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Gender pay gap: sentenza storica per la Germania

Stop al gender pay gap: arriva una sentenza storica, per la Germania. Una 44enne di Dresda ha infatti avuto la meglio contro il suo datore di lavoro, un’azienda metallurgica della Sassonia, dopo aver notato che due colleghi maschi avevano ricevuto aumenti dai 500 ai 900 euro, che a lei erano invece stati preclusi.

Il provvedimento del tribunale del lavoro di ultima istanza ha riconosciuto alla ricorrente 15.000 euro di arretrati, più un risarcimento. In almeno un caso, il diverso trattamento è stato infatti definito discriminatorio.


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In Germania un gender pay gap imbarazzante: vediamo perché

La Germania, contrariamente a quanto si pensi, non è affatto all’avanguardia, in Europa, per quanto riguarda la parità retributiva. La legge sulla trasparenza delle retribuzioni, del 2017 (quindi recentissima), è considerata una “tigre senza denti” perché si applica solo a imprese con un numero di dipendenti pari o superiori a 200, mentre la maggior parte delle aziende è caratterizzata da numeri minori. È inoltre molto complicato, per una serie di vincoli burocratici, arrivare ad avere informazioni sulla retribuzione dei colleghi, al fine di verificare una possibile disparità salariale.

Secondo la Federazione tedesca dei sindacati (DGB), inoltre, solo un quarto delle aziende segue le regole della contrattazione collettiva e quindi la realtà attuale vede una situazione poco verificata e ambigua, fatta di discriminazioni giustificate a suon di luoghi comuni e false premesse. Il tutto contribuisce a creare un clima in cui, sulla carta e nella prassi, le donne sono considerate forza lavoro di serie B, destinate alla casa o al part time e poco adatte agli scatti di carriera. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica, in Germania si fotografa un ritardo imbarazzante nell’equità retributiva, a livello europeo. Solo l’Estonia, la Lettonia e l’Austria pagano meno le loro lavoratrici, mentre tutti gli altri Stati dell’Unione riescono a fare meglio, compresi i tanto vituperati Stati dell’Europa meridionale.

Le vecchie giustificazioni relative al gender pay gap non funzionano più

Per molto tempo, la giustificazione fornita per spiegare questo stato di cose si è legata ad argomentazioni come il fatto che le donne pagate meno avessero un’inferiore qualifica o che lavorassero part time invece che full time. Questi argomenti, però, sono caduti quando è stato introdotto il concetto di “gender pay gap corretto”, che considera la disparità salariale a parità di qualifiche e tipologia di lavoro. L’evidenza dimostra infatti che il gap sussiste anche in questi casi e in una misura che addirittura oscilla dal 7 al 20%.

Gender pay gap, arriva la sentenza storica che può essere una pietra miliare

Nel caso specifico della 44enne di Dresda, il datore di lavoro aveva giustificato il maggiore salario dei colleghi maschi sulla base dell’anzianità, in un caso, e di una presunta “migliore capacità negoziale”, in un altro. Almeno in quest’ultimo caso, il giudice ha ritenuto la motivazione totalmente insussistente, oltre che discriminatoria, dovendosi ancorare la retribuzione di mansioni identiche a parametri oggettivi e neutri dal punta di vista del genere e non a fattori effimeri come una presunta migliore “capacità negoziale”. Commentando la sentenza, gli avvocati della donna hanno parlato di una “pietra miliare per la parità di diritti nel mondo del lavoro”.

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