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“Through the Burn” – uno spettacolo che parla di felicità. Intervista alla coreografa Luana Rossetti

di Amelia Massetti (presidente di Artemisia)

Luana Rossetti è una coreografa italiana residente a Berlino, che crea per la scena indipendente un teatro-danza socio-politico. Il suo lavoro ha ricevuto finanziamenti dalla città di Berlino, dal Land della Sassonia, da MiBAC Italia, dalla Danimarca e da Fonds DaKu, e le sue coreografie sono state premiate in più occasioni. Luana invoca il femminismo intersezionale mirando a un’evoluzione psico-sociale. Attraverso stimolanti spettacoli di teatro onirico e dark, si concentra sulla memoria collettiva e sulla comprensione del nostro sistema sociale. Il 28 settembre, Luana Rossetti presenta a Berlino lo spettacolo “Through the Burn”, parte del Tanzabend 5, ovvero la quinta edizione della serata di danza organizzata dal teatro Thikwa. Il tema della serata è “Glück”, ovvero “Felicità”. È una performance coraggiosa e intensa, anche dolorosa e piena d’amore, in costante ricerca di un dialogo sul tema della felicità. A metterla in scena è un cast di persone con e senza disabilità. Gli interpreti esplorano questo stato fondamentale dell’essere, che contiene anche conflitti e dilemmi. La felicità non potrebbe essere semplicemente ansia e paura con un tocco positivo? Dalle sensazioni negative si fugge solo nascondendosi? Quindi, per essere felici bisogna negare i fatti fondamentali della vita? La felicità è un paradosso che funziona solo come coppia in opposizione con l’infelicità? “Through the Burn” è una ricerca in forma di danza, in un climax della condizione umana che ci spinge a chiederci “Quando è stata l’ultima volta che siamo stati felici?”.

Ho fatto alcune domande a Luana in vista della prima di “Through The Burn”, prevista per il 28 settembre.

Sei un’artista affermata cosa significa per te aver avuto la possibilità di lavorare per la prima volta con il Thikwa?

Questo è esattamente ciò che voglio, da sempre. Chi decide la fama di una persona? Per me solamente ora si inizia, e spero sia l’inizio di una lunga collaborazione. In più, Thikwa è un teatro progressivo, i direttori sono geniali, i ragazzi sono gran professionisti, il livello di Thikwa è tutt’altro che amatoriale.

Quali sfide hai incontrato nella preparazione dello spettacolo?

Onestamente non ne ho incontrate. Sono una persona molto versatile e morbida quando si tratta di provare cose che ho in mente o se si tratta di portare in scena una visione. Se vedo che funziona ci lavoro come si lavorano i diamanti, se vedo che non funziona la lascio andare.

Era la prima volta che lavoravi con artisti disabili?

Era la prima volta da coreografa, sì. Ho lavorato come danzatrice in contesti mixed-able e ho un certificato in psicomotricità e arte-terapia. Sin da bambina avevo la passione per la psicomotricità in sezioni con disabili. Adoravo esplorare la loro percezione della realtà, il loro modo di vivere e volevo sempre fare da ponte per trasportarli nel mio mondo, offrendo le mie possibilità.
Voglio fare questo appunto: in Germania ci sono diverse compagnie di danza inclusiva, parlano di disabilità, di disabilità fisica. Ma la disabilità cognitiva è tutta un’altra cosa.

Hai elaborato questo pezzo insieme a loro? In quanto tempo?

No air in between. I danzatori/performer sono coinvolti nel processo di creazione in ogni momento, passo a passo. Non mi piace e non sono in grado di lasciare i miei collaboratori al di fuori, le mie idee vengono sempre spiegate con parole, immagini, emozioni e molte volte con esempi pratici. Lascio sempre del tempo ai performer per pensare e per improvvisare senza essere osservati e giudicati. Ho avuto due settimane. Ognuno di noi ha molto da offrire. Io adoro ispirarmi alle persone, le persone mi ispirano, come parlano, come si muovono, come pensano, e questo viene poi trasformato sul palco. Non ci sono movimenti miei cuciti su di loro, non sono abbastanza narcisista per questo.

Come mai hai toccato il tema della felicità? Ha una connessione con questo periodo storico in cui lo spettro della guerra fa perdere il senso della pace sociale e della gioia?

