“Tutti i colori del buio”: intervista con l’autore, Giovanni Giannantonio
Nel 2017 Giovanni Giannantonio ha un terribile incidente e la sua vita cambia. Da questa esperienza nasceranno una consapevolezza diversa, l’opportunità di riaprire alcune porte del passato, affrontando una volta per tutte sofferenze ignorate per anni, e un libro, “Tutti i colori del buio“, uscito per Merlino Edizioni. Ne abbiamo parlato con lui.
“Tutti i colori del buio” nasce da un’esperienza pesante, quasi definitiva. Ti va di parlarcene?
Ho scelto questo titolo per il mio libro perché esprime ciò che ho scoperto e che forse è sempre stato dentro di me: di amare tutti i colori dell’arcobaleno, i colori che brillano oltre il buio, e che dopo il buio, cosi come dopo la pioggia, risplende l’arcobaleno!
Il titolo prende spunto dall’incidente d’auto che ho avuto nel 2017, quando una sera di ottobre, dopo cena, ero in auto con un’amica. Di solito guidavo sempre io, ma quella sera ero un po’ stanco e ho chiesto a “Gnappa”, la mia amica Valeria, di accompagnarmi e passare lei a prendermi.
Erano le 22.00. Un incrocio, dei fari bianchi di una macchina che da destra ci investiva e poi… il buio. Quanto accaduto dopo me lo hanno raccontato. Ambulanza, prima un ospedale, poi un altro. Diagnosi: emorragia celebrale con frattura apofisi trasversa c7. Per i non addetti ai lavori, la situazione era brutta. Da quella sera sono passati giorni, poi settimane e mesi fino a quando, dopo circa quattro anni e tanto lavoro, ho raccolto la mia esperienza in questo libro.
Com’è nata l’idea del libro e perché hai deciso di scriverlo?
Come ho già accennato prima, il percorso di ricostruzione, di rinascita, sia fisico che soprattutto psicologico, è stato lungo. Parte di questo percorso ha coinciso con la scelta di mettere per iscritto la mia esperienza traumatica senza mettere l’accento sull’incidente, quanto piuttosto su quello che ho scoperto dopo: le persone che mi amano e che amo, mia madre, gli amici, il mio cane Tobia. Mi è servito a rivedere le mie priorità, ho capito meglio me stesso e le cose importanti e ha marcato un cammino di rinascita che è tuttora in corso.
Tu sei infermiere e quindi, normalmente, ti trovi “dall’altra parte” e cioè dal lato di chi offre aiuto. Com’è stato trovarsi nei panni di chi lo riceve?
Amo il mio lavoro. Lo considero una missione, una vocazione, il termine lavoro è riduttivo quando si ha che fare con il dolore e la sofferenza umana. Chiunque mi conosce ha sempre apprezzato la mia professionalità, mista alla mia umanità. Ho capito che un sorriso, una battuta, possono contribuire ad alleviare il dolore.
Ho affrontato momenti molto difficili, soprattutto quando lavoravo al pronto soccorso, ma nessuno è mai veramente preparato, quando si tratta della propria salute. Da un lato ho avuto più strumenti per capire e dall’altro ho accettato la mia condizione di paziente, con gratitudine immensa verso i colleghi e le colleghe e tutti i sanitari che ho incontrato nel mio percorso e che si sono presi cura di me.
Che uomo sei, oggi, e quanto ti ha cambiato, questa esperienza?
Sono sempre stato solare, iperdisponibile e inarrestabile: questo percorso interiore mi ha portato a fare i conti anche col mio passato, con altre ferite che non volevo guardare. Come sono cambiato oggi? Sono un po’ più riflessivo, essendo impulsivo di natura. Ho imparato a dire “no” quando non voglio, non posso o non me la sento!
Continuo ad essere una persona cha ama la vita, che la morde, e faccio i conti con i miei sbagli e le cadute, ma con una consapevolezza diversa. Do più importanza a cose che contano davvero e lascio correre il resto. Sono in cammino e ad ogni passo scopro sempre qualcosa di nuovo di me e so che anche dopo una giornata nuvolosa, dopo un temporale, tornano a splendere sempre “tutti i colori del buio”.
Hai presentato il tuo libro anche in occasione di un incontro organizzato dal Centro Antiviolenza Fammi Rinascere, a Fiuggi, che abbiamo promosso anche noi del Mitte. Ti va di condividere con i nostri lettori il tuo impegno contro la violenza di genere?
Sono sempre stato impegnato sul fronte sociale e delle lotte contro le discriminazioni di genere, non semplicemente perché mi riguardano in prima persona, ma per un senso di giustizia profondo. È vero altresì che il sentimento identitario è una spinta forte per combattere ad ogni livello, nel linguaggio verbale e scritto, nella cultura e in ogni ambito della vita umana, fino ad auspicare leggi che offrano maggiore tutela e un impegno delle istituzioni tutte per far sì che, oltre a proteggere le vittime, si evitino gli episodi di violenza.
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