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Andrij Melnyk richiamato in patria: non sarà più ambasciatore a Berlino

L’inevitabile epilogo dell’affaire Melnyk è arrivato sabato: il presidente Ucraino Volodymyr Zelensky ha richiamato il controverso ambasciatore a Berlino, destituendolo dalla sua carica. Nel decreto del presidente non sono menzionati né i motivi della decisione né i possibili sostituti per la posizione attualmente occupata da Andrij Melnyk, anche se, quanto alle motivazioni della scelta di Zelensky, tutte le speculazioni si concentrano sulle problematiche dichiarazioni di Melnyk su Stepan Bandera.

L’ambasciata ucraina in Germania non ha rilasciato alcun commento ufficiale, mentre il Ministero degli Esteri ha fatto sapere di non aver ancora avuto notifica formale del licenziamento dell’ambasciatore.

Andrij Melnyk non è l’unico ambasciatore richiamato in Ucraina

Melnyk non è l’unico diplomatico ucraino a essere stato richiamato in patria nel fine settimana: anche gli ambasciatori in Norvegia, Repubblica Ceca, Ungheria e India sono stati rimossi dalle loro posizioni e, anche nel loro caso, il governo non ha fornito le motivazioni della decisione. In un videomessaggio, Zelensky ha definito questi “licenziamenti” una componente normale del processo di rotazione diplomatica, senza però riferirsi per nome a nessuno dei cinque ambasciatori coinvolti.


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Melnyk non ha commentato la decisione del presidente, ma, dopo giorni di silenzio, ha respinto in un Tweet le accuse di banalizzazione dell’Olocausto che erano seguite alla sua riabilitazione della figura dell’ultra-nazionalista e collaboratore del regime nazista Stepan Bandera. “Tutti quelli che mi conoscono sanno che ho sempre condannato l’Olocausto con la massima fermezza”, ha dichiarato Melnyk nella giornata di martedì.

Non si sa quale incarico Melnyk assumerà in futuro. Quel che è certo è che il suo incarico è stato insolitamente lungo per un diplomatico, dal momento che Andrij Melnyk è a Berlino dal 2015. Già all’inizio di luglio, sul quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e sul tabloid Bild avevano ventilato l’ipotesi di un suo ritorno in patria per diventare viceministro degli Esteri.

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