“Battiato l’alieno” coglie l’autoironia di un grande artista. Intervista all’autore
Un libro “satirico-illustrato” su Battiato. Questa è la definizione che ne dà l’autore, Maurizio Di Bona, cartooonist napoletano, classe 1971 e che si occupa, per l’appunto, di satira e illustrazioni. Ha già pubblicato “Chi ha paura di Giordano Bruno” (Mimesis 2006), “Cose da Runners” (Becco Giallo 2016), “È tutto un Manga Manga” (Reika 2020), “Supereroi“(EF edizioni 2022), e un calendario celebrativo dedicato a Gian Maria Volonté (EF edizioni 2023). “Battiato l’alieno” (Mimesis 2023) è un viaggio nell’universo di un artista unico, che ha viaggiato attraverso infiniti mondi… anche a Berlino. Abbiamo parlato con Di Bona di questo e altro. Potete trovare il libro su Battiato su Amazon e, naturalmente, sul sito dell’editore.
“Battiato l’alieno” è nato proprio in Germania… raccontaci tutto!
Sì, era una serie di vignette a matita, potremmo dire “acerbe”, senza pretese, scarabocchiate su foglietti sparsi, tanto per fissare un’idea o un concetto. Forse una decina in tutto. Mi erano venute in mente per strane associazioni di pensiero mentre ascoltavo Battiato o lo canticchiavo per strada o anche quando andavo a correre. Tornavo a casa, disegnavo e mettevo via, nel cassetto di una scrivania a Leipzig, in Sebastian-Bach-strasse, che solo adesso, ripensandoci, potrebbe aver avuto un suo perché.
Ero convinto che ne avrei fatte in breve tempo una cinquantina, per farne un libretto, e invece non andai oltre quelle dieci. Poi nel tempo se ne sono aggiunte altre, in maniera discontinua, e mentre traslocavo da Leipzig a Firenze, da Firenze a Dublino e da Dublino a Varsavia sono diventate 20, 30, 40… ma non interessavano agli editori a cui proponevo il progetto e non intercettavo chi potesse occuparsi della parte scritta, a degno completamento dell’opera. Poi quest’anno sono diventate 77, che è anche un bel numero da giocare al lotto… e si è palesato il coautore: Alessio Cantarella, che è catanese e ha frequentato sia Franco Battiato che Manlio Sgalambro. Difficile immaginare un incastro di eventi migliore all’insegna dell’“ogni cosa a suo tempo” e del “tutto va come deve andare”.
Qual è la particolarità di questo libro “satirico-illustrato”, rispetto ad altri testi scritti su questo grande artista?
Un libro decisamente diverso dai tanti altri che si trovano sullo scaffale delle librerie e che sono dedicati a Franco Battiato. È diverso perché, pur essendo rispettoso di fatti e riferimenti biografici, l’operazione satirica che mi ero preposto mi ha permesso liceità e arbitrii che il biografo o il saggista serio e autorevole non deve e non può concedersi.
E allora mi sono divertito a capovolgere e distorcere il personaggio, quasi fosse un suo alter ego, e giocare con tutto l’immaginario legato ad esso, recuperando in parte lo spirito incendiario del primissimo Battiato degli anni 70 e assecondando l’indole scherzosa e autoironica che a molti fan sembra ancora non pervenuta. Alla fine il risultato ha superato le aspettative perché mentre disegnavo cose improbabili poi scoprivo aneddoti in linea con certe mie invenzioni, perché il Battiato del “dietro le quinte” era esilarante e inaspettato. Baudelaire diceva che “se le cose non vengono deformate non hanno un volto percepibile”. Forse in parte, ci siamo andati vicini.
Ad Alexanderplatz hai dedicato una delle 77 vignette del tuo libro… inevitabile, direi!
Non vorrei sbagliare, ma credo sia stata proprio la prima delle immagini a venir fuori. Quel “sai che d’inverno si vive bene come di primavera, sì, sì, proprio così … come ti trovi a Berlino est?” mi è risuonato sempre sarcastico. Come di un agente immobiliare che ha venduto un seminterrato spacciandolo per un attico. Ovviamente mie distorsioni che nulla hanno a che fare con il vero significato, malinconico e struggente, della canzone resa immortale da Milva. E ancora meno con il brano di partenza di Alfredo Cohen (Valery), che brilla di luce propria, da cui Battiato è partito per farne la sua versione… e che il sottoscritto ignorava del tutto fino a poco tempo fa.
Quando mi sono trovato a gironzolare per Alexanderplatz, l’osservare le persone che si spostavano come automi intirizziti per la temperatura polare, sotto un cielo tristemente grigio, ha suggerito il quadretto disegnato e, per analogia meteo, la vignetta sulla prospettiva Nevski, perché proprio non mi sembrava il caso di andare fino a San Pietroburgo per prendere appunti.
