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Der Struwwelpeter, Pierino Porcospino: le inquietanti storie per l’infanzia di Hoffmann

Nel 1844, lo psichiatra e scrittore tedesco Heinrich Hoffmann decise di creare un libro illustrato “fatto in casa” come regalo di Natale per suo figlio di tre anni, Carl, non riuscendo a trovare un libro adatto da acquistare. Questa tenera decisione portò alla creazione di un vero e proprio mito per la cultura tedesca: “Der Struwwelpeter” (in Italia diventerà “Pierino Porcospino“).

Il libro vide la luce per la prima volta nel 1845, sotto lo pseudonimo di Reimerich Kinderlieb. Le edizioni successive subirono varie modifiche e solo nel 1847 il vero nome dell’autore fu finalmente rivelato. La versione definitiva del libro risale al 1858 e da allora, l’opera di Hoffmann ha riscosso un successo mondiale non solo in Germania, ma in tutta Europa, in America e in Australia, con traduzioni in più di 35 lingue e un merchandising che comprende oggetti di ogni tipo. La città natale di Hoffmann, Francoforte sul Meno, nel 1977 ha inaugurato un museo dedicato all’autore e al suo fortunatissimo libro.

Der Struwwelpeter, Pierino Porcospino: un classico dell’infanzia, per i tedeschi

Il titolo del libro, “Lustige Geschichten und drollige Bilder” (Storie divertenti e disegni buffi), è in realtà piuttosto fuorviante, perché le storie raccontate, attraverso  filastrocche in rima baciata e disegni a penna colorati all’acquerello, sono inquietanti come poche! In tempi più recenti, il libro è stato accusato di promuovere una sorta di “pedagogia nera“, imperniata sulla paura e sulle punizioni. Contestualizzandolo e ritenendolo il prodotto culturale di un’epoca lontana, però, il libro mantiene intatto il suo fascino antico, anche per le sue sfumature meno rassicuranti.

Attraverso le dieci storie narrate, l’autore intende impartire ai bambini delle lezioni morali, mostrando loro cosa può succedere se disobbediscono ai genitori. Ogni storia presenta sempre la stessa struttura, iniziando con la presentazione dei protagonisti, per poi proseguire con la descrizione delle loro mancanze, il confronto con una figura educativa che cerca di farli ragionare, e infine, mostrando le tristi conseguenze delle loro azioni, con tanto di punizione e monito educativo a seguire.

Der Struwwelpeter, Pierino Porcospino. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

Prologo: ma che schifo quel bambino, è Pierino il Porcospino!

Nella storia introduttiva, che nelle primissime edizioni era alla fine e nell’edizione definitiva fa invece da prologo a tutte le altre, il protagonista è un bambino ribelle e trascurato di nome Pierino Porcospino (Struwwelpeter), che non si prende cura del suo aspetto fisico, non pettinandosi né tagliandosi le unghie e assumendo un aspetto praticamente ferino. Si intuisce per lui un destino di emarginazione sociale, anche se è l’unico personaggio per cui non è presente una punizione esplicita.

La storia del cattivo Federigo (Die Geschichte vom bösen Friederich)

La galleria dei ragazzacci continua con il cattivo Federigo (Friedrich), che maltratta gli animali e arriva a bastonare persino la sua tata. Tuttavia, dopo essere stato azzannato da un cane, è costretto a rimanere a letto e a subire le cure di un medico, che gli somministra una medicina molto amara. Il cane, intanto, siede al suo posto e mangia il suo cibo. Chi la fa, l’aspetti!

La tristissima storia degli zolfanelli. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La tristissima storia degli zolfanelli (Die gar traurige Geschichte mit dem Feuerzeug)

Paolina (Paulinchen), protagonista di questa storia, gioca con gli zolfanelli ignorando gli avvertimenti dei due gattini Minz e Maunz. Tragicamente, prende fuoco all’improvviso e brucia viva. Alla fine, di lei resta solo un mucchietto di cenere e un paio di scarpine, mentre i gatti piangono disperati. Di sicuro è la storia che evoca e rappresenta l’immagine più violenta.

La storia del moretto. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La storia del moretto (Die Geschichte von den schwarzen Buben)

Questa storia parla di un bambino nero, deriso dai tre bulli Ludwig, Kaspar e Wilhelm (Gigino, Gaspare e Guglielmo), che verranno poi fronteggiati dal maestro Nikolas (Nicolò), il quale, dopo aver cercato invano di farli desistere, li punirà immergendoli nell’inchiostro e rendendoli più neri del bambino bambino bullizzato. Lo scopo della storia è quello di stigmatizzare il razzismo, anche se l’autore lo fa con i limiti e la percezione dell’epoca, in un modo che oggi, senza dubbio, verrebbe ritenuto sbagliato, nonché rappresentando il bambino nero in base a stereotipi colonialistici.

