi della rampa. Questo è proprio uno dei frammenti più lunghi e credo di averlo scritto nel 2008.
Trilobiten fa riferimento ad un nostro concerto in Canada, tenutosi all’Expo di Vancouver nel 1986. Il Goethe Institut per l’occasione aveva inizialmente proposto un concerto per un quartetto d’archi, mentre l’organizzazione dell’evento voleva assolutamente che suonassero gli Einstürzende Neubauten. Così ci invitarono, il tema era “Indian Dances of the Northern Territories” e suonammo prima di Youssou N’Dour et le Super Etoile de Dakar… un accostamento divertente, non trova? (ride)
Ad ogni modo a fine serata l’organizzatrice mi regalò un fossile, un trilobite, dicendomi che apparteneva ad un’era in cui in nessuna specie era presente una distinzione tra genere femminile e maschile. Questa è rimasta una delle tematiche ricorrenti e seriali sia nelle produzioni dei Neubauten che nei miei lavori da solista. Il distanziamento dal determinismo biologico e la possibilità di allontanarsi dal puro evoluzionismo, che inevitabilmente comporta il superamento dei limiti delle forme attuali di linguaggio.
Da spettatore è quasi inimmaginabile che riusciate a calibrare degli equilibri rumoristici così complessi con indicazioni così ridotte. Come fate ad impostare strutture e tempistiche di quel calibro direttamente sul palco?
È quasi un gioco telepatico ormai. Questa formazione dei Neubauten suona già da venticinque anni insieme, mentre io Andrew ed Alex siamo membri della band da ben quarantaquattro.
Ho visto i CAN tre volte dal vivo, due volte con Damo Suzuki. Le loro improvvisazioni erano fuori dal normale, quasi ultraterrene. Posso permettermi di affermare che sotto questo aspetto siamo molto simili ai CAN. Talvolta le nostre performance assumono una dimensione telepatica e situazionistica in cui improvvisamente avviene l’inspiegabile. Lo spettatore assiste e si chiede “Strano, questo pezzo non lo conosco.” Certo che non lo conosci, sta nascendo proprio in questo preciso istante.
3. “I PUT A CRYPTIC MESSAGE ON THE DOOR”
“Lascio un messaggio criptico sulla porta”
(Track n.5 – Before I go)
L’ho scritto una decina di anni fa, ma quando ho rimesso insieme i frammenti del testo per il nuovo album mi sono reso conto di esattamente nella stessa situazione di allora. Stavo traslocando da un grande appartamento di fronte al Mauerpark, con tutti i problemi logistici del caso. La canzone parla dei cambiamenti, anche se sembra quasi che io stia morendo, o che sia arrivata la morte dell’appartamento stesso. L’abbiamo incisa esattamente per come è stata cantata durante le improvvisazioni, nessun overdub, nient’altro.
E un messaggio criptico può lasciare di proposito spazio a incomprensioni ed interpretazioni imprevedibili. È forse anche questo un piccolo attentato alle convenzioni del linguaggio?
Esattamente.
4. “A PAIR OF QUAIL EGG SCISSORS”“Un paio di forbici per uova di quaglia”(Track n.3 – Pestalozzi)
Un verso della terza traccia, Pestalozzi. L’idea è nata da una foto in cui A.S. Neill, circondato dal caos e da tanti bambini, è ritratto seduto, calmo ed impassibile. Si fa riferimento alle metodologie pedagogiche ed ho cercato di ampliare questa immagine decantando una serie di elementi, o meglio elencando una serie di potenziali ingredienti. Per farlo mi sono avvalso della mia lista di acquisti su Amazon degli ultimi venticinque anni. Sono tutti oggetti che ho ordinato online, i più disparati.
Un oggetto del genere potrebbe tranquillamente essere uno dei vostri strumenti musicali. Un tempo suonavate con oggetti di qualsiasi natura, che reperivate in aree industriali prima dei concerti, oggi avete una strumentazione molto sofisticata che è già di per sé una scenografia. Per questo album avete introdotto quattro nuovi strumenti costruiti da Yuri Landman: Homeswinger, The Box, Hard Drive e Kalimba.
Sì, lo abbiamo fatto appena abbiamo capito di voler registrare “Rampen”. Jochen Arbeit ha preso la giusta decisione di non voler suonare esclusivamente la chitarra e di aggiungere questi nuovi elementi e sfumature al disco. Sono fatti su misura per noi e non appartengono al set che avevamo in tour quando abbiamo improvvisato, sono quindi specifici per la rielaborazione dei pezzi in studio.
Devo ammettere però di non averli quasi mai visti personalmente, tranne la grande Kalimba elettrica non ho mai avuto occasione di poter dare un’occhiata approfondita agli altri. Non so ad esempio come sia fatto l’Hard Drive.
