di Miriam Franchina
Una “scheggia natalizia” di Miriam Franchina, rubricista storica del Mitte che, dopo una pausa di qualche anno, torna sulle pagine del nostro giornale, con la sua iconica rubrica “teutoniche schegge”. Scopri curiosità, modi di dire e proverbi tedeschi, immergendoti in un mondo dalle sfumature interessanti e, spesso, incredibilmente divertenti.
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Da quando Il Mitte ha riproposto le mie sortite nell’idioma di Goethe e Hansi Flick, mi ripeto che dovrei provare a rimetter mano alla tastiera. Certo, non ho più coinquilini ossessionati dalle provviste di carta igienica come muse ispiratrici, né son il Partymaus, che prima si dà al Vorglühen casalingo per poi continuare a far le ore piccole fuori.
Perlustrando i modi di dire, scopro di potermi proclamare non ancora nell’età dello svevo (“ins Schwabenalter kommen”). Pare che ai tanto biasimati svevi serva arrivare ai 40 per cominciare ad avere la testa sul collo. Non è dato sapere se alla boa dei 40 imparino anche l’Hochdeutsch, ma a Berlino si continua ad additarli come i gentrificatori per eccellenza, con le tasche piene ma un po’ bigotti. Mi trastullo di potermi fingere ancora giovane perché, secondo un quiz fatto all’Humboldt Forum, me la cavicchio col Kiezdeutsch, la lingua dei crucchi metropolitani che crescono a suon di rap e incorporando parole e strutture dal turco e dall’arabo. E allora eccomi qua, sperando che chi mi legge non pensi che stia propinando “vino vecchio in otri nuovi” (“alter Wein in neuen Schläuchen”) o “neve di ieri” (“Schnee von gestern”).
Ormai “Weihnachten steht vor der Tür” (“Il Natale è alle porte”), anche se dopo anni permane, infingardo, il dubbio se si tratti di una parola singolare o plurale, neutra o femminile. Pare non sia la sola a grattarmi il capo e il prestigioso Duden spacca il capello in quattro (cioè ci offre una Haarspalterei) per poi concludere che l’uso più frequente (ma non l’unico) è das Weihnachten, anche se si parla di più notti sacre (weih).
Per me la scelta del der-die-das resta una bella gatta da pelare o, nella versione più animal-friendly in tedesco, “una dura noce da schiacciare” (“eine harte Nuss zu knacken”). Peccato che per i dubbi di genere grammaticale, a poco serva il Nussknacker che, secondo la leggenda, si sarebbe fatto inventare un ricco contadino delle Erzgebirge per potersi finalmente godere le sue noci, e oggi è un comune decoro di stagione. Secondo alcuni, anche per godersi la compagnia dei montanari sassoni servirebbe un approccio à la schiaccianoci, perché per arrivare al loro cuore morbido serve prima trovare il modo di forare il guscio che lo protegge (e del loro dialetto, aggiungo io).
Non so se siate fra coloro che “si divertono come un bambino a Natale” (“sich freuen wie ein Kind an Weihnachten”). Per me è il momento dell’anno in cui torno al paesello natio per passarci il periodo del zwischen den Jahren. A questo giro, complici riflessioni thunbergiane e ripetute cilecche aeroportuali, avrò ore ed ore di viaggio in treno per prepararmi al tour de force dei parenti e alle maratone di caffè e panettone. Spero che confidare nella funzionalità di Deutsche Bahn non si riveli “credere a Babbo Natale” (“an den Weihnachtsmann glauben”). Per ora, intabarrata in casa a causa della Grippe, scruto il cielo e le previsioni sperando nel tocco magico della neve.
Non so se mi consola sapere che “se il Natale resta verde, senza neve, è la Pasqua ad essere imbiancata” (“grüne Weihnachten, weiße Ostern”). Con le temperature sempre più sballate, patite in un’estate berlinese che sembrava una Bassa Padana 2.0 con kebab al posto della piadina, una spruzzata candida ci farebbe, anche solo per un attimo, dimenticare la ridda di cattive notizie che regge tenace dal 2020. Altro motivo per sperare sia Weihnachten ad essere weiß e non Ostern è che, stando alla saggezza popolare di queste latitudini, chi “non raggiunge nessun ramo verdeggiante” (“auf keinen grünen Zweig kommen”), ha una vita grama e piena di insuccessi, specie economici. Una opzione per chi si ritrova in difficoltà finanziarie e ha un certo physique du rôle potrebbe essere lanciarsi come Santa Claus: pare che a Berlino ce ne sia acuta penuria, dopo che la pandemia ha dirottato barbuti signori nerboruti verso altri, più promettenti lidi.
