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Niente più orsi polari per lo Zoo di Berlino? La morte dell’ultimo esemplare riapre il dibattito

Alla vigilia di Natale è morta, a causa di un problema cardiaco, Katjuscha, l’ultimo degli orsi polari che vivevano allo Zoo di Berlino. L’animale, che con i suoi 37 anni era il più vecchio della sua specie in Europa, ha trascorso quasi tutta la vita nella capitale tedesca. Al momento, a Berlino, si trovano soltanto altri due esemplari di orso polare: l’ultima nata, Hertha, di tre anni, e sua madre Tonja, di 12, che vivono nello zoo di Friedrichsfelde.

Hertha, nata nel 2018, è peraltro il risultato di un incrocio accidentale. A Tonja, che viene dallo zoo di Mosca, erano stati assegnati i documenti sbagliati e l’orso maschio selezionato per l’accoppiamento è poi risultato esserne il fratello. Hertha è fortunatamente in buona salute, ma la pratica di far accoppiare animali consanguinei è considerata pericolosa e da evitare in tutti i tipi di allevamento.

Al momento non è previsto l’arrivo di nuovi orsi polari a Berlino

Il direttore Andreas Knieriem ha dichiarato all’agenzia di stampa dpa che, al momento, non è previsto a breve o medio termine l’accoppiamento delle due femmine né l’acquisto di altri cuccioli di orso polare. Inoltre i piani per un nuovo recinto da riservare agli orsi polari sono stati rimandati per problemi economici. In sostanza, quindi, i predatori terrestri più grandi in natura non fanno parte della fauna degli zoo berlinesi perché mantenerli costa troppo. Più di qualcuno, però, ha iniziato a chiedersi se non sia il caso di rinunciare del tutto a portare questi animali in Germania, non per problemi di sostenibilità economica, ma piuttosto per motivi etici e morali.

Le perplessità degli animalisti

Gli animalisti tedeschi criticano da molti anni la presenza di orsi polari all’interno degli zoo berlinesi. Di questo argomento si torna a parlare periodicamente, soprattutto in occasione delle nascite di nuovi cuccioli e delle morti – come capitò con il celeberrimo Knut, nato nel 2006 e morto di encefalite nel 2011 e al piccolo Fritz, un altro cucciolo di Tonja, morto a soli quattro mesi per un problema al fegato, nel 2017. Diversi attivisti, fra cui quelli dell’Associazione Tedesca per la Protezione degli Animali, hanno fatto notare in quelle occasioni che molti dei cuccioli nati in cattività non sopravvivono fino all’età adulta.


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Sebbene gli esemplari adulti vivano in media più a lungo in cattività di quanto non capiti agli orsi che vivono allo stato brado nelle regioni artiche, inoltre, la qualità della loro vita si abbassa drammaticamente. In un’intervista rilasciata a Deutsche Welle in occasione della morte di Fritz, il direttore dell’Associazione Tedesca per la Protezione degli Animali James Brückner menzionava, fra le cause di questa incompatibilità fra gli orsi polari e la cattività, il fatto che un esemplare adulto, in natura, si muove su un territorio di oltre 150.000 chilometri quadrati e che questi animali si sono evoluti per procacciarsi il cibo, difendere il territorio, affrontare rivali e sopravvivere a temperature estreme.

La mancanza di questi elementi all’interno di uno zoo spinge gli orsi ad avere comportamenti anormali, come scuotere costantemente la testa o nuotare in modo ripetitivo: tutte azioni che sembrano avere lo scopo di compensare la mancanza delle attività che l’istinto dell’orso gli suggerisce come naturali. Nonostante la grave minaccia rappresentata per questi animali dalla riduzione del loro habitat e dal riscaldamento globale, non sarebbe quindi possibile garantirne il benessere all’interno di uno zoo.

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