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Difendere i diritti dei lavoratori stranieri anche fuori dalla Germania: la proposta di Svenja Schulze

La Ministra dello Sviluppo tedesca Svenja Schulze (SPD) ha proposto l’introduzione del diritto di fare causa nei tribunali tedeschi per i lavoratori stranieri che operano nei Paesi a basso costo di produzione (come quelli del sudest asiatico). L’obiettivo è quello di rafforzare i diritti dei lavoratori in Paesi dove le condizioni di lavoro sono spesso critiche e i diritti dei lavoratori scarsi o inesistenti: questa combinazione contribuisce a mantenere bassi i costi di produzione e di questo beneficiano moltissime aziende europee, soprattutto quelle del settore tessile. Schulze ha avanzato questa proposta il 24 aprile, in occasione del decimo anniversario del crollo della fabbrica tessile Rana Plaza in Bangladesh, dove più di 1.100 lavoratori sono morti e più di 1.800 sono rimasti feriti.

Nonostante i risarcimenti, i lavoratori sopravvissuti al crollo del Rana Plaza vivono in condizioni precarie

Secondo l’organizzazione per i diritti delle donne Femnet, molti dei sopravvissuti al crollo vivono oggi in condizioni disastrose, nonostante i risarcimenti ricevuti. In un’intervista alla Bayerischer Rundfunk, Schulze ha dichiarato di desiderare che le persone danneggiate, in ultima analisi, da condizioni di lavoro che vanno a beneficio delle aziende europee abbiano il diritto di fare causa in un tribunale tedesco, al fine di porre rimedio a questi abusi. Questo dovrebbe essere possibile anche grazie all’aiuto dei sindacati.

Schulze: la moda basso costo non è sostenibile, occorre fare appello al buon senso dei consumatori

Il diritto di azione legale in questo senso dovrebbe essere introdotto dall’Unione Europea, poiché la legge tedesca sulle filiere produttive, entrata in vigore a gennaio di quest’anno, non prevede la possibilità di un’azione civile come quella ipotizzata dalla Ministra. Schulze ha inoltre invitato i consumatori a riconsiderare la sostenibilità dei prodotti tessili a basso costo, sottolineando che questo tipo di abbigliamento non può essere sostenibile. Secondo Schulze, fare appello al buon senso dei consumatori può rivelarsi più efficace rispetto a una politica di divieti.


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Secondo Gisela Burckhardt, esperta di diritti umani nell’industria dell’abbigliamento, dopo due anni di lotta, i lavoratori superstiti del Rana Plaza hanno ricevuto un risarcimento per i salari persi e le spese mediche a seguito del disastro. Tuttavia, ancora oggi, molti possono permettersi a malapena la sopravvivenza. Burckhardt ha spiegato che le regole dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in base alle quali è stato pagato il risarcimento, si basano sul fatto che l’assicurazione sociale garantisca un reddito ai sopravvissuti di tali incidenti, ma che la situazione attuale in Bangladesh non prevede questo tipo di garanzie.

Il Bangladesh è il principale esportatore di prodotti tessili a basso costo

Il crollo del Rana Plaza ha portato a una modifica almeno parziale degli standard nell’industria dell’abbigliamento. Ad esempio, è stato adottato il Bangladesh Accord per la sicurezza degli edifici, a cui hanno aderito 1600 delle 4000 fabbriche tessili del Paese. La strada da fare, però, è ancora molto lunga: “Le condizioni di lavoro non sono migliorate” ha sottolineato Burckhardt “e non è diminuita neppure la massiccia violenza di genere”

Il Bangladesh è il secondo esportatore mondiale di capi di abbigliamento dopo la Cina, e i prodotti tessili rappresentano l’82% di tutte le esportazioni nazionali. Allo stesso tempo, il costo della manodopera è inferiore a quello della Cina. La Germania è il secondo maggior acquirente di prodotti tessili dal Bangladesh dopo gli Stati Uniti.

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