Un’altra vignetta “cattura” Fleur Jaeggy, associata a un testo tedesco (dalla canzone Shackleton), un’altra ancora rilancia la canzone “Bist du bei mir” e una terza celebra Stockhausen… quanta Germania e quanto tedesco c’era e c’è, in Franco Battiato?
C’è anche “Inneres Auge, das innere auge“… e forse altro che mi sfugge, perché non sono un battiatofilo di ferro. È notorio quanto Battiato amasse la Germania e la lingua tedesca, tanto da comprare casa a Berlino e godersi certe passeggiate in un “silenzio irreale”, cosa che nelle città italiane, facile immaginare, gli era assai difficile. Peccato averlo scoperto in ritardo, sono sicuro che sarei riuscito ad intercettarlo e avrei potuto mostrargli qualche disegno, ma come si dice? La vita è fatta di appuntamenti mancati.
Anche tu hai vissuto sette anni in Germania, prima ad Augsburg, poi a Ravensburg e quindi a Leipzig, ma mi hai detto che sei venuto frequentemente anche a Berlino “per ragioni di volo e birre da bere”
Sempre di volata, sì, in tutti i sensi, e mai abbastanza per visitarla come meritava, convinto che avendola “a quattro passi” di distanza potevo andarci quando volevo. Un po’ me ne pento, adesso, rimedierò in futuro.
Leggi anche:
Franco Battiato: “Folgorato da Berlino, la mia oasi di pace”
Per un lungo periodo ho volato a scadenza fissa da Berlino a Napoli e allora a volte partivo qualche ora prima da Leipzig per andarmene in giro, prima di raggiungere l’aeroporto, rischiando anche di perdere l’aereo perché seduto da qualche parte e finita la prima birra ne ordinavo un’altra! Mi piace(va) esplorare luoghi nuovi e diversi, che è poi forse l’insegnamento più importante che deriva dalla frequentazione dell’universo di Battiato: l’invito al viaggio, le continue esplorazioni, l’intreccio di culture e tradizioni, l’essere nomadi.
Com’è stata la tua vita in quegli anni?
All’insegna del viel Spaß! Decisamente allegra e spensierata. Ero andato via da Milano e tornato a Napoli. Ero solito salire a Monaco con gli amici una volta all’anno in occasione dell’Oktoberfest. Non mi pareva vero che di punto in bianco potessi svegliarmi tutte le mattine già in Baviera! Sono stati anni fortunati: fioccavano le collaborazioni lavorative che riuscivo a gestire a distanza e c’era tanto di nuovo e di bello da scoprire e da vedere e con quasi vent’anni di meno.
Leggi anche:
Intervista a Garbo a 40 anni dall’uscita di “A Berlino… Va Bene”. Come è cambiata la musica?
“Battiato l’alieno” raccoglie tanti ricordi di amici di Battiato, tra cui Garbo, che anche noi abbiamo intervistato. Ci puoi anticipare qualche curiosità?
Garbo fa parte dei nomi che ho contattato personalmente. Alessio aveva già raccolto tantissime testimonanze per il documentario realizzato nel 2022 (tra cento miliardi di ricordi). Mi è sembrata buona cosa integrare con nuovi contributi e con il refrain di “A Berlino che giorno è?“, che andava in loop nella testa, ho scritto a Renato Abate (vero nome di Garbo) che ha risposto con grande disponibilità all’invito. Idem dicasi per Enzo Avitabile, Antonella Ruggero, Ginevra di Marco, Mario Venuti, Moltheni, Pippo Pollina e gli altri.
Le curiosità in realtà riguarderebbero chi ha risposto in ritardo, a libro ormai chiuso, o sta rispondendo ancora adesso in questi giorni, ma per ovvie ragioni non faccio nomi. Se ne potrà riparlare in occasione di un eventuale secondo capitolo del libro, dal momento che non c’è stato modo e tempo di trattare il Battiato pittore o il Battiato regista e sento già le vignette che spingono per uscire dal cranio!
Dicci qualcosa che pensi sia importante e di cui non abbiamo ancora parlato a proposito del tuo libro
Mi piace pensare, e in parte ne ho già conferma, che “Battiato l’alieno” serva ad avvicinare Battiato ai giovanissimi che non sanno chi sia. I disegni del personaggio lunare che discetta di mondi lontanissimi attrae, moltiplica la fantasia e amplifica le dinamiche del sogno, tutti abbiamo cantato da piccoli e con divertimento le strofe complicate e astruse di “Bandiera bianca” o di “Cerco un centro di gravità permanente” quasi fossero audiofilastrocche, senza comprenderne il significato e ignorando del tutto chi potesse essere un certo George Ivanovich Gurdjieff. Ma sono stati come dei semi piantati che poi crescendo, ci hanno portato ad approfondire quegli ipertesti, ad essere curiosi, e a cogliere sensi più profondi dell’esistenza, ascoltando ad esempio quel capolavoro che è “L’ombra della luce“. Forse Battiato dovrebbe diventare materia scolastica, messa tra filosofia e astronomia nei giorni pari e tra italiano e musica in quelli dispari!
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!