Rukeli Trollmann: la tragica storia del pugile Sinto che faceva paura ai nazisti

Foto: Hans Firzlaff, Public domain, via Wikimedia Commons [cropped]

Tutto il mondo conosce i termini “Olocausto” e “Shoah”, che designano lo sterminio sistematico e di massa commesso nella Germania nazista per eliminare tutte le categorie umane la cui esistenza confliggeva con l’ideologia del regime. Meno noto, purtroppo, è li termine Porjamos. Si tratta di una parola in lingua Romanì, che indica specificamente il genocidio delle persone di etnia Rom e Sinti durante il nazismo. Di questo genocidio fu vittima anche Johann Wilhelm “Rukeli” Trollmann, uno dei più grandi talenti che il pugilato tedesco abbia mai conosciuto.

Rukeli Trollmann, il pugile danzante

Johann Wilhelm Trollmann era di etnia Sinti, infatti al suo nome tedesco si abbinava quello Sinto, Rukeli. La sua famiglia era numerosa e non agiata, ma divenne presto chiaro che Rukeli avrebbe potuto farsi strada nella vita come pugile. Aveva un stile unico, all’epoca: lo stesso che avrebbe poi reso celebre Mohammed Ali. Grazie al suo fisico leggero e alla sua grande agilità, saltellava, “danzava” davanti all’avversario, offrendo pochissimi appigli ai colpi e schivando con abilità sovrumana, boxava a distanza e spiccava per velocità, oltre che per tecnica. I giornalisti sportivi dell’epoca, che, a onor del vero, non avevano certo aspettato l’avvento del nazismo per essere razzisti, lo avevano soprannominato “lo z*ngaro danzante”.

Foto: Hans Firzlaff, Public domain, via Wikimedia Commons

Il campione che imbarazzava gli “ariani”

Negli anni ’30, il pugilato tedesco si trovava in una condizione imbarazzante. Era infatti complicato continuare ad affermare la superiorità fisica della presunta razza ariana, se gli ariani continuavano letteralmente a finire al tappeto per opera delle “razze inferiori”. Da questo punto di vista, il pugilato è uno sport che lascia pochissimo spazio alle metafore.

Non sorprende quindi che, quando, nel 1933, il pugile ebreo Erich Seelig vinse il campionato nazionale nella categoria dei pesi medi, l’Associazione dei pugili professionisti tedeschi abbia deciso di privarlo del titolo, che rimase così vacante. Schiere di ferventi nazisti speravano di vederlo andare a un “vero ariano”, ma i loro sogni furono infranti il 9 giugno 1933, quando Rukeli Trollmann combatté contro Adolf Witt, dimostrando una superiorità talmente schiacciante da risultare intollerabile per il presidente dell’Associazione dei pugili tedeschi, che era presente tra il pubblico. Quando fu evidente che Witt fosse sul punto di soccombere, i giudici sospesero l’incontro, su ordine del presidente, dichiarandolo un “pareggio”. Il pubblico, però, avendo assistito a un incontro che di “pari” non aveva nulla, insorse e obbligò gli organizzatori a riconoscere la vittoria – e quindi il titolo – a Trollmann.


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Purtroppo, però, Rukeli potè godersi il titolo per soli otto giorni, poiché gli fu ritirato per “cattiva condotta”. Era ormai chiaro che lo stile di combattimento di Trollmann rappresentasse un problema per l’establishment sportivo, che era strettamente legato a quello politico. Per questo, per il successivo in contro, gli furono imposte specifiche limitazioni. Gli fu proibito di saltellare, di boxare a distanza e in generale di mettere in atto tutte le tecniche che lo rendevano un pugile superiore, pena la revoca della licenza. All’incontro del luglio 1933, presso la Kreuzberger Bockbrauerei di Berlino, contro Gustav Eder, un peso welter. Trollmann sapeva benissimo che gli veniva chiesto di perdere, sapeva che si trattava di una farsa e la trattò come tale: salì sul ring con i capelli tinti di biondo e la pelle ricoperta di polvere bianca, a rappresentare la caricatura di un “ariano”, e non si mosse mai. Rimase fermo, in piedi, con le gambe divaricate, a prendere pugni senza difendersi, senza contrattaccare e senza schivare. Eder lo mandò KO e si aggiudicò l’agognata vittoria.