Se ci sarà la neve, torme di bambini e non solo faranno di ogni minimo dislivello in città una pista per slittini, e dunque allerta corpi vaganti a velocità supersoniche. La città di Berlino segnala anche punti particolarmente adeguati per darsi alla slitta, oltre che allo Schlittschuhlaufen, una attività che più facile a farsi che a dirsi (pattinaggio sul ghiaccio). Interessante che un passatempo oggigiorno così amato resti a livello linguistico qualcosa di negativo: minacciare qualcuno di portarselo in slitta, dunque in un viaggio con molti contraccolpi e poco comfort, significa augurargli una bella lavata di capo (“mit jemandem Schlitten fahren”).
Resta che, dovesse imbiancare, alcuni “se la spasserebbero come scriccioli”, gli uccellini che zampettano tutto l’inverno, incuranti delle basse temperature (“sich freuen wie ein Schneekönig”). A dispetto del nome scientifico (Troglodytes troglodyte), questo uccellino la sa lunga sin dai tempi di Esopo, quando vinse una gara a chi volava più in alto appollaiandosi sul dorso di un’aquila. A traguardo quasi tagliato, saltò sulla testa dell’aquila e gridò a gran voce la sua vittoria, così da diventare, in tedesco (complici i fratelli Grimm), l’emblema della gioia del piccolo Golia contro Davide.
Quale che sia il meteo, “fare l’albero di Natale” (“den Weihnachtsbaum aufstellen”) è quasi d’obbligo. Dalle mie parti si fa all’Immacolata, qua alla prima d’Avvento, data segnalata dal propagarsi dell’aroma incrociato di Glühwein e salsiccia dei mille mercatini natalizi, redivivi dopo lo stop dovuto alla pandemia. Causa felino domestico, il Tannenbaum da me non durerebbe più di 48h. E un abete (meglio: una pigna) senza tutti i suoi aghi sarebbe wortwörtlich, uno spreco di soldi, mentre come forma idiomatica è “una persona che non arriva a cento” (“nicht mehr alle Nadeln an der Tanne haben”).
Non sono una grande fan delle decorazioni, ma mi sono concessa una stella dei Fratelli di Boemia, la Herrnhuter Stern. Pare sia stata inventata da un docente di geometria circa 160 anni fa, in una delle scuole di questa comunità protestante insediatesi a Herrnhut, al confine con la Polonia, per poi dare origine ad una redditizia produzione. Per chi ha la mano pesante con coroncine, stelle, palline e lustrini, occhio ad accanirsi solo col decoro casalingo e non uscire di casa “carichi come un albero di Natale”, cioè addobbati in maniera eccessiva e pacchiana (“behangen sein wie ein Christbaum”). È pur vero anche che siamo a Berlino, dove per fortuna non esiste dress code che non sia accettato.
Lasciando la Germania per le feste, mi perderò la Weihnachtsgans, ma compenserò con quantità industriali di lenticchie che, si sa, portano soldi nel nuovo anno. Spero, così, di scongiurare che qualcuno mi spenni. Anche in tedesco si rimane in tema ornitologico, perché qualcuno che viene spennato è “svuotato come un’oca natalizia” (“jemanden ausnehmen wie eine Weihnachtsgans”).
Col nuovo anno, si sa, tutti abbiamo qualche nuova intenzione e la speranza che le cose vadano per il verso giusto. Non si pretende che tutto il 2023 sia “come Pasqua e Natale insieme” (“wie Weihnachten und Ostern zusammen”), ma perlomeno di non “finire sotto la slitta” (“unter den Schlitten kommen”). Che poi, ahimè, le slitte da governare nella vita di tutti i giorni per evitare sbandamenti violenti non vanno quasi mai in discesa.
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