Ich bin ein Berliner: una riflessione sul celebre discorso di J.F. Kennedy
Testo e disegno di Paolo Brasioli
“Ich bin ein Berliner”: perché celebriamo questa frase?
Ssh… Oggi facciamo silenzio, almeno per qualche momento, qui a Berlino o dovunque ci troviamo, e guardiamo al cielo. Dobbiamo assolutamente sussurrare, cantare o gridare, vedete voi cosa vi conviene e piace di più, solo 4 parole, solo 17 lettere. Non è difficile no? Magari ritornando in quel luogo, che noi abitanti di Berlino abbiamo la preziosa occasione di vivere… Allora, dai…
Ma capirete, anche dopo questa lettura, dopo questi ricordi, dopo aver riletto il discorso originale, qui di seguito tradotto in italiano o dopo aver visionato il filmato dell’epoca, quello che significa questa breve frase. Sperimenterete emozionalmente, evocandola, quello che questa vale! che è tanto…che è tutto!
Sessanta anni fa, infatti, fu innalzato nel cielo di Berlino un canto di libertà, ancor prima che un discorso di un comizio ufficiale.
La voce di Kennedy
Era una voce sola, quella di Kennedy, che prendeva forza dagli animi dei migliaia di presenti in quella piazza, ma soprattutto dalle moltitudini che proprio lì non potevano esserci. Ed in gran parte proprio a tutti loro era rivolta quella voce e dedicato questo discorso.
E questa voce si rivolgeva con forti e sentite parole in inglese, ma anche con una lapidaria frase in latino e due emblematiche in tedesco (una ripetuta anche due volte e che diventò famosa), intonando così questo canto alla libertà universale.
Una voce che narrava alle persone di due mondi contrapposti, di due modi di pensare, gestire e governare le economie e le persone, due visioni diverse che si imposero qui alla fine del più grande conflitto della storia dell’umanità.
Questa voce, non compiacendosi del fallimento e della assurdità della controparte, palesava onestamente anche le difficoltà e le imperfezioni delle proprie coraggiose scelte ed ideali, ma li evidenziava come gli unici possibili per il futuro dell’umanità.
Una voce che riconosceva e traeva vitalità, dall’energia che emanava questa città, seppur ancora molto sofferente, ferita e limitata, ma che comunque ben sapeva vivere con forza, con speranza e con determinazione la propria voglia di vera libertà.
Tale voce invitava, accorata, a alzare gli occhi oltre i pericoli dell’immediato, e di rivolgere l’animo di ognuno alle speranze del domani, oltre i limiti della propria libertà personale o della propria comunità locale, per promuovere incessante la libertà ovunque, oltre appunto quel “muro” che serpeggiava opprimente non distante da lì.
Chiedeva amichevolmente di superare il proprio io, di andare oltre, e questo lo chiedeva per l’umanità tutta.
Nell’immenso svolgersi temporale della storia questa voce narrava di un giorno, che doveva arrivare da lì a poco, nel quale tutto questo sarebbe diventato realtà.
Ed essa richiamava fortemente ed omaggiava il valore e il primato di questa città e soprattutto dei suoi cittadini, che era quello di aver alimentato, nella silente sofferenza degli ultimi due decenni postbellici, tutto questo nascente mondo, in pace e pieno di speranza.
Alla fine, questa voce proclamò forte che ogni singolo ha valore proprio perché parte di questa libertà. E che ogni uomo (uomo e donna ovvio) libero, ovunque si trovasse poteva, essere orgoglioso di dire, di cantare al cielo: “ICH BIN EIN BERLINER”!
E quindi dai…facciamolo tutti, davvero!
Il Contesto del discorso “Ich bin ein Berliner”
John Fitzgerald Kennedy (1917-1963) in qualità di 35° Presidente degli Stati Uniti pronunciò a Berlino Ovest il famoso discorso il 26 giugno 1963, tenutosi a Rudolph-Wilde-Platz dove si trovava il Rathaus di Schöneberg, sede del governo della città di Berlino Ovest, in occasione della sua visita ufficiale alla città. Era un momento cruciale della guerra fredda a livello mondiale e questo era un luogo simbolo dell’antagonismo tra i blocchi contrapposti. Quello comunista (ad Est) e quello capitalista (ad Ovest). Egli, ospite del Cancelliere tedesco Konrad Adenauer (1876-1967) e del sindaco Williy Brandt (1913-1992), volle fortemente essere vicino alla città, divisa dal muro da appena 22 mesi, e soprattutto vicino alla popolazione che numerosa lo seguì e lo applaudì. Solo in questa piazza erano presenti oltre 250.000 persone! Impostò il discorso poco prima e chiese all’ultimo anche supporto per la corretta pronuncia della celebre frase in tedesco “ICH BIN EIN BERLINER”. Interrotto più volte dagli applausi emozionati dei presenti, durante i circa 4 minuti di permanenza sul palco. Questo discorso rimane uno dei più alti della sua esperienza politica, che, ahimè, si concluderà tragicamente con il suo assassinio a Dallas, appena 149 giorni dopo! Conseguentemente, per onorare la sua memoria e quella di questo famoso e accorato discorso alla libertà universale, la piazza dove si tenne questo storico comizio, fu rinominata in sua perenne memoria.