La storia del fiero cacciatore. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La storia del fiero cacciatore (Die Geschichte vom wilden Jäger)

La storia del cacciatore deriso da una lepre rovescia i ruoli tradizionali e alla fine è l’uomo a diventare la preda. Sfiancato da una ricerca improduttiva dell’animale, il cacciatore si addormenta e allora la lepre, che lo spiava di nascosto, gli sottrae occhiali e schioppo, per poi minacciarlo e indurlo alla fuga. L’uomo finirà per buttarsi in un pozzo per sfuggire a una schioppettata, che colpirà invece la tazzina da cui sta bevendo la moglie. È l’unica storia che ha per protagonista un adulto.

La storia del bambino che si succhia i pollici (Geschichte vom Daumenlutscher)

Se la storia di Paolina e degli zolfanelli è la più agghiacciante in senso orrorifico, quella del piccolo Konrad dà corpo ai terrori più segreti dei bambini. Lasciato solo in casa, Konrad si succhia il pollice, nonostante l’avvertimento della madre, che prima di uscire gli aveva ingiunto di non farlo. La punizione è terribile. Un sinistro sarto, sbucato da non si sa dove, spalanca infatti la porta all’improvviso, entra a grandi salti e gli taglia entrambi i pollici, andandosene con il “forbicione insanguinato”. La mamma lo ritrova così, con otto dita. I pollici non rispunteranno mai.

La storia della minestra di Gasparino. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La storia della minestra di Gasparino (Die Geschichte vom Suppen-Kaspar)

Un’altra storia inquietantissima. Gasparino (Kaspar) è un bambino bello florido che a un certo punto inizia a rifiutare la minestra battendo i piedi a terra, mentre dimagrisce visibilmente, sempre di più, fino a diventare filiforme. Va avanti in questo modo per quattro giorni e il quinto giorno muore. L’ultima immagine è quella della sua tomba, su cui è posta una zuppiera.

La storia di Filippo che si dondola. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La storia di Filippo che si dondola (Die Geschichte vom Zappel-Philipp)

Filippo (Philipp) è un bambino iperattivo che durante i pasti non fa altro che disturbare i genitori e creare caos a tavola. Finisce per rovesciare tutto e per cadere all’indietro, ribaltandosi addosso piatti, stoviglie, vivande e bottiglie. A quel punto non gli resta che piangere, sopraffatto dal disastro, mentre i genitori restano attoniti e digiuni. È l’unica storia in cui la “punizione” del monello si estende, giocoforza, anche agli adulti!

Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

La storia di Giannino Guard’in aria (Die Geschichte vom Hans Guck-in-die-Luft)

Giannino (Hans) è un bambino che si distrae continuamente per seguire il volo delle rondini e per questo finisce prima per scontrarsi con un cane e poi per cadere nel fiume. Viene recuperato con dei bastoni da due passanti e resta completamente inzuppato, a battere i denti, mentre i pesci lo deridono e la cartella galleggia lontano, ormai persa per sempre.

Storia di Roberto che vola. Heinrich Hoffmann, Public domain, via Wikimedia Commons

Storia di Roberto che vola (Die Geschichte vom fliegenden Robert)

L’ultima storia parla di Roberto (Robert), che sfida un tremendo temporale e invece di rimanere al sicuro, in casa, decide di sfidare l’uragano. Mentre infuria la tempesta e lampi e tuoni imperversano, il vento gonfia l’ombrello del bambino e lo solleva, portandolo via, in cielo, sempre più lontano. Nessuno ne saprà più nulla.


biancaneve

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Queste sono le storie di Hoffmann, che tanto impatto hanno avuto sulla letteratura per l’infanzia, prima, e sulla cultura tedesca, poi. Interessantissimo è inoltre osservare come questo libro, scritto da uno psichiatra, abbia influenzato anche la terminologia diagnostica del suo settore. Ancora oggi, ad esempio, in tedesco l’ADHD (Disturbo da deficit di attenzione/iperattività) è colloquialmente chiamato Zappel-Philipp-Syndrom (Sindrome di Filippo che si dondola), mentre la sindrome dei capelli non pettinabili è detta Struwwelpeter-Syndrom.

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