A proposito di forbici, ho dimenticato di portare le forbici per ricci di mare che le volevo regalare, come le avevo promesso dopo un’intervista di qualche anno fa (Blixa Bargeld è stato punto da un riccio di mare, quando era in Italia, e da allora li mangia ogni volta che li trova, ndr)
Ah ah, lei si che è gentile! Vorrà dire che me le darà la prossima volta che ci incontreremo. I ricci di mare, ormai, dopo quell’episodio in Italia, li mangio solo per vendetta! (ride mentre sorteggia il quinto frammento)
5. “DASS DAS WAS FEST WAR SICH VERFLÜSSIGT”
“Che ciò che era solido si liquefaccia”
(Track n.4 – Es könnte sein)
Questo frammento riflette un po’ la natura della traccia, Es könnte sein è una rampa che ha una struttura relativamente regolare che via via va sfaldandosi in determinate code, si autodistrugge man mano con suoni e martellate aritmiche. È l’ultimo pezzo del lato A del primo disco.
Nel far trasformare un’improvvisazione in una canzone incisa in studio, si rende solido qualcosa che in precedenza era fluido. Come si comporteranno questi pezzi quando li riproporrete dal vivo nel prossimo tour? È possibile che avvenga l’operazione inversa, ovvero che riacquisiscano quella liquidità originale? Sarebbe un po’ come il miracolo di San Gennaro.
(Ride) Sì, intende quella ricorrenza con il sangue, a Napoli. La conosco, ne ho sentito parlare.
Vedremo la natura di queste composizioni una volta ritornate sul palco. Al momento non le abbiamo ancora riproposte dal vivo. Ad ogni modo non sono certo che nel prossimo tour, in autunno, porteremo proprio tutte le rampe. Cercheremo di toccare tutto il nostro repertorio degli ultimi venticinque anni, quindi da “Silence is Sexy” in poi. Suoneremo anche alcune rampe di questo disco e come al solito avremo nuove rampe per come le abbiamo sempre svolte, ovvero live.
6. “DAS INNERE DER ZWIEBEL”
“L’interno della cipolla”
(Track n.1 – Wie lange noch)
Questa è un’improvvisazione fatta a Bologna, la cui unica strofa era “Wie lange noch?”. Nel momento il cui ho iniziato ad aggiungerle maggiore corposità, è immediatamente saltata fuori questa strofa sulla cipolla. Quando i Neubauten iniziano a comporre un nuovo lavoro, ne vengo assorbito fisicamente e psicologicamente. Lo faccio in maniera totalizzante ed incessante, non ho più capacità per tutto il resto ed è uno sforzo di cui sia io che la mia famiglia risentiamo. Si tratta di una condizione verso cui inizialmente non vado volentieri. Le metafore del primo pezzo fanno riferimento a questo.
Talvolta, mentre scrivo, faccio l’esperimento di controllare sul mio computer cosa ho scritto, nella stessa data, durante gli anni precedenti. In questo caso ho trovato una pagina intera di reinterpretazioni di testi di Myrna Loy, che avevo scomposto e rielaborato. Alcune parti della canzone provengono proprio da questi stravolgimenti delle sue poesie. Fare questa operazione per me è un po’ come utilizzare un passe-partout per aprire nuove porte.
L’interno di una cipolla inoltre ha una struttura a strati ben definita. Lei stesso in diverse occasioni ha affermato di essere molto affascinato da griglie, schemi e regolarità, che però nel suo modus operandi incontrano spesso metodi basati sul principio casuale. Mi viene in mente, ad esempio, il navigator che avete usato in “The Jewels”.
Sì, la stessa improvvisazione si definisce come tale in quanto nessuno sa cosa farà l’altro. E questo è il bello ma, allo stesso tempo, la caratteristica spaventosa e rischiosa di questa operazione. Sia il navigator che l’improvvisazione sono metodi che utilizziamo per infiltrarci nella routine, per non acconsentire a tutto ciò che è pianificato. Delle volte è proprio fisiologico e necessario scardinare le dinamiche. (estrae il frammento successivo)
7. “ALS AMÖBE UND ALS ÜBERMENSCH”
“Come ameba e come superuomo”
(Track n.7 – Besser Isses)
Questa è la versione più minimalista in assoluto di una break-up song! Patricia Kaas, una “chansonnette” francese, mi ha chiesto se potessi scriverle un duetto e l’ho fatto. Poi mi ha chiesto nuovamente di scriverle una canzone e mi son detto: “Beh, ora che ha già un duetto, le serve una canzone in cui questi due duettanti si lasciano”. Così ho scritto una break-up song! È sicuramente l’esemplare più ermetico tra tutte le canzoni di questo genere poiché recita: “Io, senza te! Tu, senza me! Meglio così!”
