“La bambina invisibile” a Berlino, da Mondolibro, l’11 maggio. Recensione di Federico Quadrelli
di Federico Quadrelli
In questi giorni mi è stato chiesto di organizzare un incontro per presentare a Berlino “La bambina invisibile“, il libro di Alessia Nobile, presso la libreria italiana Mondolibro. Così,come faccio sempre in questi casi, ho letto il libro ed eccomi qua a scrivere questa recensione, che spero possa stimolare un dibattito.
Non si tratta di un libro accademico, non tratta di questioni politiche o dei soliti temi con cui mi sono confrontato negli ultimi tempi. Il libro di Alessia Nobile è diverso. Non è una biografia in senso stretto: è invece un racconto intimo che attraverso un percorso temporale lineare percorre le tappe di vita dell’autrice dalla sua nascita al presente.
Leggi anche:
Donne trans, le più discriminate: “La bambina invisibile” arriva a Berlino. Intervista con Alessia Nobile
“La bambina invisibile”: la storia di Alessia
Alessia nasce bambino, e fin da piccola sente che il suo corpo non le appartiene. Una prigione maschile, per un’anima femminile. Da qua il titolo del libro, “La bambina invisibile” perché, come spiega l’autrice, quella bambina è sempre stata lì, nascosta agli occhi di tutte e di tutti, timida, sofferente perché appunto “invisibile”.
Il libro si sviluppa attraverso due piani discorsivi: quello introspettivo, che ricostruisce il dialogo interiore con la “bambina invisibile” fino al momento in cui emerge ed è “messa al mondo”, costruita con consapevolezza affinché l’esteriorità possa in qualche modo dare forma a quell’anima per troppo tempo occultata; e quello esteriore, che mette in evidenza le costrizioni sociali e famigliari, le incoerenze e soprattutto le ingiustizie che le persone che vivono questa particolare condizione sono costrette a vivere, nel mondo dei rapporti amicali e sentimentali, come nel mondo familiare e lavorativo.
Un corpo che fa dire: “Che c’è di sbagliato in me?”
Il racconto di vita che Alessia fa è commovente. Ma soprattutto è lucido. Traspare dal racconto l’amore per la propria famiglia, nonostante le difficoltà. La sofferenza è una costante della vita di Alessia per molto tempo: un corpo che non vuole, l’impossibilità di comunicarlo al mondo per le restrizioni sociali e familiari, la paura di perdere l’affetto dei propri cari se dovesse infrangere il codice di comportamento imposto dalla società a maschi e femmine. E poi il profondo dissidio interno che si riassume nella domanda “che c’è di sbagliato in me?”.
La risposta è “niente”. Non c’è nulla di sbagliato nel voler essere se stessi, nel voler cercare la propria dimensione e la propria felicità. Eppure, per alcune bambine ed alcuni bambini, tutto questo non è ovvio. Le persone LGBTQI lo vivono sulla propria pelle ogni giorno, dal momento in cui vengono al mondo in poi: basta un atteggiamento divergente, un tono di voce o una movenza “ambigua”, per scatenare una reazione di stupore nel migliore dei casi, di disgusto in troppe circostanze, fino a spingere le persone che si reputano “normali” ad attaccare verbalmente o anche fisicamente la persona che reputano “diversa” e dunque “sbagliata”.
Due vite spezzate, due casi tragici
Una battuta pesante, la risatina alle spalle, uno spintone qua e uno là diventano col tempo routine. La portata negativa di queste esperienze è devastante per la vita delle persone LGBTQI: il senso di rifiuto da parte della comunità diventa un macigno legato al collo che spinge verso un baratro oscuro. Un baratro da cui è difficile uscire se non si ha una via d’uscita: un’amica o un amico che ti sta vicino, una famiglia che comprende e non giudica, ma anche un prete che ascolta, una maestra che intuisce e ti sta vicino, uno sconosciuto che ti regala un sorriso…
Nel libro si citano inoltre due casi estremamente drammatici e purtroppo tutt’altro che rari in Italia: il suicidio da un lato, fenomeno drammaticamente diffuso anche tra giovani e giovanissime vittime di bullismo, omofobia e transfobia; e l’omicidio dall’altro. La vicenda di Ambra, di cui hanno parlato anche i giornali, è un caso ancora irrisolto, uno di molti in Italia, dove il numero di omicidi di persone transgender è tra i più alti d’Europa. Alla violenza psicologica e verbale, si aggiunge quella fisica. L’odio uccide.
Una storia di liberazione e affermazione dell’identità
Ho letto il libro di Alessia con profondo rispetto perché ci vuole forza d’animo nel mettersi completamente a nudo, come ha fatto lei nella sua vita. E ci vuole grande umanità e sensibilità per spalancare le porte della propria anima al mondo. Per questo ho letto ogni riga con calma, perché stavo leggendo l’anima di una donna che passo dopo passo si è data la vita.
Ho cercato di immaginare ogni singolo capitolo nella mia mente. Ho provato ad essere lì al suo fianco mentre viveva quelle esperienze dolorose, eppure raccontante con delicatezza e anche un certo distacco che non ti aspetteresti: il disagio nell’utilizzo di un bagno per maschi, il terrore quando ha dovuto partecipare ai controlli di leva militare, il percorso di transizione intrapreso in completa solitudine, le operazioni chirurgiche, i viaggi e le difficoltà nel trovare un lavoro e una casa. Credo che poche persone abbiano chiaro in mente cosa significhi lo stigma: essere giudicati giorno e notte, esclusi e denigrati per ciò che si è.
La difficoltà di trovare un lavoro e un alloggio
Per le persone LGBTQI, e per le persone transgender in particolare, per esempio, trovare un alloggio o un lavoro è forse una delle cose più difficili. E tutto questo è inconcepibile ed inaccettabile. Alessia è laureata ed abilitata alla professione di assistente sociale, eppure ogni colloquio non va mai a destinazione. E quando c’è l’impatto visivo ecco le scuse, gli imbarazzi, il “le faremo sapere”. Chi si macchia di tali discriminazioni deve aver chiaro in mente che è complice del disagio di tante persone trans. Buttano sulla loro strada altri numerosi ostacoli, come se il caso non ne avesse già messi di suo parecchi, nei loro percorsi di vita.
Tutto questo ha conseguenze gravi: molte persone sono spinte ai margini, anche nel mercato del lavoro, finendo in circuiti di sfruttamento e di totale assenza di tutele e diritti. Ed è semplicemente ingiusto.
In viaggio con Alessia e il suo bellissimo libro
Questo libro ci consente di entrare nell’animo profondo di una persona che ha dovuto combattere per affermare la propria identità, ma non solo. Il libro mette a nudo l’ipocrisia della società, denuncia il cinismo delle persone e ci obbliga a fare i conti con noi stessi, con le nostre mancanze, leggerezze. Ci obbliga a pensare e riflettere su ciò che anche noi facciamo o diciamo, ed in altri casi su ciò che non facciamo o non diciamo.
Leggete il libro di Alessia e lasciatevi guidare da lei in questo viaggio, perché sarà istruttivo. Ne uscirete persone nuove e decisamente migliori.
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!