Ha avuto luogo lunedì 28 novembre, presso l’Ambasciata d’Italia a Berlino, un nuovo appuntamento del ciclo di eventi “Paura non abbiamo“. Di fronte a una sala piena e partecipe, le due panelist, Lisa Mazzi e Valentina Chiofalo, si sono confrontate con la moderatrice, Lucia Conti, su diversi aspetti della violenza di genere, che rende la vita di moltissime donne un inferno. Un inferno da cui però, fortunatamente, si può uscire.
L’evento doveva avere luogo in forma ibrida, ma purtroppo un problema tecnico indipendente dalla nostra volontà ha reso impossibile lo streaming. Ci scusiamo, comunque, con chiunque si fosse collegato e vi parleremo qui dei punti salienti della serata. Postiamo inoltre, qui di seguito, il video prodotto dal Comites Berlino e realizzato da The Visual House e che contiene informazioni importanti rese da Alessandra Pantani, Presidente di Rete Donne Berlino e funzionaria presso lo Jugendamt, e Giovanna Camertoni, operatrice sociale presso BIG e.V., in cooperazione con l’amministrazione del senato di Berlino.
“Paura non abbiamo”, cronaca di una serata importante
Moderatrice, panelist e rappresentanti di Ambasciata e Comites indossavano il nastrino rosso divenuto simbolo della lotta contro la violenza di genere, ma lo indossavano anche moltissime persone del pubblico. I nastrini sono stati messi a disposizione della consigliera Comites Amelia Massetti.
Lucia Conti: “Voi non avete idea di quante volte capiti”
L’intervento introduttivo di Lucia Conti ha sottolineato quanto le donne che subiscano violenza non debbano isolarsi e a loro si è direttamente rivolta. “Ci sono molti modi per uscire dall’incubo, ma non dovete isolarvi”. Si è poi rivolta a tutti gli altri. “Voi non avete idea di quante siano le donne che subiscono o hanno subito violenza di genere. Di sicuro ne conoscete diverse, senza saperlo. E stasera probabilmente ce ne sono, senza dirvelo”.
Conti ha inoltre precisato che la violenza può essere fisica, psicologia, digitale, economica ed è purtroppo a volte ratificata dalla società. Quando ad esempio la stampa parla del problema in modo orribilmente scorretto (in un trionfo di “giganti buoni” e donne uccise “per troppo amore“) a tutte le volte che il senso comune sminuisce la violenza interna a una coppia, derubricandola a problema privato. Conti ha ribadito infine che scegliere di collocare “Paura non abbiamo” a novembre si lega al fatto che il 25 sia la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
L’intervento di Anna Bertoglio, Federico Quadrelli ed Elettra de Salvo
È intervenuta a questo punto la consigliera Anna Bertoglio, capo dell’Ufficio Affari Sociali dell’Ambasciata d’Italia a Berlino, che ha sottolineato l’importanza di un impegno collettivo a sostegno delle donne vittime di violenza. Nella stessa direzione si è inserito l’intervento del neo-presidente del Comites Berlino, Federico Quadrelli, che ha ribadito la sua mobilitazione personale e quella del Comites anche indossando all’occhiello un fiore rosso, donatogli dalla fondatrice di un’associazione contro la violenza di genere, che include le donne ma anche le persone queer.
Ha concluso il ciclo dei saluti la consigliera Comites Elettra de Salvo, attrice e regista da anni in prima fila nella lotta alla violenza di genere. Elettra de Salvo ha ricordato la storia di “Paura non abbiamo”, nato da un’idea di Katia Squillaci, subito recepita da Lucia Conti e dal Mitte e quindi dall’Ambasciata e dal Comites. Ha quindi sottolineato quanto importante sia l’alleanza tra uomini e donne, nella lotta alla violenza di genere. È stato quindi il momento delle due panelist, protagoniste della serata.
Lisa Mazzi: “146.604 casi di violenza in Germania, nel 2022”
Con Lisa Mazzi e Valentina Chiofalo, il tema della violenza di genere è stato declinato in moltissimi modi. Accademica di chiara fama, già coinvolta in progetti legati alla vittimologia e all’antropologia criminale, nonché fondatrice di Rete Donne, Lisa Mazzi ha affrontato un’analisi socio-antropologica del meccanismo della violenza di genere. Mazzi ha inoltre riportato le cifre del Bundeskriminalamt: in Germania sono stati registrati 146.604 casi di violenza, nel 2022, e un femminicidio ogni tre giorni. Dati agghiaccianti, che tra l’altro non tengono conto del sommerso.
Grande importanza è stata data alla necessità di sradicare l’autocolpevolizzazione, che, insieme all’incredulità (“Perchè proprio a me? Cosa ho fatto?”), tende a portare la donna vittima di violenza e minimizzare l’accaduto e a sentirsi corresponsabile della violenza subita. A questo si aggiungono la vergogna e la paura dello stigma, combinazione davvero terribile.
L’insidiosissima violenza psicologica e il gaslighting
Con Mazzi si è poi parlato di violenza psicologica, insidiosissima da individuare e combattere. La professoressa Mazzi ha ricordato come la violenza psicologica si manifesti spesso gradualmente, manifestandosi in modo subdolo e con modalità che a volte sembrano socialmente ancora accettabili. Per questo la si definisce anche “violenza invisibile”.