L’EIN
Desidero sottolineare un dettaglio. Tanto si è detto sull’ ein nella famosa frase “ICH BIN EIN BERLINER”, arrivando anche a sfumature interpretative tese tra un possibile ingenuo errore grammaticale ed interpretazioni figurate dolciario-goliardiche. Rimane il fatto, e desidero invitare tutti a rifletterci, che questo ein è una delle note più alte della sinfonia della primavera della rinascita postbellica mondiale.
Dopo la totale immane catastrofe bellica delle moltitudini, con i 55 milioni di vittime, questo ein risuona forte a nobilitare il valore prezioso e centrale del singolo. Nella notte buia della guerra fredda questo ein brilla di luce propria come una stella cometa che solca il cielo immobile, messaggera di libertà.
La brevissima nota enfatizzante della voce di Kennedy nel pronunciare l’ein collega i decenni e riavvolge la storia, volendo imporsi come amichevole segnale sul cammino, non facile certo ma pregno di valore, dell’umanità. Questo ein riunisce in un unico battito di cuore tutto quello che palesemente in questa città era allora stato diviso con il Muro. Questo ein è il sigillo puro dello spirito di appartenenza, nel sentimento fondante della libertà universale! Infatti questo ein ben evidenzia che la libertà è indivisibile e quando un solo uomo non è libero, nessuno è libero!
Infine questo ein sarà il sussurro dirompente e primordiale che farà poi sgretolare, oltre 26 anni dopo, il calcestruzzo del Muro e permetterà davvero che tutto ritorni unito… uno…ein!
Il discorso completo
Sono orgoglioso di venire in questa città ospite del vostro onorevole sindaco, che ha simboleggiato per il mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono orgoglioso — sono orgoglioso di visitare la Repubblica Federale con il vostro onorevole Cancelliere che da così tanti anni guida la Germania nella democrazia, nella libertà e nel progresso, e di essere qui in compagnia del mio concittadino americano Generale Clay che — che è stato in questa città durante i suoi momenti di crisi, e vi tornerà ancora, se ce ne sarà bisogno.
…
Duemila anni fa — Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire “CIVIS ROMANUS SUM”. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire “ICH BIN EIN BERLINER”. Apprezzo l’interprete che traduce il mio tedesco… Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono — ce ne sono alcune che dicono che il comunismo è l’onda del progresso. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino. E ce ne sono anche certe che dicono che sì il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici. “LASS SIE NACH BERLIN KOMMEN”. Che vengano a Berlino. La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri — per impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua, dall’altra parte dell’Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest. Mentre il muro è la più grande e vivida dimostrazione dei fallimenti del sistema comunista — tutto il mondo lo può vedere — ma questo non ci rende felici. Esso è, come il vostro sindaco ha detto, una offesa non solo contro la storia, ma contro l’umanità, separa famiglie, divide i mariti dalle mogli ed i fratelli dalle sorelle, divide un popolo che vorrebbe stare insieme. Quello che — Quello che è vero per questa città è vero per la Germania: una pace reale e duratura non potrà mai essere assicurata all’Europa finché ad un quarto della Germania è negato il diritto elementare dell’uomo libero: prendere una decisione libera. In 18 anni di pace e benessere questa generazione di tedeschi ha guadagnato il diritto ad essere libera, incluso il diritto di unire le famiglie, a mantenere la propria nazione in pace, in buoni rapporti con tutti. Voi vivete in un’isola difesa di libertà, ma la vostra vita è parte della collettività. Consentitemi di chiedervi, come amico, di alzare i vostri occhi oltre i pericoli di oggi, verso le speranze di domani, oltre la libertà della sola città di Berlino, o della vostra Germania, per promuovere la libertà ovunque, oltre il muro, per un giorno di pace e giustizia, oltre voi stessi e noi stessi per tutta l’umanità. La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero. Quando tutti saranno liberi, allora immaginiamo — possiamo vedere quel giorno quando questa città come una sola e questo paese, come il grande continente europeo, sarà in un mondo in pace e pieno di speranza. Quando quel giorno finalmente arriverà, e arriverà, la gente di Berlino Ovest sarà orgogliosa del fatto di essere stata al fronte per quasi due decenni. Ogni — Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino. E, dunque, come uomo libero, sono orgoglioso di dire “ICH BIN EIN BERLINER”!
L’autore: Architetto Paolo Brasioli – Quattro | architectura
Provenendo da una famiglia di artisti veneti, Paolo Brasioli è stato influenzato presto dal ricco patrimonio culturale e artistico italiano. Fondamentale è stata l’influenza di suo padre, Alfredo Brasioli, rinomato fumettista, illustratore e grafico italiano.
Il suo lavoro fino ad oggi si è concentrato sulla costruzione di hotel di alta qualità e sull’interior design per abitazioni, hotel e strutture di gastronomia e benessere, così come sulla creazione di mobili, lampade, accessori e arte.
Ha lavorato con rinomate compagnie e gruppi alberghieri come Best Western, Crowne Plaza, Falkensteiner, Hilton, Hyatt, Le Meridien, Leonardo Hotels, Marriott, NH Hotels, Rocco Forte Hotels e Sheraton. Molte delle sue creazioni sono state esposte in rinomate fiere d’arte e di design.
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