Il tema mi è stato proposto dal Thikwa, io l’ho modellato sulla mia personalità artistica. Qual è il mio bisogno, cosa voglio trasmettere in questo contesto? Che forse la felicità è nelle piccole cose, che forse è nel processo, è la strada e non la meta, la felicità è un momento di gioia, una folata di vento? Io vedo persone morire, diritti umani violati, menzogna, povertà, ingiustizia, razzismo, omofobia… io non voglio parlare della felicità! Io voglio parlare della felicità che ci viene tolta, che ci siamo tolti.

Cosa intendi dire con “La felicità è un paradosso che funziona solo come coppia di opposti con l’infelicità?”

Io sono un’esistenzialista, per me l’ansia di esistere, del vivere e del morire è quella spinta che trasforma l’incertezza in passione, con l’ossessione del dover vivere al 100%, occhi aperti e respiri profondi. Una coppia di opposti… uno forse ride di più quando ha vissuto un trauma, se riesce ad ironizzare ed esorcizzarlo. Siamo così diversi. Io, quando rido, rido a crepapelle, ma non rido spesso…


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Pensi che sia possibile in questo periodo storico parlare di felicità?

Sì! Perché in ogni periodo storico c’è guerra, pandemia, crisi! Forse non è mai successo a noi e ora ci sentiamo protagonisti… ora rido. Somalia, Iugoslavia, Rwanda, Afganistan, Yemen, Kongo, Kosovo, Siria… per prenderne alcune solo dal 1990: non c’è nulla da ridere. In Italia è appena salita l’estrema destra, il fascismo; non c’è nulla da ridere. Questo è “Through the Burn – Glück”! Questo è ciò che trasmetto, metaforicamente.

In che modo credi che le persone disabili possano provare la felicità e rappresentarla all’interno di un contesto artistico?

Le persone con la quale sto lavorando io, posso dire, hanno assorbito il senso del pezzo senza forzare nessun meccanismo. Come dicevo, è importante per me instaurare lavorativamente relazioni aperte e una buona comunicazione. I ragazzi hanno vissuto ogni momento con gioia, ma anche molta responsabilità, quel mix perfetto di ansia adrenalinica e gloria, che li porterà sul palco.
Le persone disabili possono assolutamente provare felicità e rappresentarla all’interno di un contesto artistico, per molte ragioni: sono persone oneste! Noi abbiamo modi costruiti, pensieri sporchi, siamo arrivisti, loro no. Sono genuini, sono sinceri e così lo sono in scena. Per quanto mi riguarda, per riportare una sensazione di felicità in scena bisogna innescare meccanismi di felicità, così per altre emozioni. Bisogna documentarci, conoscere le tecniche, bisogna essere puri di ogni pensiero giusto/sbagliato. Io, come coreografa devo saperle queste cose.
Le persone disabili hanno un mondo interno che è ricco di emozioni, sensazioni e pensieri che vogliono condividere. Noi dobbiamo essere in grado di creare un ambiente idoneo per dar spazio a tutto questo mondo di svilupparsi. Queste persone hanno un infinito da offrire, perché hanno talento, e per la maggioranza è innato. Noi, noi abbiamo paura di sembrare stupidi, di dire la cosa sbagliata, di non sapere abbastanza, noi siamo corrotti dai nostri pensieri e pregiudizi, noi siamo socializzati in modo sbagliato… loro sono meravigliosi. Odio aver detto ‘noi’ e ‘loro’.

Sei un’artista felice?

Artista felice, sì! La mia felicità non è però semplice. Non mi piace lavorare per me stessa, i miei piacere o i miei bisogni, a me piace la collaborazione, il coinvolgimento, le risa, il pianto e cerco sempre di creare un ambiente confortevole e leggero per lavorare in serenità. Purtroppo mi capita spesso di lavorare con degli stronzi sciovinisti… ma stiamo lottando e la lotta porta a dei cambiamenti.

Tutte le informazioni per prenotare il biglietto sono disponibili qui.
La prima dello spettacolo si terrà il 28 settembre e ci saranno le repliche fino al primo ottobre e da mercoledì 5 ottobre a sabato 8 ottobre, tutti i giorni, dalle ore 20.00.
Mercoledì 28 ottobre e sabato primo ottobre si può partecipare a un Workshop con gli*le artisti*e degli spettacoli dalle ore 18.00, incluso nella prenotazione del biglietto.

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