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Concita De Gregorio, con i disabili continui a sbagliare: parla Amelia Massetti, presidente di Artemisia

Gentile Concita De Gregorio, quanto ha scritto nel suo articolo uscito su Repubblica, in cui attacca dei giovani influencer che hanno danneggiato una statua usando la disabilità in chiave offensiva, è davvero intollerabile. Personalmente, lo trovo persino più grave di quello che hanno fatto quei ragazzi. Non perché il danneggiamento di un’opera d’arte non sia grave, ma perché l’insulto abilista produce dei danni a lungo termine, perché si propaga, si radica e ferisce ogni singolo giorno tutte le persone che di quell’insulto sono destinatarie.

Concita De Gregorio,

Già è difficile affrontare, per le persone disabili, i limiti di una società che ne rifiuta di fatto i corpi, le storie, le vite e lo dimostra ovunque, dall’architettura alle infrastrutture, dalla rappresentazione nella cultura di massa alle negate opportunità. In questo, voi giornalisti avete una responsabilità in più, perché il cambiamento inizia spesso proprio dal linguaggio. Lei del linguaggio è un’esperta e in quanto tale, e con una carriera importante alle spalle, avrebbe dovuto misurare con maggiore attenzione le sue parole.

E invece cosa ha fatto? Ha usato una terminologia altamente offensiva, usando come pietra di paragone, per stigmatizzare il grave gesto dei ragazzi che criticava, una categoria che non c’entra nulla e cioè quella delle persone disabili.

Le sue parole precise, nel descrivere gli influencer, sono state “decerebrati assoluti che in un tempo non così remoto sarebbero stati alle differenziali, seguiti da un insegnante di sostegno che diceva loro ‘vieni tesoro, sillabiamo insieme, pulisciti però prima la bocca’”, ma anche “deficienti, nel senso che letteralmente hanno un deficit cognitivo”. In questo modo ha offeso senza alcun riguardo e delicatezza le persone disabili, che tra l’altro sono le ultime che andrebbero a imbrattare i monumenti e non solo perché, tra l’altro, a causa della presenza di barriere architettoniche, spesso ai monumenti non hanno neanche accesso.

Le sue scuse riescono a essere una “toppa peggiore del buco”

Nelle scuse, invece di migliorare, ha peggiorato la situazione. Viviamo in un mondo abilista, purtroppo, siamo stati a lungo cresciuti così e a molti è capitato e capita di dire cose sbagliate in questo senso. Se si fosse solo scusata, nessuno l’avrebbe condannata a vita. Gli errori fanno parte dell’umanità, ma dagli errori possiamo imparare e quando li riconosciamo, senza alibi, mostriamo forza, non debolezza. Invece, nel suo secondo intervento, dopo essersi scusata, ha cercato di giustificare quanto detto parlando di “morte del contesto” e di un “linguaggio politicamente corretto”, che starebbe “paralizzando il pensiero e l’azione, specie a sinistra”.

Questo vanifica le sue scuse, perché parlando dei danni del presunto “linguaggio politicamente corretto” in questo contesto, lei ha di fatto sminuito le critiche che ha ricevuto da parte di moltissime associazioni impegnate nella promozione dei diritti delle persone disabili (qui una, tra le tante). In questo modo, mi spiace dirlo, lei ha perso un treno importante: quello di considerarle uno spunto per migliorare.


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Le parole possono essere più dannose di qualsiasi imbrattamento

Si ricordi, ma dovrebbe saperlo bene, visto il mestiere che fa, che le parole sono più dannose di un qualsiasi imbrattamento. Quello lo si può riparare, ma le parole incidono profondamente nel pensiero delle persone e restano, influenzando il loro modo di agire e di esprimersi. Con il suo articolo, lei ha contribuito a creare le condizioni per cui persone meno sensibili a certe tematiche possano continuare a offendere liberamente, come purtroppo accade da anni, usando definizioni che dovrebbero invece scomparire dal linguaggio comune. Non è una questione di “politicamente corretto”, ma di dignità.

Proprio queste sono le battaglie che facciamo noi, associazioni, genitori impegnati in questo ambito e le stesse persone disabili, per eliminare dal linguaggio comune certe espressioni inaccettabili. Con il suo articolo, lei le ha spazzate via. Rilegga il suo articolo, quello che ha scritto e come lo ha scritto, ci rifletta. E si renda conto di quanto sia sbagliato parlare così. Non c’è “contesto” che tenga.

Anche le persone disabili leggono gli articoli

Lei non è giovane come quei ragazzi, quindi ha meno giustificazioni. Non voglio certo scusare loro, ma da una professionista intelligente e matura come lei, mi sarei aspettata un altro comportamento. Concludo aggiungendo che le persone cerebrolese, disabili, o con la sindrome di Down, come mia figlia, gli articoli li leggono e possono essere direttamente offesi. Lo dico a nome di Lia, di Sirio, di Emma e di tutti gli altri.

Le consiglio un corso di scrittura inclusivo e in generale di riflettere su quello che le stanno dicendo in tanti e magari di valutare, la prossima volta, se per rendere più accattivante un articolo non abbia utilizzato un linguaggio discriminante e offensivo. Questo vale, naturalmente, anche per tutti gli altri suoi colleghi. Spero che facciate tesoro di questa occasione.

Amelia Massetti, presidente Associazione Artemisia, Inclusione per Tutti

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