Lei chiaramente non l’ha più registrata, così è diventata materiale dei Neubauten e l’ho intrisa così tanto di nostro che si potrebbe pensare ad una rottura tra Blixa, Dio e tutto l’Universo. Oltretutto dal momento che Patricia Kaas è francese, ho anche pensato di potermi concedere il lusso di inserire dei termini dal sapore ugonotto-berlinese nel testo. Parole e versi come “Schisslaweng” o “Blümerang, blue mourant“ e così via.
In un verso così piccolo, tra ameba e superuomo, sono contenuti secoli di evoluzione, dà quasi la sensazione di voler essere un rapido crescendo. Ha già di per sé le caratteristiche di una rampa, se vogliamo
Sì, ritorniamo al tema a noi caro dell’evoluzione. Inoltre mi piace molto travasare riferimenti da un ambito all’altro cercando di dare loro una continuità in un nuovo contesto in cui farli splendere. In questo caso, partendo dalla biologia si arriva alla filosofia. Prediligo ciò che è trasversale, muovendosi dal banale all’intellettuale e viceversa.
8. “I’VE BEEN TO BOTH GREAT WALLS”
“Sono stato ad entrambi i grandi muri”
(Track n.2 – Ist Ist)
Ist Ist è il nostro nuovo singolo, queste due parole e una collezione di fonemi onomatopeici sono stati prima cantati e poi campionati. Non sono io a pronunciarli, quindi, ma Felix Gebhart con la tastiera. Inoltre avevo in mente una melodia precisa del cantato. Il testo evoca movimenti e la ricerca di qualcosa, ma riporta sempre ad una certa inconcludenza.
Volevo proprio che la mia voce venisse denaturalizzata e resa più il artificiale possibile. Ho registrato quindi la parte melodica in due maniere differenti: in un primo momento cantata ed in un secondo leggendo il testo, parola per parola, senza alcun tono e ho poi sovrapposto le parti.
9. “A MASS VENDETTA CAMPAIGN”
“Una campagna vendicativa di massa”
(Track n.11 – Tar & Feathers)
Il terzo lato del vinile è concepito o assemblato in maniera un po’ differente rispetto agli altri. Ci sono pezzi pensati esclusivamente come di apertura e chiusura, che non troverebbero altrimenti il loro posto in nessun’altra sequenza del disco. Il terzo lato è quindi composto quasi come la scorrevolezza di un fiume: The Pit of Language, Planet Umbra, Tar & Feathers. C’è una continuità. Questa buona abitudine viene classicamente dalla tradizione Krautrock.
Non è possibile quindi immaginare le rampe come modulari ed interscambiabili
No, soprattutto ora che sono diventate dei veri e propri pezzi incisi. Lo sono ancora meno di prima. Non sono interscambiabili neanche tra di loro in determinati casi.
10. “WIR ÜBEN DAS NEUE”
“Esercitiamo il nuovo”
(Track n.15 – Gesundbrunnen)
Gesundbrunnen è il pezzo che chiude il disco e torna sulle tematiche evoluzionistiche già accennate poco prima. In questo contesto di liberazione dal determinismo, “Wir üben das neue“ è un‘affermazione che ho voluto esprimere in maniera ancora più netta e radicale. Tra tutte le quindici canzoni è la mia preferita.
11. “SING FUR MICH IN GELB”“Canta per me in giallo”(Track n.12 – Aus den Zeiten)
L’intero album è giallo. La decisione l’ha introdotta Andrew, che voleva addirittura intitolarlo “Gelb”. I Beatles hanno avuto un “White Album” e noi ora abbiamo l’album giallo. Il frammento in questione proviene da un aneddoto personale che non spiegherò, riguarda la mia quotidianità con mia moglie Erin. Pur riferendomi ad un momento banale che abbiamo vissuto a casa nostra a Pechino, nel lontano 2004, se ne è subito ricordata. Il giallo però non ha nulla a che vedere con la Cina.
Inoltre ha sempre cercato di allargare il campo sensoriale dei suoi testi. Si è avvalso più volte di notevoli parallelismi cromatici e dell’uso dei colori. Torniamo sempre alla sua volontà di oltrepassare i limiti del linguaggio, in qualche modo
Sì, è esattamente quello il tentativo. Ci tengo però a precisare che questo giallo non è l’oro che menzionavo nel testo di “Sabrina”.