Svalorizzazione, mortificazione e ridicolizzazione sono spesso step preliminari, prima di passare alle ingiurie, ai ricatti morali e alle minacce. Tutto questo crea un clima di terrore e asservimento. La professoressa Mazzi ha speso inoltre diverse parole sui tremendi meccanismi del gaslighting e del victim blaming, che hanno effetti talmente devastanti sulla psiche della vittima, da portarla alla depressione e persino al tracollo psichico. Il gaslighting consiste nel manipolare la vittima distorcendo la realtà fino all’inverosimile, al punto tale da farla dubitare della sua stessa sanità mentale. Nel caso del victim blaming, invece, come il nome stesso suggerisce, si colpevolizza la vittima per la violenza che ha subito. Una stortura che contribuisce al totale stato di alterazione psicologica indotta da questo tipo di violenza.
Come aiutare chi subisce violenza
Lisa Mazzi ha anche dato un suggerimento a chi si trova ad assistere alla violenza e non sa come aiutare la vittima (parliamo, ad esempio, di parenti o amici, ma anche di conoscenti). La prima cosa è lasciarla parlare, senza usare moralismi che farebbero aumentare il suo senso di colpa. Bisogna invece rassicurarla, facendole capire che ha ragione e che non è lei il problema, oltre a consigliarle di rivolgersi ad un centro antiviolenza e cercare un supporto psicologico specifico, che sia in grado di proporre una strategia terapeutica mirata (è stata menzionata, in relazione a Berlino, l’associazione Salutare e.V.).
Valentina Chiofalo: gli obblighi dello Stato contro la violenza di genere
Valentina Chiofalo, giurista, ricercatrice e dottoranda presso la Freie Universität Berlin, ha parlato degli obblighi dello Stato nello sradicamento della violenza di genere. Coadiuvata dall’interprete, Johannes Hampel, ha parlato degli impegni fondamentali sanciti dalla Costituzione tedesca, come il diritto alla vita, all’integrità fisica e all’uguaglianza, mentre, sul piano internazionale, ha fatto riferimento alla Convenzione di Istanbul, ratificata per la Germania ed entrata in vigore nel 2018.
La Convenzione di Istanbul è il trattato internazionale di più ampia portata, per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. L’insieme delle sue norme comprende misure preventive e protettive, oltre a una serie di obblighi per garantire una risposta adeguata della giustizia penale a tali gravi violazioni dei diritti umani. Ovviamente, la situazione attuativa cambia molto a seconda del singolo Land tedesco, essendo la Germania uno Stato federale. Un buon esempio è quello della Baviera, dove polizia e tribunali della famiglia lavorano insieme. Purtroppo, in molte zone del Paese mancano le strutture di protezione e alcune categorie tendono per questo a essere escluse dalla tutela, come accade per le donne disabili.
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Discriminazioni strutturali: così si aiuta la violenza di genere
Anche i procedimenti giudiziari, purtroppo, portano spesso a una reiterazione del trauma, oltre a vedere l’autore del reato raramente condannato. Quando si arriva a una condanna, invece, la pena è di solito relativamente bassa. I reati di violenza nella sfera domestica, inoltre, sono tendenzialmente puniti molto meno che nella sfera pubblica, mentre gli autori del reato spesso mantengono la custodia dei figli comuni, costringendo le vittime a mantenere contatti regolari. C’è ancora molto da fare, in questo ambito.
Chiofalo ha parlato inoltre di quelle discriminazioni strutturali, interne alla società, che finiscono per facilitare anche la violenza di genere. Una forma molto classica di discriminazione strutturale può essere riscontrata nel mercato del lavoro, a proposito di gender pay gap. Le donne continuano a guadagnare meno, a parità di qualifiche e di lavoro. In Germania, il divario salariale varia ancora tra il 6% e il 20% (a seconda che si prendano in considerazione o meno le specifiche delle singole industrie). Chiofalo ha poi parlato della pressione sociale legata alla maternità, dei commenti inappropriati e della violenza sul lavoro e della sicurezza finanziaria come fattore rilevante, nella scelta di lasciare o meno il partner violento.
Violenza digitale: un problema ormai ineludibile
La giurista della Freie Universität ha quindi affrontato un tema attualissimo, quello della violenza digitale, fenomeno relativamente recente, ma che ha già purtroppo mietuto diverse vittime. Per violenza digitale di genere si intendono tutte le forme di violenza che utilizzano strumenti tecnici e media digitali (telefoni cellulari, app, applicazioni internet, email, ecc.) e che hanno luogo nello spazio digitale, ad esempio su portali online o piattaforme sociali.
È più probabile che la violenza digitale si verifichi nel contesto di una (ex) coppia o come estensione della violenza domestica ed è spesso usato, dopo la separazione, come ulteriore forma di accanimento, da parte del partner violento. Può però riguardare anche donne che non si conoscono direttamente, come nel classico hate speech, dove l’autore non è solitamente un conoscente della vittima e che evidenzia normalmente un conflitto legato alle strutture di potere della società. Chiofalo ha parlato anche di cyberstalking e di violenza sessuale legata alla diffusione di immagini.
Un bellissimo dibattito e una bambina magnifica
Il momento del dibattito è stato molto intenso. Il pubblico era molto bello e partecipe e ha visto donne e uomini uniti nel capire e contrastare quello che Lucia Conti ha definito un cancro della società, presente a tutti i livelli, in modo totalmente trasversale.
Uno degli interventi più belli è stato quello di una bambina, che ha detto, con voce appena percettibile, ma incredibile lucidità, di aver notato come nei film le buone siano spesso rappresentate come anche belle e le cattive, invece, sempre come brutte. “Perché le brutte non possono essere delle principesse?” ha chiesto. “Credo che tu abbia appena fatto uno degli interventi più intelligenti della serata. E ti ringrazio di cuore, per questo” ha sottolineato la moderatrice, mentre la sala applaudiva la bambina. Una bambina intelligente e sensibile, simbolo di un futuro che ci piace immaginare diverso.
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