“The Woddafucka Thing” – Inediti da un film fuori dagli schemi – Premiere il 24 gennaio a Berlino
di Roberta Chimera
Primo premio come Miglior film in lingua tedesca al Festival di Brema, Menzione Speciale e Miglior Film Indipendente al Festival di Catania, Migliore Commedia al Montelupo Fiorentino International Film Fest, Menzione Speciale al Brighton Rock International Film Festival. The Woddafucka Thing, il primo lungometraggio scritto e diretto da Gianluca Vallero sta avendo un successo straordinario, considerato che esce completamente dagli schemi produttivi standardizzati dei film che vediamo al cinema, in televisione e in streaming.
Siamo inondati di film ingabbiati in uno schema ripetitivo che finiscono per appiattire l’esplorazione di nuovi modi di raccontare storie. Invece in questo film vediamo finalmente qualcosa di diverso, di più vero. Più vera è la città di Berlino, ormai ritratta sempre più soltanto come “Berlino da bere”. Più veri i protagonisti del film, criminali improvvisati che non sognano il riscatto sociale, ma che si sentono a posto pagando i debiti e l’affitto. Più vero il tedesco che si parla nel film, un intricato dedalo di accenti, il cui il filo di Arianna è dato dalla voglia di capirsi.
Nel film ci sono persone di estrazioni sociali diverse con un’unica cosa in comune, la diffidenza. I protagonisti all’inizio del film si tollerano appena, ma sarà la conoscenza reciproca ad insegnare loro la possibilità di una convivenza pacifica.
The Woddafucka Thing: fra commedia e critica sociale
Per raccontare la sua storia, Gianluca Vallero sceglie il tono della commedia all’italiana unendo un umorismo nordico, un pò introverso e fatto di silenzi. Il risultato è uno sguardo d’amore nei confronti dei personaggi e della loro scorrettezza politica. Vallero usa la commedia “come strumento di critica sociale, nella convinzione che chi riesce ad usare l’umorismo per smontare l’ignoranza, va oltre agli ostacoli, va oltre a se stesso ed ha già vinto”.
The Woddafucka Thing: il trailer
Protagonista assoluta del film è Dela Dabulamanzi, nel film Sweety, al suo primo ruolo da protagonista. Con fluida naturalezza, Dabulamanzi riesce a dare consistenza ad una criminale aggressiva che finirà per arrendersi con dolcezza alla sua umanità. Fino a questo momento conosciuta pochissimo e con poca visibilità nel cinema tedesco, ha aderito al progetto con grande entusiasmo, felicissima che qualcuno fosse riuscito a trovarla e che le desse un ruolo di primaria importanza. In questo film ha messo l’anima e si vede.
Sul set del film c’è stato però da discutere, sfiorando quasi il litigio. C’è una scena infatti in cui Gino (un sempre bravissimo Carlo Loiudice), prende una mano a Sweety e le dice “Da bambino ho sempre sognato di avere delle mani nere così belle, come quelle di una pantera”. A quella battuta, sul set è incominciata a salire la tensione, perché essere associati ad un animale per la comunità nera è un insulto. Questo episodio è stato uno spunto di riflessione su come il linguaggio non sia solo qualcosa riferito ad un sistema grammaticale e fonetico, ma di quanto si ancori profondamente ad un valore semantico, che dipende dalle persone e dalle loro culture. Le stesse parole dette da un italiano per fare un complimento possono risultare offensive per una persona proveniente da un’altra cultura. Ecco allora che si rende più che mai necessario ricorrere all’umorismo per smascherare i cliché e prendere le distanze dalla potenziale violenza dell’ignoranza.
Sweety non è sola nel progetto criminale. Accanto a lei Gino e Ninja, interpretati rispettivamente da Carlo Loiudice e Marc Philipps, sono i due fratelli da parte di padre che gestiscono una scuola di karatè. Complici improbabili, eppure possibili, Loiudice e Philipps interpretano magistralmente i soliti ignoti di una vita che sembra non avere pietà di nessuno.
