di Miriam Franchina
Fra le notizie facete, ma che han fatto il giro del mondo e infiammato i social nell’ultimo scorcio di 2022, c’è indubbiamente l’immagine irriverente di Emiliano “Dibu” Martínez che festeggia il premio di miglior portiere del mondiale di calcio, sollevando in modo irriverente il trofeo a forma di “mano guantata” e ricordandoci perché si dice che gli argentini sono “italiani che parlano spagnolo”. Lo parlano, si direbbe, anche a gesti, tramandati, chissà, da migranti alle strette con la lingua del nuovo Paese.
La frase, attribuita a diversi scrittori e giunta al mio orecchio tramite un amico, prosegue dicendo che gli argentini “si credono francesi“ (los argentinos son italianos que hablan español y se creen franceses), cosa che il guantone d’oro di Martínez ha pub(bl)icamente smentito.
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Lasciando la sentenza al popolo della rete, qui usiamo il gesto del Dibu come un assist per una “scheggia”, qui, insomma, si coglie la palla al balzo per vedere un po’ per cosa usano le mani i tedeschi, idiomaticamente parlando. In tedesco usano un modo di dire meno calcisticamente spendibile, perché “prendono l’opportunità per il ciuffo” (die Gelegenheit beim Schopfe packen).
Metto prontamente mano a Google e man mano che lo spulcio, mi segno qualche modo di dire per “averlo a portata di mano” (e tastiera). Questa frase, se tradotta in tedesco, manterrebbe la mano sono nell’ultimo esempio, zur Hand haben. Ma resta che l’arto anteriore, quella zampa nostro vanto per il pollice opponibile, è versatile anche nel parlato, che si tifi azzurro o schwarz-rot-gold.
Auf Deutsch potremmo commentare che il Dibu ha proprio “una manina” per parare i rigori (ein Händchen für etwas haben) o, per dirla con un’espressione dove tedesco e italiano vanno “mano nella mano” (Hand in Hand gehen), che come portiere ha “le mani d’oro” (goldene Hände haben).
Ha però dimostrato di “aver due mani sinistre” (zwei Linke Hände haben), quando si è trattato di esternare entusiasmo in mondovisione, espressione tedesca che corrisponde al nostro “esser maldestri”.
Ad ogni modo, nessun cartellino giallo e per ora pare gli sia stata data carta bianca per esultare come gli pare. Insomma, Dibu ha avuto sinora una “mano libera” (freie Hand haben). Non è chiaro (per cui es liegt nicht auf der Hand) se la FIFA abbia le mani legate nel punirlo, espressione peraltro identica fra Berlino e Roma (jemandem sind die Hände gebunden). Chissà se c’entra il fatto che una bacchettata sulle manone d’oro guantate avrebbe un po’ significato “sputare nel piatto dove si mangia”.
I tedeschi esprimono lo stesso concetto, ma sono un po’ più primordiali e abbandonano piatto e posate per “mordere la mano che li nutre” (in die Hand beißen, die einen füttert). Del resto, ci mancavano gli sceicchi, ad aver le mani in pasta nello sport più lucrativo del mondo… o a metterci lo zampino. Al netto del loro amore per il backen, i tedeschi, in questo caso, direbbero che gli sceicchi avevano “le dita in gioco” (die Finger im Spiel haben).
Dai dettagli biografici emersi sul portiere albiceleste, si evince che Dibu ha dovuto “sputarsi nelle mani” sin dalla tenera età, per farsi strada nel mondo del calcio (in die Hände spucken). E prima di poter brandire la coppa del mondo, la sua Argentina non ha certo vinto ”a mani basse” o “con le sinistre” (mit Links gewinnen), perché la Francia le ha sempre dato filo da torcere (o “una dura noce da schiacciare“, eine harte Nuss zu knacken).
Lo sputarsi nelle mani crucco equivale al nostro “olio di gomito” ed entrambe le espressioni ci ricordano che le articolazioni sono da lubrificare, prima di ogni sforzo che si rispetti. Ancor di più se poi tocca lottare “con le unghie e con i denti”, cosa che in tedesco preferiscono fare “con mani e piedi” (mit Händen und Füßen). Al contrario, se poco o nulla si intraprende, da noi la gente se ne sta “con le mani in mano“, oppure con “in grembo”, come in Germania (die Hände in den Schoß legen).
Il partito “pro Dibu” lo rivendica come verace espressione di un calcio fatto di passioni forti e poca diplomazia e parla del campione come di un tipo un po’ ribelle che non “mangia dalla mano” di nessuno, ergo non obbedisce (jemandem aus der Hand fresssen).
Chi gli “punta il dito contro” o auf ihn mit dem Finger zeigt potrebbe argomentare che il Dibu può forse bearsi di “un uovo oggi”, ma potrà non beccarsi tanto facilmente una “gallina domani”, immaginando che il gesto non gli giovi, a lungo andare. L’espressione resta ornitologica anche in tedesco, ma in Germania si distingue fra lo scricciolo che si tiene in mano, il successo piccolo ma sicuro del momento, e la colomba che sta sul tetto, simbolo un risultato più grande, ma incerto e volatile (ein Spatz in der Hand ist besser als eine Taube auf dem Dach).
Difficile, ma italo-germanicamente identico, è “mettere la mano sul fuoco” per l’una o l’altra interpretazione dell’evento (die Hand ins Feuer legen). Resta che a pochi è sfuggita l’espressione, fra l’adirato e l’incuriosito, del qatariota immortalato, suo malgrado, durante il “suca” di Martínez e che rende lo scatto iconico, almeno quanto un’altra mano albiceleste.
Chissà se gli argentini, magari quelli di origini italiche, sono scaramantici e rinvengono un parallelo fra la mano “de Dios” del goal degno di Mila e Shiro segnato da Maradona nel 1986 e quella, provvidenziale sul campo e irreverente sul podio, di Martínez. In entrambe le edizioni, l’Argentina si è portata a casa il primo posto. Nella seconda, ha fatto pure man bassa di trofei ulteriori.
Io, dal mio canto, non posso che sperare che questa scheggia abbia Hand und Fuß cioè “un capo e una coda“. Ci ho provato, “mano (digitante e senza guanti) sul cuore” (Hand aufs Herz).
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