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Sfratto esecutivo ritardato dal tribunale di Berlino: nella decisione pesa la crisi degli alloggi

Nella lingua tedesca, c’è una singola parola capace di evocare il terrore in tutti gli affittuari berlinesi: Eigenbedarf. Questo termine, che si traduce come “uso proprio” indica l’unica condizione in cui lo sfratto è sempre possibile – a patto che il proprietario di casa sia un privato e non un’azienda. In Germania, infatti, i contratti d’affitto sono quasi sempre a tempo indeterminato e generalmente piuttosto solidi: sfrattare un inquilino è molto difficile, a meno che non ci siano motivi gravi, come prolungate insolvenze o mancanze davvero macroscopiche. Se, però, il padrone di casa dichiara di avere bisogno dell’immobile per utilizzarlo come abitazione, per sé o per un familiare, lo sfratto è praticamente sempre legale – con la clausola che l’appartamento venga poi effettivamente occupato dal proprietario.

Per il tribunale, la difficoltà di trovare casa è un fattore da considerare

Una recente sentenza, però, ha messo in discussione il modo di applicare questo principio, prendendo in considerazione il contesto del mercato immobiliare della capitale, che in questo momento è particolarmente teso. In un caso, il tribunale regionale di Berlino ha infatti concesso a degli inquilini un rinvio di due anni per lasciare un appartamento dopo aver ricevuto un avviso di sfratto per uso personale – laddove, normalmente, tali proroghe possono arrivare al massimo a pochi mesi. In questo caso, il tribunale ha ritenuto che le circostanze meritassero un’attenzione particolare.

La decisione, esposta nelle motivazioni pubblicate insieme alla sentenza, è stata influenzata dalle difficoltà incontrate dagli inquilini nel trovare un’alternativa abitativa adeguata sul mercato degli affitti, che attualmente sta attraversando un periodo di crisi. La scarsità di offerte abitative a prezzi ragionevoli e la crescente domanda hanno creato un ambiente estremamente competitivo e difficile per chi cerca casa.

Gli avvocati e gli esperti del settore immobiliare stanno ora valutando attentamente l’impatto che questa sentenza potrebbe avere sulle future relazioni tra locatari e locatari.

L’inquilino in questione, nel tentativo di trovare una nuova casa, aveva presentato centinaia di domande, ma tutte erano state respinte. Di fronte a questa situazione, il tribunale ha ritenuto giusto concedere all’inquilino un periodo di due anni per trovare un’alternativa, permettendogli così di rimanere nell’appartamento per il momento.

A rendere innovativa questa sentenza, è in particolare il fatto che tribunale abbia riconosciuto le prove presentate dall’inquilino, che dimostravano le sue intense ma infruttuose ricerche di un nuovo alloggio. In passato, per dimostrare le difficoltà del mercato immobiliare, era necessario ricorrere a perizie dispendiose, i cui costi ricadevano spesso sugli inquilini, rendendo il procedimento inaccessibile per chi si trovata, magari, in una situazione finanziaria già di per sé non ottimale.


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Sfratto rinviato, non annullato. L’associazione degli inquilini applaude la sentenza

La sentenza, va detto, non ha annullato lo sfratto, ha solo allungato molto oltre i limiti consueti la proroga concessa, prima che questo diventi esecutivo,

Bisogna sottolineare che la sentenza è un caso specifico e non stabilisce un precedente legale vincolante per altri casi simili. Tuttavia, rappresenta uno specchio dei tempi e pone l’accento sulle difficoltà del mercato immobiliare e sulle sfide che gli inquilini devono affrontare nella ricerca di una nuova sistemazione, accendendo il dibattito sulle misure attualmente esistenti per la protezione del diritto all’alloggio.

L’associazione degli inquilini, che da tempo si batte per i diritti degli affittuari, spera che questa sentenza possa portare a modifiche del codice di procedura civile. In particolare, l’associazione auspica che il termine massimo per lo sfratto in caso di avviso per uso personale dell’immobile venga esteso a due anni, rispetto all’attuale termine di un anno. L’associazione sostiene che sei mesi non sono sufficienti per trovare un nuovo appartamento, soprattutto considerando le attuali condizioni del mercato immobiliare della capitale, caratterizzate da una forte domanda e da un’offerta limitata di alloggi a prezzi accessibili e ritiene che la sentenza abbia dimostrato come l’applicabilità delle clausole che regolano i tempi dello sfratto per uso proprio non sia assoluta.

La sentenza ha quindi sollevato questioni importanti riguardo alla protezione degli inquilini e alla necessità di bilanciare i diritti dei proprietari con le esigenze di chi affitta. La difficoltà di trovare alloggi a prezzi accessibili in città come Berlino è un problema che affligge molti cittadini, e la decisione del tribunale potrebbe essere vista come un passo verso un maggiore equilibrio tra le parti coinvolte. Inoltre, la sentenza potrebbe avere implicazioni a lungo termine per il mercato degli affitti. Se le proroghe diventassero più comuni, i proprietari potrebbero essere meno inclini a mettere sul mercato i loro immobili, temendo di non poterli recuperare quando necessario. Questo potrebbe portare a una riduzione dell’offerta di alloggi in affitto, aggravando ulteriormente la situazione del mercato.

D’altra parte, una maggiore protezione per gli inquilini, che per sua stessa natura sarebbe mal accolta dai proprietari, potrebbe portare a una maggiore stabilità abitativa, con benefici per la coesione sociale e la qualità della vita nella città in senso generale.

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