“It’s not that gold, it’s not gold at all”, se volessimo citarla
(Blixa ride compiaciuto ed estrae uno degli ultimi bigliettini)
12. “SO FAR WE CAST NO SHADOWS”“Al momento ancora non gettiamo ombre”(Track n.10 – Planet Umbra)
Il testo è nato direttamente nello studio di registrazione, così come la canzone, che è l’unica non improvvisata dal vivo. Jochen aveva portato uno dei suoi nuovi strumenti. Dalla mia posizione, probabilmente sulla sedia a rotelle, non riuscivo a vederlo. Ricordo solo che iniziò a suonare lui e tutti lo seguirono, tranne Andrew. Anche il mio testo arrivò di getto in quel preciso momento. L’unico overdub è proprio quello di Andrew, che una volta ascoltato tutto decise che il Pianeta Umbra aveva bisogno di acqua, per cui registrò a posteriori le parti in cui “suona l’acqua”.
Ho scoperto solo dopo, e mi ha un po’ sconvolto, che anche nell’universo di Star Wars esiste un pianeta chiamato così. Non lo sapevo. Inoltre Umbra è anche un colore, una tonalità simile alla terra, anche qui i colori hanno un bel ruolo. Inoltre, come ben, sa Umbra non significa altro che ombra.
Il ritornello della canzone mi lascia perplesso al punto che non avrei mai creduto fosse nato direttamente durante una registrazione. C’è un incasellamento abbastanza complesso nel significato. Le confesso che è la mia canzone preferita di Rampen APM
Mi fa molto piacere.
13. “WAT NU?”
“Cos’altro?”
(Track n.13 – Ick wees nich)
Eravamo in concerto a Vienna, così ho deciso di esprimermi per tutta la rampa in dialetto berlinese: “Wat nu?”. E non l’ho fatto di certo per campanilismo. Ritengo che le due città siano sorelle, per cui mi sono sentito libero di farlo.
Aldilà del passato imperiale in comune di Prussia ed Austria, anche le rivoluzioni industriali hanno influenzato le due città nella stessa maniera. Basta pensare alle Mietskasernen ed ai cortili dell’edilizia residenziale del tempo per comprenderne i parallelismi.
L’intensità delle avanguardie, inoltre, è stata quasi esattamente la stessa in entrambe le città.
Assolutamente! A questo proposito va menzionato un viennese su tutti: Arnold Schönberg, che prima di lasciare l’Europa per Los Angeles aveva una cattedra all’Università di Berlino. Mi fa sempre molto sorridere l’aneddoto in cui, a un party negli USA, gli venne presentato un produttore cinematografico che gli chiese: “Può fischiettarmi una delle sue canzoni?” (ride)
Impegnativo, direi… (risate)
14. “DIE HAUT VERLEDERT”“La cute diventata pelle”(Track n.6 – Isso Isso)
Di questo pezzo ho parlato troppo poco nelle interviste. In realtà è composto molto bene ed il segmento “Isso Isso” si ripete in tante declinazioni per tutto l’album.
Il riferimento in questo caso è una mummia di palude, posta lì quasi come se si trattasse di una sorta di offerta dovuta ad un mondo inferiore. Ci sono immagini molto interessanti di questi ritrovamenti, in cui la cute ormai è diventata pelle. Prendo quindi questo riferimento archeologico e lo trasformo in una sorta di caso politico. Mi piace molto il testo di questa canzone, d’altronde l’ho scritto io. (risate)
Sorteggiamo un altro bigliettino?
Volentieri. Temo però sia l’ultimo
15. “I FELL INTO THE PIT OF LANGUAGE”“Sono caduto nella fossa del linguaggio”(Track n.9 – The Pit of Language)
Questo è un frammento con cui ho lavorato in diverse occasioni. Ci sono anche dei video su YouTube in cui faccio una performance a Vienna con mia figlia ancora bambina che canta “Fra Martino” in cinese, che però si chiama “Due tigri cieche”. Anche qui, quindi, il mettere in dubbio la comunicazione linguistica. Potrei quasi descrivere me stesso come qualcuno caduto nella fossa del linguaggio.
Nel singolo “Mi Scusi” con Theo Teardo si poneva già gli stessi dubbi
Sì. All’inizio degli anni duemila ho disegnato una sorta di schema concettuale delle canzoni degli Einstürzende Neubauten, sulla falsa riga di una mappa della metro di Berlino. Le linee sono i concetti o le tematiche che le collegano tra di loro. Ci sono molte canzoni unite da più linee, quasi come stazioni in cui puoi scendere e cambiare direzione.
Dovrei aggiornarlo inserendo anche le mie collaborazioni, tessendo così una rete di interscambi proprio come fanno U-Bahn ed S-Bahn.
Grazie mille, è stato ancora una volta un piacere
Sono io a ringraziarla, soprattutto per la ben riuscita impostazione aleatoria dell’intervista.
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