Un Falstaff intrigante e coinvolgente apre con successo la stagione lirica a Venezia
di Michele Santoriello
Il pubblico ammette tutto fuorché la noia, così scriveva il maestro Verdi ad uno dei suoi più amati librettisti. E il “Falstaff“, suo ultimo grande capolavoro di teatro musicale, commedia lirica , frammentata in strutture minime, la cui partitura come una rosa screziata è ricca di sonoritá ed elementi ritmici, alcune volte tutt’altro che dolci, è un capolavoro capace di trasportare il pubblico in una sempre frenetica e coinvolgente musicalità.
Una composizione che rompe lo schema delle tradizionali arie, duetti e numeri chiusi tipici dell’opera comica tradizionale, dei ben conosciuti predecessori Rossini e Donizetti, e che Verdi affrontò solo alla fine della sua carriera, dopo il fiasco avuto 50 anni prima con un’altra opera dello stesso genere, quando era agli inizi della sua attività di compositore.
Quest’anno, il teatro La Fenice ha aperto la stagione lirica 2022/2023 proprio con “Falstaff”, modello sia librettistico che musicale di eleganza e di stringatezza, tratto da due lavori di Shakespeare, l'”Enrico IV” e “Le Allegre Comari” di Windsor, che Arrigo Boito sapientemente trasfigura e ricrea, fornendo al maestro di Bussetto parole intense in e per la musica.
Il vero miracolo di quest’opera dell’ottuagenario Verdi – che andò in scena nel 1893 a Milano, non riscuotendo un gran successo nella critica, che colse prevalentemente i tratti malinconici del personaggio, e non le novità nascoste sia nel libretto che nella tessitura musicale, quest’ultime colte invece a maggio dello stesso anno a Venezia, dove riscosse un grande successo di pubblico e di critica – è quello di stravolgere la forma di opera comica facendo emergere attraverso la musica il personaggio falstaffiano come un soggetto a tutto tondo, affascinante, arguto e intraprendente, ma allo stesso tempo messo in ridicolo, sbugiardato e fortemente ridimensionato nel seguito della storia per il suo troppo cinico ardire ed ardore amoroso.
Il Cavaliere, pingue, attempato, beone e godereccio che vorrebbe – data la sua ricchezza, il suo lignaggio, nonché la sua sfrontatezza – ancor essere ammirato e rinverdire il suo animo di conquistatore, come quando, giovane paggio, era „vago, leggero, gentil“, si troverà a dover affrontare l’arguzia femminile delle sue due pretendenti, Alice (il soprano Selene Zanetti), e Meg (Sara Mingardo), che ne capiscono le impertinenti e sfacciate intenzioni e nel divenire dell’opera lo sbeffeggeranno e ne prenderanno le misure fino ad una catarsi fantasmagorica dell’ultimo atto dove il tutto si concluderà con la celeberrima frase „tutto nel mondo è burla“.
In Falstaff ( interpretato magistralmente e con guizzo dal baritono Nicola Alaimo) la coppia Boito/Verdi riesce a far emergere così bene anche altri costumi e caratteri del mondo della piccola ed alta borghesia dell’epoca shakespeariana quali la gelosia cieca, quella del Dr. Ford (Vladimir Stoyanov), la propensione all’adulterio, le bugie e gli inganni dei rapporti tra i sessi, la fugacità dei rapporti sentimentali nonché gli amori desiderati „bocca baciata non perde ventura, anzi rinnova come fa la luna“ come quelli dei due giovani Fenton (il tenore Renè Barbera) e Nanetta (la giovane sorprendente soprano Caterina Sala), osteggiati e condizionati da vincoli sociali e di classe che solo con un inganno finale potrà realzzarsi in un’ unione possibile.
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La messa in scena veneziana affidata al regista britannico Adrian Noble, autore anche di un libro appena uscito, “How to direct Shakespeare”, svela, si sviluppa e si gioca in un’ambientazione da teatro elisabettiano, un piccolo teatro nel teatro, che come un semicerchio a più piani, nella perfetta tradizione di un teatro inglese di fine ‘500, continua ed include lo stesso spazio teatrale ed il suo pubblico che si trova così ad essere, senza saperlo, davanti e dentro la scena.
Semplici e originalissimi, inoltre, i costumi di Clancy che ben vestono i tanti personaggi sul palcoscenico che nel terzo atto, ambientato nel parco di Windsor, riempiono con forza e gioiosità la scena.
Il Direttore Myung-Whun Chung, apprezzato conoscitore ed interprete di Verdi, ha diretto la prima di venerdì 18 novembre e ha diretto le 4 repliche in cartellone, strabiliando per la sua direzione e per la sua intensa capacità di seguire il ritmo incalzante e dinamico della musica, equilibrando con maestria la tessitura musicale e mai sovrapponendosi ai cantanti, anzi, dando giusta attenzione ai tempi e alle sfide della partitura verdiana, che mette a severa prova l’orchestra.
Insomma un’elegante geometria musicale, una sonorità dinamica ed una coinvolgente messa in scena ci regala questo Falstaff veneziano, opera di straordinaria umanità: e son certo nessun si annoierà.
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