Un’azienda di catering britannica specializzata in menu vegetariani e vegani è finita nei guai per aver ideato un hot dog senza carne chiamato Anne Frankfurter e palesemente ispirato ad Anna Frank, morta nel 1945 nel campo di sterminio di Bergen Belsen e diventata uno dei simboli della tragedia dell’olocausto.
Questa scelta ha creato molta indignazione e scatenato un effetto domino che ha portato la proprietaria dell’azienda, Maria Finn, a spiegarsi con diversi organi di stampa, sottolineando di aver creato l’hot dog senza alcun intento offensivo.
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Lanciato l’hot dog “Anne Frankfurter”… e ovviamente non finisce bene
Non sappiamo a cosa stesse pensando Maria Finn, la proprietaria dell’azienda di catering “Viva Veggie Van”, quando ha ideato un nuovo tipo di hot dog chiamato Anne Frankfurter. L’hot dog era stato preparato in vista di un evento organizzato da un birrificio, ma la pubblicazione in anticipo del menu ha fatto in modo che neanche uno dei panini fosse servito nella tap-room prenotata.
Sui social infatti, e soprattutto su Twitter, il particolare nome dell’hot dog è stato interpretato come una provocazione e non si sono fatte attendere reazioni colorite e critiche senza mezzi termini. Poco dopo, anche il birrificio ha preso le distanze con un post su Twitter, annunciando di non aver visionato in anticipo il menu contestato e di trovare il nome del panino al centro delle polemiche “totalmente inappropriato”. Il birrificio ha quindi aggiunto di aver chiuso i rapporti commerciali con l’azienda in questione.
A menu was shared last night by a 3rd party vendor who was booked to trade at our brewery tap room this weekend. We did not have sight of the menu before it was published and agree that the name of one of the dishes is totally inappropriate. The trader will not be trading with us
— Brum Brewing Co (@brumbrewery) December 13, 2022
Affranta la proprietaria dell’azienda: “Era solo un gioco di parole”
Il danno, per “Viva Veggie Van”, è stato ingente. “Avevamo intenzione di fare solo questo piccolo evento, prima di Natale. Ora abbiamo già ordinato tutto il cibo per tre giorni e non ci sono altri festival in cui vendere, questo fine settimana. Sono molto delusa” ha dichiarato Finn. La donna ha sottolineato che la sua piccola impresa è costituita solo da lei e dalla figlia e che non poter prendere più parte all’evento le causerà un ingente danno economico.
A proposito del merito della questione, Finn ha inoltre cercato di chiarire la cosa su più fronti. Al quotidiano Jewish Chronicle ha dichiarato che il nome Anne Frankfurter voleva essere solo “un gioco di parole”, di “non aver voluto offendere nessuno” e di non essere assolutamente una “persona controversa”. “Non posso credere a quello che è capitato” ha commentato con amarezza. Finn ha inoltre riferito al New York Post di aver utilizzato il nome Anne Frankfurter perché “Anna Frank era di Francoforte e non mangiava carne“.
Intanto Karen Pollock, direttrice dell’Holocaust Educational Trust, ente di beneficenza con lo scopo di “educare i giovani di ogni provenienza sull’Olocausto e sulle lezioni da trarne per l’attualità”, ha commentato sostenendo che “usare il nome di una vittima dell’Olocausto come una manovra di marketing non sarà mai appropriato”.
Partendo da questo assunto e presumendo la buona fede di Finn fino a prova contraria, non si può comunque negare che la donna abbia urgente bisogno di qualcuno che la consigli nella comunicazione, vista la leggerezza con cui sceglie i nomi dei suoi panini.
Dando un’occhiata al resto del menu, infatti, balza subito agli occhi il nome un’altra creazione culinaria: il “Bikini Shroom” (Fungo Bikini), toast ispirato probabilmente all’ominimo atollo del Pacifico, su cui gli Stati Uniti hanno testato varie armi nucleari negli anni quaranta e cinquanta. Anche perché le esplosioni atomiche presentano proprio al forma tipica del fungo. Non c’è che dire, parliao di un’imprenditrice a cui piace “vivere pericolosamente”.
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