Peni sugli alberi di Natale. La trovata di un negozio di Berlino ha un motivo preciso

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Foto: Il Mitte

Se non avete mai sentito parlare di marketing territoriale, i grandi magazzini Galeries Lafayette di Berlino sono pronti a offrirvi una lezione assolutamente memorabile, che non vi capiterà di ricevere in nessun corso universitario. Come? A base di peni di Natale. Se questo articolo fosse un video, a questo punto sarebbe d’obbligo inserire la celeberrima clip di Yotobi che esclama “Peni!”. Se vi state chiedendo “perché” e soprattutto “cosa c’entrano i falli con il Natale”, siete nel posto giusto, perché oggi abbiamo deciso di fare di questa notizia di colore un momento di vera informazione sulle meraviglie del marketing.

Foto: Il Mitte

Il mistero dei peni: una favola di Natale

Partiamo dal messaggio, così come lo vedono i passanti della centralissima Französische Straße, dove si trovano le Galeries Lafayette – per chi non lo sapesse, si tratta di grandi magazzini di lusso, il tipo di negozio dalla cui sezione gourmet è possibile ordinare foie gras a 119 € al chilo. Nelle grandi vetrine che danno sulla strada, al momento, sono esposti sei alberi di Natale che, a un primo sguardo, possono sembrare perfettamente normali. Avvicinandosi, però, si nota che, invece delle tradizionali palle, gli alberelli sono decorati con assai meno tradizionali, ma non meno festosi, falli.

E qui il primo obiettivo di una campagna di marketing è già raggiunto: i passanti si avvicinano, si danno di gomito, scattano foto che condividono sui social, taggandosi alle Lafayette. Qualcuno si scandalizza, trovando questa scelta estetica “poco cristiana”. Una volta ottenuta l’attenzione del pubblico (che, considerando la bizzarria della trovata, si è trasformata prontamente anche in attenzione gratuita dei media, visto che a scriverne non sono stati solo i tabloid, ma anche quotidiani “seri” come il Tagesspiegel) è possibile passare alla seconda fase: la Call-To-Action.

In un regno lontano lontano, dove voleva andare anche Angela Merkel

Questa si manifesta sotto forma di QR-code, da scansionare con il telefono per sapere cosa diavolo stia succedendo e perché il simbolo pagano che l’occidente ha associato alla nascita di Cristo sia stato decorato da festose e variopinte riproduzioni di genitali maschili. Ed è a questo punto che si scopre l’arcano (che comunque un portavoce dei grandi magazzini aveva già rivelato al portale T-Online): le insolite decorazioni fanno parte di una collaborazione con il Regno del Bhutan.

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Che cosa sapete del Bhutan? Ve lo diciamo noi: nulla. Il Bhutan è un minuscolo regno abbarbicato sul lato orientale dell’Himalaya, stritolato fra quella parte della Cina che non vorrebbe stare in Cina (il Tibet) e quella parte dell’India che geograficamente sembra sempre sul punto di cascare fuori dall’India. La capitale è Thimphu, si parla lo Dzongkha, la valuta è lo Ngultrum e la splendida bandiera è una di quelle che tutti sbagliano nei quiz online, e la popolazione è quasi interamente buddista.

Peni e Bhutan

La prima volta che la maggior parte dei tedeschi hanno sentito nominare il Bhutan, è stato quando l’ex cancelliera Angela Merkel, in una delle sue interviste di addio alla politica dopo 16 anni di cancellierato, ha risposto alla domanda sui posti che le sarebbe piaciuto visitare. “Ho visto tanti luoghi bellissimi” disse in quell’occasione la cancelliera uscente “Avrei voluto andare almeno una volta in Bhutan, quando ero in carica, perché gli abitanti di quel Paese hanno questo benessere, questo indice di felicità, e poi mi sono resa conto che non abbiamo relazioni diplomatiche con il Bhutan. Ma non era per colpa nostra, era per colpa del Bhutan, perché è così piccolo che non ha la forza di stabilire relazioni diplomatiche con 180 Paesi del mondo. Poi ho rifiutato perché probabilmente sarebbe stato interpretato come un viaggio di vacanza.” Questa citazione è talmente rilevante, per un Paese così poco conosciuto, da essere presente ancora oggi sul sito ufficiale del consolato del Bhutanese in Germania.

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Angela Merkel, (2020). FinnishGovernment, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Ebbene, il Bhutan ha deciso che era ora di smettere di essere un angolo ignoto delle mappe mondiali, relegato alla conoscenza dei nerd appassionati di geografia che fanno quiz su Sporcle e, se proprio non può avere relazioni diplomatiche con 180 Paesi, ha deciso di avere almeno relazioni commerciali con un grande magazzino tedesco. Il risultato, in termini di “brand awareness”, ovvero, in questo caso, di utenti che vanno a googolare la parola “Bhutan” per sapere di cosa diavolo si tratti, è stato raggiunto in modo brillante e in pochissimo tempo.

Foto: Il Mitte

Il significato mistico dei peni

E a questo punto torna la domanda: che cosa c’entrano i peni? Nella tradizione culturale dell’antico Regno del Bhutan, spiega il sito collegato al codice QR delle Galeries Lafayette, i genitali maschili non vengono utilizzati, come in occidente, per suscitare ilarità facendo pensare all’atto sessuale e tantomeno sono considerati volgari. Rappresentando invece fortuna, protezione e fertilità, al punto tale da venire impiegati per benedire una nuova casa prima di andarci ad abitare. Sono, in sostanza, l’equivalente di quello che i cornetti rossi rappresentano in alcune regioni italiane. E d’altra parte, anche da noi, specialmente in alcune piccole realtà di provincia, sussistono tradizioni che prendono estremamente sul serio il valore positivo (e non solo apotropaico) dei simboli fallici. In Bhutan, la tradizione risalirebbe addirittura al XV secolo, quando si dice che il leggendario yogi tibetano Drugpa Künleg abbia sconfitto dei demoni malvagi usando proprio il potere del suo pene.

Foto: Il Mitte

Peni e cosmopolitismo

La scelta di collaborare con il Bhutan e utilizzare simboli fallici per decorare gli alberi di Natale, fanno sapere dai grandi magazzini, è quindi un modo per esprimere i valori di tolleranza e cosmopolitismo che sono fondamentali per l’azienda. Il riscontro da parte della clientela, pare, è stato prevalentemente favorevole.


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E, se anche voi avete cercato per la prima volta la parola Bhutan su internet, magari mettendo l’”h” al posto sbagliato, perché tanto poi ci pensa Google a dirvi come si scrive il nome di questo ignoto Paese, se anche voi avete visto le foto dei monasteri fortificati, se avete pensato che sarebbe assai più interessante e originale dell’India come destinazione per una “vacanza spirituale” e che probabilmente è anche più conveniente, se anche solo una piccola percentuale di coloro che hanno compiuto queste esatte azioni in quest’ordine possono permettersi una vacanza intercontinentale, iquesta campagna di marketing territoriale potrà considerarsi un successo.

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