Le polemiche su Miss Germania: cambiare tutto, perché niente cambi

Miss Germania 1

Dobbiamo per forza parlare di Miss Germania? Per forza no, per forza non dobbiamo fare niente: questo è un giornale indipendente, senza un centesimo di finanziamenti, con una linea editoriale che non deve niente ai trending topic né a nessun gruppo editoriale. Ma d’altra parte, siamo qui per occuparci di vita e cultura tedesca, anche quando la vita e la cultura tedesca ci fanno cascare le braccia, come in questo caso, per più motivi.

I potery forty e lo shiba inu

Andiamo con ordine: perché si parla tanto della recente elezione dell’architetta Apameh Schönauer come nuova Miss Germania? La risposta cambia a seconda dell’interlocutore. Per il maschio bianco cis etero tedesco medio, che d’ora in aventi, per brevità, chiameremo D-mbeb (Deutsch Maschio Bianco Etero Basic), il motivo è che non è abbastanza tedesca (perché di origine iraniana), non è abbastanza “miss” (perché si permette di avere 39 anni) e, naturalmente, non è abbastanza bella, perché è “solo” una bellissima donna, convenzionalmente attraente, alta e slanciata, ma non è una taglia zero da passerella e non dimostra 19 anni. Per altri, specialmente in seguito alla pubblicazione di un articolo del tabloid Bild, il problema dell’elezione di Schönauer sarebbe legato alla “trasparenza” della procedura, dal momento che l’architetta trentanovenne e l’organizzatore del concorso lavorerebbero nello stesso spazio di coworking a Berlino, che la stessa Schönhauer ha disegnato.

E poi ci sono i complottisti completamente deragliati, che vedono la rappresentazione pubblica di qualsiasi forma di multiculturalità come un tentativo manipolatorio di usare loro violenza, obbligandoli ad accettare l’esistenza di persone con un quoziente di melanina superiore a quello di un Weißwurst. Sotto l’ultimo post di Instagram Schönauer, un utente commenta “Non hai vinto nulla. Sei stata scelta per minare la civiltà e gli standard occidentali e insultare la vera bellezza”. L’account in questione è composto interamente da foto di uno shiba inu.

Siamo nell’epoca d’oro dei meme: i potery forty hanno bisogno di un’architetta trentanovenne per tirare giù a martellate la civiltà occidentale, me l’ha detto un cane su Instagram.

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Il woke-washing di Miss Germania

Su tutto questo si erge, in modo non dissimile da quanto accade in altri Paesi, la giustificazione del concorso di Miss Germania per la propria perseverante esistenza: secondo gli organizzatori, l’evento avrebbe infatti intrapreso un percorso di evoluzione negli ultimi anni, con l’obiettivo di trovare donne che non solo siano belle esteriormente – anzi, questa non è più nemmeno una priorità, ci dicono – ma che possano anche fungere da modelli di ruolo positivi, rappresentando i valori di una società cosmopolita e moderna.


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D’altra parte, in Germania ci si è messa anche Heidi Klum, con “Germany’s next top model”, a cavalcare il tema dell’inclusività “permettendo”, bontà sua, l’accesso alle sue passerelle anche a modelle curvy (leggasi: normopeso), donne trans (leggasi: donne) e perfino uomini e persone non binarie, perché non sia mai detto che si impedisca a chi lo desidera di farsi reificare a qualsiasi età e indipendentemente dal genere.

Ora, c’è qualcosa di male a voler calcare una passerella, a farsi guardare, a essere orgogliosi del proprio aspetto fisico, magari anche del lavoro che ci vuole a mantenerlo, sotto forma di pratica assidua dello sport o di scelta accurata del trucco? Assolutamente no. A far cadere le braccia, però, è il woke-washing disperato di Miss Germania, come di molti altri concorsi simili, che si sforzano di tenere insieme l’idea di essere un evento assolutamente non reificante, che vuole “rappresentare la società”, con il fatto che per “rappresentare la società” si debba camminare in costume da bagno davanti a una giuria, per convincere i giurati che la tonicità del gluteus maximus sia abbastanza rappresentativa della società tedesca contemporanea.

Barbie di serie B

Perché tutti ridono guardando il video della concorrente del South Carolina a Miss Teen USA 2007, che non capisce una semplice domanda nella sua lingua, ma nessuno riconosce che quel tipo di bellezza è ancora un valore assoluto nella nostra società e che le alternative sono, appunto, definite per il fatto di essere “altro da”. “Se proprio non puoi essere così, almeno adeguati a uno di questi altri modelli”. “Se proprio non puoi essere Barbie, almeno sii X”, laddove X può essere qualsiasi cosa, dalla professionista ricca e di successo alla “bomba sexy” con un seno abbondante, purché si tratti di categorie eterodirette e accuratamente approvate, che lasciano fuori una grossa fetta della popolazione. Perché lo scopo è comunque sentirsi migliori di qualcuno, altrimenti che lo facciamo a fare un concorso di bellezza? Proprio come per il giocattolo della Mattel diventato discutibile simbolo del femminismo contemporaneo, le alternative a Margot Robbie sono le Barbie di serie B, meno “iconiche”, ma pur sempre Barbie, buone per avere la collezione completa, con tutti i colori e i vestiti possibili. Quelle che non sono Barbie per niente, semplicemente non esistono.