Spicca nel film il cameo di una figura iconica del ’68 rivoluzionario tedesco. Infaticabile regista e fotografo con alle spalle più di 70 fra lungometraggi, mostre fotografiche e libri Gerd Conradt è stato il primo studente dell’appena fondata Deutsche Film- und Fernsehakademie Berlin (Accademia per il Cinema e la Televisione di Berlino) nel pieno del fermento politico rivoluzionario della fine degli anni ’60. Conradt ha sempre lottato per gli ideali della sinistra, fino ad unirsi, per poi prenderne le distanze, a membri della Rote Armee Fraktion, l’associazione terroristica di estrema sinistra tedesca.
Nel film il regista gli affida il ruolo dell’immobiliarista cinico, il volto del capitalismo che mina il tessuto sociale della città e a cui metterà in bocca una frase lapidaria: “Sono finiti i tempi in cui la bandiera rossa era una promessa di libertà’. Nelle intenzioni del film Conradt incarna una doppia critica sociale, da una parte denuncia l’aggressività del capitalismo, dall’altra denuncia i rivoluzionari che si sono imborghesiti fiaccando la forza della sinistra. Sappiamo che Conradt non ha affatto rinunciato ai suoi ideali e continua instancabilmente a contribuire con il suo lavoro a promuovere un’idea di società più solidale, ma ha accettato il ruolo che gli ha offerto Gianluca Vallero capendo il potenziale di critica sociale del film. Nel film c’è anche un omaggio all’indimenticato regista Franco Rosi e al suo film “Le mani sulla città”.
Istrionico caratterista e attore noto nel mondo del teatro di lingua turca Cem Sultan Ungan ritorna in questo film alla collaborazione con Gianluca Vallero dopo 25 anni. Ungan infatti è fra i protagonisti del primissimo film di Vallero “Finimondo”, di cui The Woddafucka Thing riprende un pò l’umore generale. Il regista lo ha di nuovo voluto con sé come se il personaggio di Finimondo fosse cresciuto e Ungan ha raccolto la sfida mettendo sullo schermo un personaggio funambolico che passa dallo scoppio d’ira alla risata, fra pistole e minacce.
Non possiamo naturalmente dimenticare una coppia di attori che si è vista spesso nel cinema tedesco, Emilio De Marchi e Edie Samland. De Marchi è il boss di Sweety, un ruolo a cui dà vita in modo originale, senza mai ricorrere ad alcun cliché e con una distinta eleganza. Edie Samland è la sprezzante immobiliarista che trufferà Sweety senza scrupoli, con una recitazione che rende il personaggio emblematico dell’immobiliarismo sfrenato che sta caratterizzando Berlino.
A chiudere questo taccuino di inediti del film, un piccolo omaggio alla scena punk hardcore torinese degli anni ’80 e ‘90. Le scene a casa di Gino sono girate a casa di Michele D‘Alessio, italo-berlinese di vecchio corso, originario di Torino e primo batterista del gruppo punk “Negazione”. In un paio di inquadrature si vedono dei dischi e un cartello in cui c’è scritto “Tutti pazzi”, titolo di un singolo che ha avuto nell’ambiente un relativo successo e che Gino cerca di far ascoltare, senza successo, a Sweety.
Questi sono gli ultimi giorni per comprare il biglietto per l’anteprima del film presentata da Radioeins e moderata dal critico cinematografico Knut Elstermann. Non perdetevi l’occasione di sostenere il cinema indipendente partecipando a questa proiezione a cui saranno presenti, oltre al regista Gianluca Vallero, alcuni degli attori del film.
Quando: 24 gennaio 2024, alle 20:30
Dove: Kino in der Kulturbrauerei, Schönhauser Allee 36, 10435 Berlin
I biglietti si possono acquistare seguendo questo link.
Per chi volesse saperne di più, qui trovate l’intervista a Gianluca Vallero e Carlo Loiudice e il making of girato dal regista Marino Bronzino.
Il Making of di The Waddafucka Thing, di Gianluca Vallero
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