Nonostante avesse accettato di perdere, comunque, Rukeli Trollmann mantenne la licenza solo per pochi mesi. Il pugilato tedesco si stava ormai arianizzando e le minoranze non erano benvenute ed erano escluse con qualsiasi pretesto. Per guadagnarsi da vivere, Trollmann dovette darsi agli incontri clandestini. E il peggio doveva ancora venire.

La sterilizzazione forzata e la guerra

L’anno che cambiò la vita di Rukeli fu il 1935. Per fortuna, a giugno, riuscì a sposare la fidanzata Olga Frieda Bilda, con la quale aveva già avuto una figlia due mesi prima. Poche settimane dopo il matrimonio, però, a Trollmann tocco la sorte tremenda che distrusse le vite di quasi tutta la popolazione Sinti e Rom della Germania di quegli anni, prima ancora della deportazione nei campi di concentramento: la sterilizzazione forzata. Il pretesto ufficiale fu una presunta “diagnosi” di “debolezza mentale congenita”, che portò di fatto al sequestro e alla castrazione di Trollmann nel dicembre di quell’anno.

Johann Rukeli Trollmann
Foto: James Steakley, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Nonostante questo atroce abuso, pochi anni dopo, il governo tedesco dimostrò di aspettarsi dall’uomo che aveva mutilato la stessa fedeltà e lo stesso servizio che pretendeva dalla “carne da cannone” ariana durante la guerra: il servizio militare. Rukeli Trollmann fu arruolato nella Wehrmacht e, incredibilmente, non si oppose. Fu ferito sul fronte orientale e tornò a casa, dove era destinato comunque a non conoscere dal proprio governo altro che oppressione.

Il campo di concentramento e la morte di Rukeli Trollmann

A giugno nel 1942 si compiva anche per Rukeli Trollmann il destino del Porjamos, con la deportazione nel campo di concentramento di Neuengamme, dove la sua salute iniziò a declinare rapidamente. Ufficialmente fu dichiarato morto il 9 febbraio 1943, ma sembra che si sia trattato di una manovra per spostarlo, prima che la permanenza in quel particolare campo gli costasse la vita. Stando ai resoconti di un compagno di prigionia, Rukeli fu trasferito sotto falso nome al campo-satellite di Wittenberge, ma nemmeno questo servì a salvarlo. Proprio la sua esperienza di pugile contribuì a distruggergli definitivamente la vita. Nel campo furono organizzati incontri clandestini con un Kapò, che evidentemente gli altri prigionieri erano molto felici di veder perdere. Il Kapò, però, non prese sportivamente la sconfitta e, in seguito, obbligò Trollmann a turni di lavoro particolarmente massacranti e lo espose a ripetuti pestaggi da parte delle SS. Fu però il Kapò stesso a ucciderlo, alla fine, picchiandolo a morte con un manganello.

Il riconoscimento del destino di Rukeli Trollmann in Germania fu molto tardivo: avvenne solo nel 2003, dopo la pubblicazione di un libro di Hans Firzlaff sulla sua vita. A quel punto, gli fu finalmente riconosciuto il titolo di campione tedesco dei pesi massimi leggeri dall’Associazione dei Pugili Tedeschi (BDB). Vale la pena di notare che, la BDB, all’epoca, si rifiutò però di consegnare simbolicamente la cintura agli eredi Louis e Manuel Trollmann. Di conseguenza, il manager e organizzatore di incontri Olaf Schröder e la promotrice Eva Rolle hanno prodotto a proprie spese una cintura da consegnare alla famiglia.

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