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E in molti (in maggioranza, ma non solo, D-mbeb) amano pensare di se stessi che la scarsa intelligenza della biondina poco scolarizzata del South Carolina sarebbe un deterrente, per loro. Perché loro una così non se la porterebbero mai a letto (rifiuto che non corrono il rischio di dover mai esprimere), mentre sarebbero felici di portarsi a letto un’architetta adulta di origine iraniana o magari “perfino” (perché sono generosi), una modella “curvy”, prosperosa o “perfino” una donna già madre, come la miss Germania del 2020, o “addirittura” (ma solo se sono veramente avanti anni luce e meritevoli di svariate medaglie) una donna trans. Sul serio, nessuno ha ancora ringraziato individualmente questi benemeriti?

L’occhio e il culo

E allora, forse, non c’è bisogno di essere il tipo di femminista che il lettore medio della Bild ama immaginare, baffuta e amareggiata dalla vita (non che a chi scrive manchi alcuna di queste caratteristiche) per notare che la presunta “evoluzione” del concorso di bellezza altro non è che lo sdoganamento di nicchie di mercato diverse per il prodotto “corpi che un D-mbeb si porterebbe a letto”. E infatti, le proteste che si leggono sotto ogni post di Apameh Schönauer sono, al netto delle teorie del complotto, proteste di uomini che pestano i piedi dicendo che loro si rifiutano di farsi “imporre” il “dovere” di sentirsi (sessualmente) attratti da lei, dal suo corpo, dal colore della sua pelle, dalla forma del suo naso, dal volume dei suoi capelli, dalla misura del suo seno. E se da un lato viene da rispondere, parafrasando una Cortellesi di molti anni fa, “Florian, magna pure tranquillo”, dall’altro ci si sente pure parecchio prese in giro.

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Nessuna donna è stata maltrattata nella realizzazione di queste foto stock, realizzate per lo più con l’intelligenza artificiale. Ma non trovate che sia perfetta l’immagine di un pedone con in testa una corona “inesistente”?

Perché Florian ha capito perfettamente la transazione in atto. La presentazione delle miss è per i D-mbeb quello che la presentazione delle collezioni è per chi si interessa di moda: un annuncio di ciò che si porterà nella prossima stagione. E Florian non vuole “portare” una ipotetica partner non bianca o normopeso o trans o non binari*. Non lo convincerete mai. Ci consola, va detto, la certezza granitica che Schönauer dorma benissimo, sapendo di non essere una potenziale partner per Florian, con il suo profilo traboccante di shiba inu.

Dove sta il problema? Nel fatto che non è neppure lontanamente oggetto di discussione il fatto di chiedersi se le donne e le persone che il concorso dice di voler rappresentare vogliano o meno “portare” o “farsi portare” da Florian, proprio come non ci si chiede se i capi in passerella vogliano essere indossati da chi li guarda. Perché sono capi, sono prodotti, mica persone. Sono lì per essere vendibili e venduti, non per comprare.

La soluzione? Non c’è una soluzione. Non si tratta di portare in passerella “Frau Netto” o di ampliare le categorie aumentando la rappresentatività, facendo sfilare in costume da bagno corpi grassi, corpi non bianchi, corpi disabili, corpi non conformi. Si tratta di smettere di considerare la sc*pabilità un parametro determinante del valore della persona. Perché alla base c’è sempre questo parametro, che non è cambiato. È cambiato solo il target. Oggi il concorso non vuole vendersi più ai brand che desiderano avere come target il D-mbeb e, di conseguenza, agli organizzatori di Miss Germania non interessa più che Florian si ecciti pensando al corpo della reginetta in carica. Oggi il target è un individuo che ha bisogno di pensare a se stesso come “non una bestia” o “non superficiale”, che non legge i tabloid e che gode nel sentirsi inclusivo, senza però mettere in discussione chi sia il soggetto e chi l’oggetto dell’inclusione, chi il detentore delle chiavi che permettono o impediscono l’accesso allo spazio del desiderabile, chi l’oggetto e chi il soggetto dello sguardo, chi giudichi e chi, in passerella, si lasci giudicare, chi debba metterci l’occhio e chi il culo.

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