Lo Smart Working in Germania è quadruplicato in 5 anni. Occorrono tutele?

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Cosa rimane dello Smart Working in Germania? Dopo la fine delle disposizioni governative che decretavano la chiusura degli uffici, laddove possibile, durante la pandemia, i datori di lavoro tedeschi hanno generalmente manifestato una preferenza per il ritorno al lavoro in presenza, mentre una parte dei dipendenti si esprimeva con decisione per un mantenimento, almeno parziale, di quello da remoto. Chi ha “vinto”?

Smart Working quadruplicato dal 2019: il 6% dei dipendenti lavora solo da casa, un quarto lo fa almeno ogni tanto

Il panorama lavorativo in Germania ha subito senza dubbio una trasformazione significativa negli ultimi anni e si può dire che questa sia stata accelerata in gran parte dalla pandemia, ma alla base c’è un diverso concetto di gestione del lavoro che va oltre questa contingenza. Secondo quanto emerso da un’analisi effettuata a luglio, sotto forma di “micro censimento” dall’Ufficio Federale di Statistica, il numero di dipendenti che svolgono il proprio lavoro esclusivamente da casa è quasi quadruplicato, passando da 674.000 nel 2019 a ben 2,3 milioni nel 2022. Questo vuol dire che il 6% di tutti i dipendenti assunti in Germania opera oggi esclusivamente in Smart Working.

Ci sono poi le soluzioni “ibride”: lavorare occasionalmente da casa è diventata una prassi sempre più diffusa, che riguarda, al momento, il 22,6% dei dipendenti tedeschi, pari a 8,4 milioni di persone. Una crescita significativa se confrontata con il 10% registrato nel 2019. Questi dati, basati su analisi condotte dall’Ufficio federale di statistica, sottolineano una tendenza in costante ascesa. I dati dell’Ufficio Federale di Statistica, peraltro, sono coerenti con i risultati dell’ultimo sondaggio condotto dall’Istituto Ifo di Monaco, secondo il quale circa un dipendente su quattro utilizza oggi almeno in parte le opzioni di Smart Working in Germania.


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Dalle statistiche, inoltre, emerge una lieve disparità di genere nella scelta del lavoro da remoto, con una percentuale leggermente maggiore di uomini rispetto alle donne che abbracciano questa modalità lavorativa. E sebbene la pandemia abbia catalizzato questo cambiamento, la sua persistenza anche dopo la fine delle restrizioni evidenzia una trasformazione strutturale nel modo in cui i tedeschi concepiscono e praticano il lavoro.

La deputata di Die Linke: servono regole per evitare lo stress della reperibilità perenne

Dietro a questo cambiamento di paradigma lavorativo si celano implicazioni importanti anche per il diritto del lavoro. A sottolinearlo è Susanne Ferschl, deputata di Die Linke e autrice di un’interrogazione parlamentare su questo tema. L’aumento della flessibilità legata alla possibilità di lavorare da casa ha comportato, afferma Ferschl, un aumento dei livelli di stress tra i dipendenti, in particolare in relazione alla costante disponibilità e all’intensificazione delle richieste lavorative che si sovrappongono al tempo libero e alla sfera privata. Questi fattori hanno spinto Ferschl, come riportato dal quotidiano Rheinische Post di Düsseldorf, a richiedere regolamentazioni più rigide per garantire una separazione netta tra vita professionale e personale.

La richiesta di norme chiare a protezione dei lavoratori abbraccia diversi aspetti: dalla documentazione dell’orario lavorativo al diritto di non essere reperibili al di fuori degli orari prestabiliti. L’implementazione di tali norme, naturalmente, richiede un coinvolgimento responsabile dei datori di lavoro affinché lo Smart Working non si traduca in un aumento della pressione lavorativa sui dipendenti. Inoltre, ha aggiunto Freschl, “per i dipendenti il cui lavoro richiede la presenza in azienda e per i quali il diritto di lavorare da casa non è applicabile, è necessaria una compensazione. Ad esempio, riconoscendo il tempo di pendolarismo come orario di lavoro”.

La ricerca dell’Ufficio Federale di Statistica è consultabile qui.