I bronzi del Benin tornano in Nigeria. Baerbock: “un atto di giustizia”

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Bronzo del Benin. Testa commemorativa di un re. Rappresentazione formalizzata dell'Oba in abito da incoronazione con corona di perle di corallo e alto collare di perle di corallo. Museum am Rothenbaum, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

La questione dei bronzi del Benin è una delle più discusse quando si parla degli effetti del colonialismo sul patrimonio culturale di moltissimi Paesi del continente africano e di quello asiatico. In questo caso, a 125 anni dal furto di queste straordinarie opere d’arte da parte dei colonizzatori europei, il loro ritorno in patria, nel territorio che oggi corrisponde alla Nigeria, rappresenta, nelle parole della Ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, “un passo atteso da tempo”.

Bronzo del Benin. Bracciale in bronzo con motivi a spirale e trafori, indossato da alti dignitari.
Museum am Rothenbaum, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

20 opere d’arte tornano in Nigeria. Baerbock: “La Germania è pronta a fare i conti con il suo passato coloniale”

E si tratta senza dubbio di un passo che è arrivato con grande ritardo rispetto alla consapevolezza della legittima proprietà dei bronzi, ma che se non altro segna un precedente che pone in rilievo ancora maggiore la permanenza di manufatti africani e asiatici all’interno di musei e collezioni europee che li hanno acquisiti a seguito di operazioni di spoliazione delle colonie da parte delle grandi potenze europee, soprattutto nel XIX secolo.

Bronzo del Benin. Rifusione di un leopardo.
Museum am Rothenbaum, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Sono in tutto 20 le opere d’arte riportate in Nigeria questa settimana. Una maschera d’avorio proveniente da una camera da letto reale, diverse sculture in ottone raffiguranti le teste dei sovrani defunti, ma anche gioielli e una spada cerimoniale. I cosiddetti bronzi del Benin rappresentano un patrimonio artistico di incalcolabile valore nonché la testimonianza di secoli di cultura, arte, artigianato e tradizione. La restituzione, ha dichiarato Baerbock, è il gesto con il quale il governo federale, i governi dei Länder e i musei coinvolti dimostrano “che la Germania è seriamente intenzionata a fare i conti con la sua oscura storia coloniale”.

E in effetti la storia coloniale della Germania non è meno esecrabile e violenta di quella di altre nazioni, come il Regno Unito, per quanto sia stata oscurata, nel dibattito storico, dagli altri orrori commessi dal regime tedesco nel XX secolo. Ora, dopo decenni in cui gli Stati africani chiedono a gran voce la restituzione delle loro opere d’arte, qualcosa inizia lentamente a muoversi nelle coscienze europee post-coloniali.


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La restituzione dei bronzi del Benin è un atto di giustizia

Proprio per questo, la restituzione non è un bel gesto ma, nelle parole di Baerbock, un “atto di giustizia”. Al momento, l’accordo fra Nigeria e Germania prevede che un terzo delle opere d’arte rimanga temporaneamente in prestito nei musei tedeschi. Per gli oggetti che sono stati riportati fisicamente in Nigeria, verrà costruita una sala espositiva con il sostegno tedesco nel luogo dal quale le opere d’arte furono originariamente sottratte: a Benin City, nel sud-ovest della Nigeria.

Bronzo del Benin in esposizione al Bode Museum di Berlino.
Marsupium, CC0, via Wikimedia Commons

Lo storico Götz Aly definisce una “pura rapina” quanto avvenuto in quello che era, nel 1897, il palazzo reale del Benin, e che fu originariamente depredato dall’esercito britannico – come molti altri siti di interesse storico, artistico e archeologico in Africa. All’epoca non fu stilato neppure un registro che documentasse le condizioni originali delle opere depredate. Quello che era allora il regno del Benin si trovava in un territorio che oggi pertiene alla Nigeria, Stato che da anni si batte per la restituzione dei manufatti.

Bronzo del Benin esposto al Bode Museum di Berlino – dettaglio.
Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

Fino a poco tempo fa, queste richieste hanno trovato una ferma opposizione da parte delle istituzioni tedesche e dei musei di Berlino, Colonia, Amburgo, Lipsia e Stoccarda, e solo nell’estate di quest’anno, durante un incontro fra Annalena Baerbock e il ministro della cultura nigeriano Lai Mohammed, è stato concordato il ritorno in patria dei bronzi del Benin. A questo cambio di rotta ha costituito anche la pressione dell’opinione pubblica, che si può forse attribuire a un’accresciuta consapevolezza della natura e delle implicazioni del colonialismo.

Hermann Parzinger, presidente della Fondazione prussiana per il patrimonio culturale e responsabile dell’Humboldt Forum di Berlino, ha definito quello dei bronzi un “caso esemplare” e ha espresso ottimismo per una rinnovata cooperazione con la Nigeria e con i Paesi dell’emisfero sud del mondo, nel suo complesso.

Bronzo del Benin. Particolare di una placca a rilievo con tre Dignitari con sonagli e doppi gong a mezzo profilo.
Museum am Rothenbaum, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Va ricordato, tuttavia, che questo non è che un primo passo verso la restituzione di un patrimonio molto più vasto: al momento, come sottolineato dalla direttrice del Museo Rautenstrauch-Joest di Colonia Nanette Snoep, circa il 70% del patrimonio culturale africano si trova nei musei europei e nordamericani. Basti pensare ai manufatti egizi conservati presso il British Museum.

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